Quelli che ascoltano Dio

«Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (Mt 5, 13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la Samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in lui e ad attingere alla sua sorgente zampillante di acqua viva (Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (Gv 6,51)».

Al contrario degli idoli muti che «hanno una bocca e non parlano» (Sal 115,5; Bar 6,7) il Dio della Bibbia si rivela all’uomo parlando e agendo. In tutti i secoli Dio parla a uomini da lui scelti e li rende suoi portavoce.

Dio parla ad Abramo e gli si rivela come colui che è capace di trasformare l’utero avvizzito di Sara sua moglie in un organo dove ha luogo la vita di Isacco. Dio promette ad Abramo di donargli una terra e di renderlo padre nella fede di una discendenza numerosa come la polvere della terra (cfr. Gen 13,15-16).

Allo stesso modo Dio parla a Mosè nel roveto ardente (cfr Es 3) e gli dice di andare a liberare il popolo di Israele dalla schiavitù del faraone egiziano. Dio, tramite Mosè, agisce e apre il Mar Rosso per far passare all’asciutto il popolo eletto, conducendolo dalla schiavitù alla libertà verso la terra promessa.

Al tempo dell’alleanza al Sinai, Dio parla a Mosè e dà al popolo un codice religioso e morale riassunto in dieci parole, il Decalogo (cfr. Es. 20,1-17).

Nella pienezza dei tempi, «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padre per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito come erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo» (Eb 1,1).

Questo intervento continuo e dinamico di Dio che parla e interviene contemporaneamente non si conclude con la morte, la risurrezione e l’ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo ma, attraverso l’invio dello Spirito Santo, continua oggi attraverso la sua Chiesa a parlare e ad agire nella vita di ognuno di noi.

La parola di Dio deve essere annunciata.

Nell’Antico Testamento chi annunciava la parola di Dio era il profeta. Egli, infatti, spinto dallo Spirito Santo, annunciava ai suoi contemporanei il giudizio divino. Nel Nuovo Testamento, la parola dei predicatori è sempre parola di Dio, ma, dopo che questa si è incarnata in Gesù, è Cristo la misura della loro parola. La fonte alla quale devono alimentarsi i discepoli nel loro insegnamento e nelle loro esortazioni è il mistero pasquale.

La predicazione degli apostoli portò alla formazione di comunità cristiane ferventi nella fede; i pagani si convertivano perché vedevano trasparire nella Chiesa primitiva i segni dell’amore e dell’unità, che sono i segni che chiamano alla fede.

La parola di Dio non è un fatto dinanzi al quale l’uomo può rimanere passivo.

In questo rapporto dialogico che Dio vuole intrattenere con l’uomo, questi è tenuto innanzitutto ad ascoltare, ad aprire il cuore per accogliere e mettere in pratica la Parola. Essa è una luce, una lampada sui nostri passi (cfr. Sal 119,105), che illumina il cammino della vita e non permette di andare per vie traverse e pericolose che portano alla perdizione.

L’uomo di oggi ha una grande difficoltà ad ascoltare perché le sue orecchie sono piene di rumori, sono piene di canti delle sirene incantatrici che sono gli idoli di questo mondo.

Ascoltare, in senso biblico, non significa solo prestare attento orecchio, ma anche conoscere e accogliere nel profondo del cuore gli insegnamenti divini per poterli, poi, realizzare nel comportamento quotidiano.

«Chi non conosce la Sacra Scrittura, non conosce Gesù Cristo», afferma san Girolamo. Una fede avulsa dalla parola di Dio è generalmente impastata di religiosità naturale, nella quale l’uomo cerca Dio per metterlo a suo servizio, per stabilire un contratto-scambio di interessi do ut des, do ut facias, per accendere tante candele al fine di ottenere grazie particolari.

Nel cristianesimo, invece, è Dio che cerca l’uomo e, per redimerlo, si incarna in Gesù Cristo, muore e risorge per aprirgli le porte del Paradiso.

Se non si conosce la storia della salvezza, spesso non ci si sente salvati da niente e nessuno e il rapporto con Dio diventa una paccottiglia di cose spirituali che servono soprattutto a tacitare la propria coscienza.

Il dramma dell’uomo di oggi è che non vuole ascoltare; è sordo agli appelli di Dio. Il tempo storico che stiamo vivendo segna il passaggio dalla crisi di fede all’indifferenza della fede.

 

Articolo di lunedì 18 Marzo 2024

Rubrica "Fede e Società"

di Don Salvatore Rinaldi

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