Parusia: cammino nella storia

La parusia è la venuta ultima di Cristo che porta a compimento il suo mistero pasquale e ne rivela pienamente la portata salvifica per l’umanità, il cosmo e la storia. Gesù, come evento escatologico, apre al senso delle realtà ultime del mondo e dell’uomo. Ciò che in lui è già accaduto anche se in modo velato, ciò che a partire dalla risurrezione è realtà in lui che è il capo, attende la piena manifestazione in tutto il suo corpo.

Gesù è già venuto, è morto ed è risuscitato ma, dall’altro, noi non partecipiamo ancora pienamente della sua gloria. La signoria di Cristo su tutto ciò che è reale, a partire dalla sua risurrezione non è stata però ancora pienamente manifestata. Gesù ha vinto già il peccato e la morte, noi però ne sperimentiamo ancora il peso: si tratta del paradosso del presente e del futuro, della continuità e della rottura tra questo mondo e i nuovi cieli e la nuova terra. Il futuro assoluto è realmente anticipato in Gesù (altrimenti non potremmo dire assolutamente nulla di esso), è già rilevante per noi, e in un certo senso continua a essere la novità radicale che oltrepassa perfino i nostri desideri. Il battesimo significa una partecipazione alla sua morte e alla sua risurrezione. D’altro lato, la piena partecipazione alla sua gloria presuppone anche la partecipazione alla sua morte, non solo sacramentalmente anticipata. Nel credo niceno-costantinopolitano si proclama la fede nella venuta gloriosa di Cristo per giudicare vivi e morti e si aggiunge che il suo regno non avrà fine. La parusia del Signore è pertanto la conseguenza della risurrezione, la piena realizzazione della salvezza il cui fondamento sta nella vittoria che Gesù ha ottenuto. Paolo ha espresso il contenuto teologico di questo evento in 1 Cor 15, 23-28; Cristo è la primizia della risurrezione, alla quale farà seguito, nella sua venuta, la risurrezione di tutti (fra poco torneremo su questo aspetto). La venuta o parusia di Cristo significa la “fine” e con essa la distribuzione di tutte le potenze nemiche di Dio e dell’uomo, compresa la morte, contemplata qui senza dubbio, nella sua intima relazione con il peccato (cfr. 1 Cor 15, 54-56). In questo momento finale tutto viene sottomesso a Cristo. La risurrezione equivale pertanto alla pienezza dell’uomo in tutte le sue dimensioni personali, cosmiche e sociali. La configurazione al Cristo risorto è l’unica vocazione definitiva dell’uomo. Egli è la primizia, a partire dalla quale diventa realtà la risurrezione di tutti coloro che sono di Cristo (cfr. 1 Cor 15, 20-23). Attraverso l’inserimento nel corpo glorioso del Signore otteniamo la pienezza della vita. Gesù come presenza definitiva della salvezza, e in questo senso come evento escatologico, ci apre alla speranza delle cose ultime; e queste in definitiva si concentrano in lui, mediante il quale abbiamo accesso al Padre nello Spirito. In effetti non avrebbe senso che colui che doveva venire ci rimandasse a qualcuno o a qualcosa di diverso da se stesso. Il mondo non ha bisogno d’altro se non di una comunità messianica che nel corso della storia viva lo spirito del Battista e indichi colui nel cui nome soltanto c’è salvezza; una comunità escatologica che con il suo agire, con la sua predicazione e con la sua stessa presenza dica: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3, 30). Una comunità, cioè, che non abbia a cuore il proprio destino, ma quello del regno al cui servizio è posta; una comunità che invoca ininterrottamente maranatha. Parlare di parusia per la chiesa vuol dire ricordare a se stessa e al mondo che «il tempo si è fatto breve» (1 Cor 7, 29) e viviamo nella «pienezza del tempo» (Gal 4, 4) che ha la sua sorgente, il suo centro e la sua meta in Cristo morto e risorto, «speranza della gloria» (Col 1, 27), per cui le decisioni fondamentali in ordine alla salvezza non possono essere rimandate. È il tempo in cui la chiesa deve dare ragione della speranza e attendere e preparare con operosità la parusia di Cristo che non sarà l’ultimo capitolo di una saga, l’ultimo atto di un dramma possente o, più banalmente, la parte conclusiva di un processo lineare e sempre crescente, ma sarà: ”nella fine l’inizio”, in ragione del fatto che non rappresenterà la chiusura e l’interruzione di tutto ciò che la creazione ha dischiuso ma l’apertura di tutte le potenzialità dell’opera creatrice di Dio, la loro perfetta realizzazione e attuazione. La parusia non rappresenta, dunque, l’altro polo rispetto all’inizio, come se la storia fosse un intervallo tra due estremi, ma sarà la salvezza della storia e di tutto ciò che l’uomo avrà saputo creare di bello, di buono e di vero, tutto ciò che il suo ingegno avrà messo a frutto; sarà la ricapitolazione di tutte le cose, ben sapendo che se «passa la figura di questo mondo» (1 Cor 7, 31), Dio sta preparando i «cieli nuovi» e la «nuova terra» (cfr. Is 65, 17; 2Pt 3, 13; Ap 21, 1; e GS 39). Quindi vivere la forza dello spirito verso il superamento dello “scarto” nelle nostre scelte personali, sociali, politiche ed ecclesiali.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 4 Maggio 2020

Rubrica "Fede e Società"

 

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