Obiezione di coscienza

La non comprensione delle ragioni laiche dell’obiezione di coscienza deriva da un indebolimento dei valori nella coscienza di molti, sommersi dall’onda di piena del relativismo etico.

Non c’è libertà senza responsabilità, cosí come non c’è responsabilità senza libertà; non c’è libertà di obiettare senza la responsabilità di informare, di seguire, di consigliare. Il fine ultimo del pensare e dell’agire bene non si ferma dunque a riattualizzare la memoria, trasferendola passivamente nel presente, ma ad approfondire la ragionevolezza del sapere e del fare, evitandone i due eccessi, quello dell’esclusione della ragione o l’altra dell’ammettere solo la ragione. Diceva il cardinale Newman che l’originario ed autentico Vicario di Cristo è la coscienza personale. Questa formulazione condensa l’intero orizzonte racchiuso in quella cella interiore che chiamiamo coscienza: la persona che colloquia con Dio e che proprio per la dimensione dell’Onnipresente e Onnisciente comunica con tutta la famiglia umana. Fuori della coscienza che interpreta e guida la vita con le parole della fede c’è la legge dello Stato che ordina la comunità. Tra la coscienza e la legge può es-servi consonanza o conflitto. Durante la predicazione di Gesú e certamente suggerita dal contenuto dei suoi insegnamenti insorse il dilemma se si deve obbedienza a Dio o a Cesare. Gesú si fece portare una moneta romana e fatta vedere nel conio l’immagine di Cesare, sentenziò «date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio». Ma non è facile distinguere e separare. Lo Stato contemporaneo è laico, non nel senso che è ostile o estraneo al fenomeno religioso, ma nel senso che garantisce a tutti i cittadini la libertà di religione in regime di pluralismo culturale e religioso, ivi compresa la miscredenza. Dunque il costituzionalismo pluralista delle democrazie contemporanee deve accettare che non tutti i cittadini la pensino allo stesso modo rispetto ai valori proposti dalle leggi. Cosa intendiamo per obiezione di coscienza? La parola obiezione di coscienza cosí come è usata nel linguaggio comune ha un significato molto ampio e indica – come vuole l’etimologia latina della parola obiectio, opposizione – il rifiuto posto da un soggetto di fronte a un ordine i cui contenuti e finalità ripugnano alla propria sensibilità morale. La parola coscienza evoca l’intimità della persona, la sua irriducibile soggettività, il suo modo di persuadere e di convincere. La coscienza – come si esprime Gaudium et spes – è come il “sacrario della persona”, quel luogo senza luogo nel quale ciascuno è solo con sé stesso, con le sue responsabilità di uomo, di fronte al mistero del bene e del vero e coglie il senso del suo agire nell’orizzonte piú ampio della direzione di compimento verso cui si muove la sua esistenza. Se un uomo agisse contro la persuasione della sua coscienza causerebbe un danno letale a sé stesso per-ché, abdicando alla sua libertà e dignità, si lascerebbe con-durre da altri – autorità o leggi – ad agire contro le proprie piú profonde convinzioni. La teologia morale è solita affermare, a questo proposito, che ogni legge deve essere conforme alla recta ratio, ad una ragione sana, perché la legge risulta obbligante per la coscienza proprio a motivo della sua ragionevolezza. Si deve riconoscere, infatti, alla ragione umana la capacità di aprirsi a riconoscere, comprendere e attuare i valori essenziali, quei “beni umani” che sostanziano una vita degna della persona. In caso contrario la legge perderebbe la sua forza obbligante perché – come affermava Sant’Agostino – una legge ingiusta non può dirsi “legge” in senso pieno e anzi – come insegnava San Tommaso – una legge che andasse contro la ragione non sarebbe una legge, ma la corruzione di una legge è un atto di violenza. L’obiezione di coscienza, non è dunque disobbedienza alla legge e disprezzo di valori civili, ma attestazione coe-rente dei valori su cui si basa il civile convivere. «L’obiezione di coscienza ha per contenuto l’indisponibilità soggettiva al possibile coinvolgimento richiesto dalla legge, nell’offesa di un diritto che si manifesti nondimeno costituzionalmente significativo». L’obiettore non si pone a priori in opposizione al potere legislativo o allo Stato, come acca-de in forme di disobbedienza ispirate a ideologie anarchiche. L’obiettore chiede di essere esonerato dall’adempiere una legge che va contro i valori umani irrinunciabili, la cui salvaguardia è la ragion d’essere dell’ordinamento giuridico. Una legge o un comando da parte di un’autorità che vadano contro i valori umani essenziali non solo non hanno forza obbligante per la coscienza, ma devono anche essere denunciati e, comunque, disattesi. A Norimberga i medici nazisti sono stati accusati di aver obbedito a leggi e ordini iniqui e di non aver ascoltato la voce della loro coscienza, obbedendo ai principi etici che dovrebbero guidare la professione medica. Per i credenti, alle radici di questo primato della coscienza personale sta la persuasione della dignità dell’uomo, creato a immagine di Dio, e la volontà ferma di anteporre il bene autentico dell’uomo alle ragioni della po-litica e del potere. La disobbedienza civile del cristiano non è avversione verso lo Stato in quanto tale, ma rivendicazione di valori irrinunciabili che non appartengono ai soli cristiani e che sono patrimonio di tutti.

 

 

di Don Salvatore Rinaldi

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