«Sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza» (cfr Gv 10,10), dice a tutti noi Gesù. Perché non sentire il grido della umanità che cerca giustizia e amore, e provare a rispondere cominciando da dove siamo, da ciò che già oggi possiamo? L’uomo aspira a grandi cose, a grandi ideali, a progetti che abbiano il respiro dell’eterno e dell’infinito, che facciano raggiungere quella pienezza umana dove la giustizia, l’uguaglianza, la fratellanza, l’amore in una parola, non sono più chimere, ma realtà palpitanti, pezzi di vita che piano piano formano l’unico disegno dell’umanità.
Inventare la vita, inventare la tua vita, è allora dare libero sfogo a questi desideri, aprire l’animo alle mete più sublimi, nella certezza che sono possibili e che sono l’unico approdo di una umanità che vuole vivere. Ma al di là di tutto questo, c’è la tua personalità, ci sei tu: e tu non puoi darti per vinto anche se le sconfitte si susseguono e sembrano dominare tutto il panorama della tua vita. Non puoi, perché vorrebbe dire dichiarare fallimento, uccidere quelle voci che continuano a risuonare dentro di te e a richiamarti alla tua verità: vorrebbe dire rinnegare ciò che in te è più vero e più forte. Non sarebbe una buona soluzione, non faresti il tuo interesse, non saresti un buon amico di te stesso. La verità vera, è che l’uomo, tu, sei figlio di Dio! È questa la grande rivelazione cristiana, è questa la «bella notizia» che Gesù porta al mondo, l’Evangelo. Prendiamola dunque la vita nelle nostre mani e diamole quel colore e quel valore che non vengono da noi. Viviamo in un’epoca che va di corsa, che incoraggia e premia l’efficienza produttiva, il darsi da fare; riservare momenti alla preghiera può apparire una perdita di tempo. Non lo è: la preghiera è tempo decisivo per l’esistenza, l’unico realmente necessario. Preghiera è stare con lui - con il «tu» che da sempre cerchiamo - cominciando con l’ascoltarlo: i Vangeli narrano ciò che Gesù continua a dire e a fare a noi, la sua Parola è viva e agisce in noi per azione dello Spirito Santo, essa ci trasforma compiendo in ciascuno i miracoli che i Vangeli raccontano; in ogni brano Gesù vuole farci un dono che corrisponde a quanto lui dice o fa in quel momento. Ogni dono è buono, offerto per farci diventare ciò che realmente siamo, figli e fratelli. Preghiera è guardare Gesù, dialogare con lui, imparare a fidarsi, ascoltare le sue parole e lasciarsi stupire, interrogare, provocare, mettere in discussione. Ed è anche lasciarsi guardare da lui. Restando sotto il suo sguardo, proprio come d’estate si sta sotto il sole, perciò senza fretta, abbandonando pensieri e preoccupazioni, si ha proprio l’impressione che qualcosa - misteriosamente - accada. Lo sguardo di Gesù trasforma il cuore, lo conquista, dà gioia, perché comunica un amore che non deve essere meritato, un amore totalmente disarmato, tenace, pieno di compassione e misericordia, che non è mai stanco di offrirsi. Quello di Gesù è uno sguardo nel quale conosciamo lui e ritroviamo noi stessi, la nostra vera natura, scopriamo chi siamo veramente. Restare sotto il suo sguardo è quasi come guardarsi allo specchio e vedere il nostro vero volto, ossia ciò che possiamo diventare se ci abbandoniamo a lui e lo seguiamo. Gli sguardi di Gesù, proprio perché intrisi di compassione e misericordia, non restano solo sguardi: diventano gesti concreti. È la bellezza dell’incarnazione: un Dio di carne, muscoli e sangue, un Dio che si lascia toccare nel cuore e nella carne e che tocca il cuore e la carne. Vivendo con fiducia la relazione con lui, accogliendo il suo amore immeritato, il suo perdono gratuito, lasciandoci guardare dai suoi occhi misericordiosi, il nostro cuore, da cuore di pietra, si trasforma lentamente in cuore di carne, sempre più simile al suo, sempre più capace di compassione, di lavare i piedi ai fratelli.
Scrivi commento