Che gli altri cambino?

L’adolescenza, è l’età in cui il mondo esterno entra prepotentemente nella vita psichica di una persona e porta a mettere in discussione le figure di riferimento (per esempio, i genitori). Solo in seguito si arriva a una ridefinizione della propria personalità. Il rischio è che un adolescente si aggrappi a stereotipi scegliendoli solo in virtù delle proprie disposizioni. In mancanza di contenuti, però, non si sentirà realizzato e continuerà a cercare una propria collocazione interna ed esterna. 

Alla fine di questo difficile periodo di travaglio interiore questo ipotetico adolescente potrebbe non essere in grado di strutturare un sentire e un pensare profondamente proprio e autonomo. Come individuo adulto, pertanto, farà molta fatica a focalizzare un proprio modello comportamentale. Non possiamo limitarci a pensare alle nuove generazioni. Anche gli adulti che si trovano a confrontarsi con nuovi modelli comportamentali possono rimanere sconcertati e incapaci di reagire a questo nuovo modello sociale. Anche nel loro caso risulterà fondamentale il tipo di esperienza vissuta e i modelli comportamentali acquisiti. La nostra struttura di personalità è basata sulle disposizioni caratteriali innate, sul nostro sistema di valori, sulle relazioni con le persone più care (genitori, nonni, ecc.) e sull’ambiente sociale in interazione continua. Qualsiasi ambiente influisce, in vario modo, sulla struttura dell’individuo, il confronto con gli altri può creare disorientamento, smarrimento e, paradossalmente, questa sensazione viene avvertita in maniera maggiore proprio da chi ha acquistato una struttura interna salda. Chi è consapevole di sé, infatti, riesce a dare un nome e un contesto al proprio disagio. Avverte il bisogno di sentirsi parte del tessuto sociale e non riuscendoci si sente frustato. La bella notizia è che, partendo da basi solide, sarà anche in grado di trovare una propria morale autonoma, decidendo ciò che è giusto e sbagliato per sé stesso, trovando stimoli adatti nel mondo esterno. Non è però un percorso facile. Per coltivare queste risorse occorre sviluppare un’attività che riesca a sostenere e far crescere la propria interiorità. Un impegno politico, un credo religioso, una passione artistica, uno stile di vita che segua un ideale o un’idea. In definitiva, quindi, chi subisce maggiormente il vuoto di valori, è chi non possiede una struttura interiore solida. Inizialmente, infatti, non avvertirà un problema, ma solo un senso sordo di insoddisfazione e inadeguatezza, un vago senso di mancanza, difficilissimo da spiegare. Questa sensazione di vuoto lo spingerà a seguire gli stereotipi del momento trovando solo temporanei momenti di stordimento che appagheranno, solo in parte, la carenza. Nel tempo, però diventeranno pariteticamente insufficienti e si darà il via alla ricerca del riempitivo: un nuovo social network, una taglia in meno, un’operazione chirurgica che modifichi una parte anatomica o, nei casi più estremi l’esaltazione della morale o di un rinato senso religioso. In termini clinici, nulla di tutto ciò rappresenta un fenomeno disfunzionale o un problema. I punti di riferimento sono indispensabili per il nostro benessere psicofisico. È il modo in cui li viviamo che fa la differenza. Se ci accorgiamo di riconoscerci in questi tratti, se pensiamo a un intervento per migliorare la nostra autostima e non semplicemente il nostro aspetto, se le nostre convinzioni diventano una galera e non una guida, allora forse è arrivato il tempo di fermarci e prendere coscienza del fatto che dobbiamo uscire dal disorientamento e dalla confusione mettendo in atto un grande lavoro interiore e una buona dose di coraggio. Solo noi possiamo farlo. Ci aiuterebbe sviluppare il nostro senso critico, la nostra capacità di empatizzare e comunicare con gli altri, partendo però dalla consapevolezza di cosa accade dentro di noi. È importante imparare a distinguere cosa è veramente importante e a quali conseguenze portano le nostre scelte. In altre parole è arrivato il momento di crescere con ogni mezzo a nostra disposizione: letture, incontri, luoghi, ecc. Se noi non cambiamo non possiamo aspettarci che gli altri cambino. Quello che facciamo per noi, inevitabilmente, si rifletterà anche sugli altri che gradualmente imporranno, a loro volta, un cambiamento radicale. Alla base di quasi tutte le religioni più importanti del mondo c’è una cosiddetta “regola d’oro”, che dice: «Fa agli altri quello che vorresti fosse fatto a te». Ma questo è cristianesimo; sono “naturalmente” cristiani quelli che fanno così. Io penso che questo principio valga non solo per i cristiani o per le altre religioni, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, perché è un principio ragionevole, sano e giusto.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 6 dicembre 2021

Rubrica "Fede e Società"

Scrivi commento

Commenti: 0