Sono figlio tra separati

Ai genitori separati i compiti richiesti legati, ai diversi registri della genitorialità, vertono sulla capacità di garantire ai figli un’appartenenza familiare e sociale che si mantiene nonostante la loro separazione. In queste famiglie – paradossalmente – i compiti che i genitori assolvono sul piano coniugale influenzano tenacemente la qualità della relazione con i figli.

Ciò che viene chiesto all’adulto educatore è prima di tutto di rintracciare il senso dell’educare, rispettando e aiutando l’altro a realizzare ciò che veramente è, e ciò per cui è stato non solo “messo”, ma “dato” al mondo. E qui, si gioca la sfida più grande dell’educazione oggi: la domanda fondamentale, infatti, riguarda a questo punto quale concezione di persona guida le nostre scelte educative. Cosa significa aiutare l’altro a divenire pienamente ciò che è e a realizzare ciò per cui è venuto al mondo? Se partiamo dalla domanda «chi è la persona?», ne cogliamo l’essenziale identità relazionale. L’uomo è originariamente relazione: la sua origine scaturisce da un incontro, da una relazione tra un padre e una madre e la sua crescita dipende dalla sua capacità di stabilire altre relazioni adeguate con le persone che costituiscono il suo ambiente familiare e sociale. Educare per promuovere ciò che è “umano, pienamente umano”, implica dunque riconoscere prima di tutto l’identità relazionale della persona e rispettarne la costitutiva unità di dimensioni affettive ed etiche, di libertà e vincolo, di grandezza e limite, aiutarla cioè a realizzare la sua originaria sostanza relazionale, che la spinge ad andare al di là di se stessa, all’essere, di fatto, generativa. “Essere dato al mondo” esprime non solo la natura dell’umano, relazionale e vincolata (non si “viene” al mondo, ma si è “messi” da qualcuno che ci genera e che ci rende capaci di generatività), ma anche la sua antica e originaria vocazione: “l’essere per gli altri”, in qualsiasi condizione si nasca, in qualsiasi contesto si cresca, in qualsiasi tempo si dipani la propria storia. Educare è dunque generare persone e non stancarsi di sperare che l’altro avrà sempre e comunque la possibilità di arrivare alla meta: è nato per questo. La separazione, in qualunque modo avvenga, richiede di essere trattata, elaborata, curata perché possa essere per la famiglia un momento – doloroso – di passaggio che prelude a una riorganizzazione familiare entro la quale i figli possano continuare a sperimentare l’appartenenza alla loro – unica – famiglia. I genitori si separano come coppia che richiede una profonda ristrutturazione e rielaborazione. Ai genitori in quanto coniugi è richiesto di elaborare la fine del loro legame coniugale. I figli hanno bisogno di entrambi i genitori, di poterli vedere, sentire e frequentare, senza sentirsi in colpa o pensare di ferire uno dei due genitori se vedono l’altro. I bisogni dei figli possono divergere da quelli dei genitori: i genitori come coppia hanno bisogno di trasformare (etimologicamente: dare una forma al di là) il loro legame, i figli hanno bisogno di confermare (etimologicamente: rendere più stabile con qualcuno) il loro legame con i genitori. Consentire l’accesso all’altro genitore è un compito specifico – congiunto – dei genitori separati. La possibilità di mantenere relazioni con entrambi i genitori concorre a promuovere non solo il benessere dei figli, ma anche la qualità delle relazioni all’interno della famiglia separata. In particolare il legame con il padre, che è quello maggiormente a rischio nelle separazioni, è il legame non solo con un genitore, ma con la propria storia, le proprie radici. Il fondamento dell’identità di ogni persona non può prescindere da questo dato di fatto inconfutabile, che non può essere negato se non a costo di gravi squilibri e rischi di sofferenza psichica e spirituale. Oggi sembra di poter dire che si sia giunti progressivamente a ritenere fondamentale garantire l’accesso del figlio anche al genitore non affidatario, favorendo il congiungimento con le sue radici e con la sua storia familiare. Il genitore affidatario (in genere la donna, visto che in più del 90% dei casi i figli vengono affidati a lei) avrà dunque un ruolo cruciale nel favorire (ma anche nell’ostacolare) nel figlio la relazione con l’altro genitore e con la sua storia. “Creare uno spazio per l’assente” e garantire l’accesso all’altro genitore può significare allora aprire una porta sul dolore o sul conflitto, ma anche consentire al figlio di appropriarsi realisticamente della propria storia, accostando la speranza al dolore e cercando di dare un senso alla trasformazione alla quale sono stati sottoposti i suoi legami. L’indispensabile impegno richiesto ai genitori separati sembra essere quello di “salvare la genitorialità”. Ciò implica da parte degli ex-coniugi, di portare in salvo qualcosa di buono del legame coniugale, mantenendo anche una “quota” di coniugalità la cui funzione non è senza effetti anche sull’esercizio della genitorialità stessa. E’ utopico e astratto pensare che si tratti solo di una modificazione di ruoli. Gli anni passati insieme come coniugi, con il loro carico di speranze e delusioni, fanno comunque parte della propria storia e, inoltre, una stima almeno minimale e le comprensioni dell’altro sono la base per attuare una collaborazione educativa. Un altro compito cruciale per i genitori separati è quello che li vede impegnati a consentire ai figli di continuare a essere figli. E’ importante che i genitori facciano di tutto per gestire il loro rapporto di ex-coniugi in modo tale da non far sentire il figlio “preso in mezzo” a un insostenibile “conflitto di lealtà”. I figli di genitori separati mostrano nel tempo delle difficoltà relazionali legate alla separazione dei genitori: le evidenze empiriche più ricorrenti mostrano soprattutto una minore capacità da parte dei figli di separati a impegnarsi in relazioni affettive durature e una maggiore tendenza a sperimentare precocemente rapporti affettivi e sessuali occasionali. Inoltre i figli di separati sperimenterebbero maggiori difficoltà dal punto di vista della progettualità professionale e nel raggiungimento di uno status economico stabile. E’ importante che i genitori esercitino la cura responsabile, sostenendo con fiducia la capacità di relazione dei figli. Come? Anche in questo caso in modo credibile: mostrandosi capaci come persone di saper trasformare i legami, è chiesto di consentire al figlio non solo la possibilità di continuare le relazioni con entrambi i genitori, ma entrambe le famiglie di origine, in modo che vengano rispettate e mantenute le sue origini. In questo caso i genitori si giocano non solo come genitori, ma anche come figli e membri di relazioni familiari intergenerazionali. La negazione di questo diritto è uno dei più grandi gesti di ingiustizia che un genitore solo possa compiere contro il proprio figlio, travolgendolo nel fallimento del rapporto coniugale e non salvaguardando il suo diritto a godere della dimensione simbolica del legame genitoriale del quale egli resta comunque il segno indissolubile.

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 27 Giugno 2016

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