Una laicità del dialogo

La società democratica si alimenta della partecipazione dei cittadini, che non sono neutrali e non sono monadi. Ognuno di noi si confronta con valori, con principi, con tradizioni, con innovazioni culturali e scientifiche, con le proprie comunità di appartenenza (familiare, religiosa, civile, lavorativa). Dentro questa cornice passano il nostro discernimento e la nostra capacità di scelta. Quindi, laicità non può essere neutralità vuota, ma spazio pieno di confronto. 

È all’interno di esso che si giocano la libertà di manifestare il proprio pensiero o di credere in una religione, di dare ragione delle proprie speranze. Un secondo approccio alla laicità può aiutare ad arginare i limiti della neutralità: esso chiede di vedere la realtà con lo sguardo dell’osservatore critico, per ricercare la verità con la capacità di intercettare i pregiudizi, di riconoscere gli stereotipi, di essere consapevoli della caducità delle conoscenze e di essere prudenti nell’accogliere le innovazioni. Cita il filosofo francese Edgar Morin che invita a rinnovare il significato per rispondere alle nuove sfide della storia: «All’origine della laicità nata dal Rinascimento sta la problematizzazione che interroga il mondo, la natura, la vita, l’uomo, Dio. […] La nostra laicità dell’inizio del secolo ha potuto credere che la scienza, la ragione, il progresso avrebbero portato le soluzioni a tutti questi interrogativi. Oggi non bisogna più problematizzare solo l’uomo, la natura, il mondo, Dio, ma si devono problematizzare anche il progresso, la scienza, la tecnica, la ragione. La nuova laicità deve problematizzare la scienza, rivelandone le profonde ambivalenze; deve problematizzare la ragione, opponendo la razionalità aperta alla razionalità chiusa; deve problematizzare il progresso, che dipende non da una necessità storica, ma dalla volontà cosciente degli umani. Così una laicità rigenerata creerebbe forse le condizioni di un nuovo Rinascimento» (E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Milano, Raffaello Cortina, 1990, 108). Quindi il nostro tempo propone la crescita di una società pluralista, che mette a costante confronto i credenti cattolici, i credenti di altre fedi, gli atei e gli agnostici. Serve un contesto che alimenti l’incontro delle diverse appartenenze e identità. Per facilitare il dialogo costruttivo serve una laicità capace di costruire uno spazio di convivenza in cui si sperimenti un riconoscimento reciproco, che possa comporre la concretezza del linguaggio scientifico con le proposte di orizzonte di senso per la vita. Papa Francesco durante il Convegno ecclesiale di Firenze diceva: «Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo, ma accettarlo. Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo. […] La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media… La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia del trasformarsi in ideologia» (Francesco, «Discorso in occasione dell’ “Incontro con i rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana”», Firenze, 10 novembre 2015, in www.vatican.va).

 

di Don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 25 Ottobre 2021

Rubrica "Fede e Società"

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