Il mio cireneo. XXX Edizione della Via Crucis Vivente organizzata dal gruppo scout "Venafro 4"

In un mondo che pone le sue radici sui terreni dell'effimero, del caduco e del relativo, il gruppo scout Agesci Venafro 4, perseverante nei valori non negoziabili che ha sempre proclamato, vive la XXX edizione della Via Crucis Vivente. 

 

I nostri ragazzi non si sono lasciati rubare la speranza dalla cosiddetta società liquida, ma si sono resi loro stessi portatori di senso nel mondo del non senso, prestando i loro corpi alla messa in scena di una storia antica e sempre nuova e contemporanea all'uomo di ogni tempo a cui appartengono e con fierezza: la storia di Gesù di Nazareth, il Dio fatto uomo. Così abbiamo ripercorso la Via della Croce, rivivendo ancora una volta, con parole e gesti immutati, quel pio esercizio entrato ormai a far parte a pieno titolo della Tradizione semplice, genuina e autentica del popolo di Dio. Quella Tradizione che - dice Paolo VI - «è un patrimonio fecondo, è un'eredità da conservare. Oggi la tendenza delle nuove generazioni è tutta verso il presente, anzi verso il futuro. E sta bene, sempre che questa tendenza non oscuri la visione reale e globale della vita. Perché, per godere del presente e per preparare il futuro, il passato ci può essere utile, e, in certo senso, indispensabile. Il distacco rivoluzionario dal passato non è sempre una liberazione, ma spesso significa il taglio della propria radice. Per progredire realmente, e non decadere, occorre avere il senso storico della nostra esperienza». In quest'ottica abbiamo percorso le 14 stazioni previste appunto da una consolidata Tradizione, partendo da Piazza Merola, antistante la chiesa di San Francesco, attraversando Via Terme, Piazza Marconi, Corso Lucenteforte, Via Garibaldi, Via Plebiscito, Piazza Cimorelli, Via Caserta, Corso Campano, Salita Vincenzo Cuoco e concludendo nel giardino di proprietà del notaio Ventriglia. Il percorso in questo anno particolare della nostra XXX edizione è stato sapientemente modificato dopo un'accurata lettura del territorio. Le ultime stazioni, come sempre, sono risultate senza ombra di dubbio le più partecipate e le più commoventi, in particolar modo il momento della morte di Gesù. Nel corso della XII stazione, Gesù muore, don Salvatore Rinaldi, nostro Assistente Ecclesiastico da 35 anni, con l'entusiasmo, la perseveranza e la speranza di sempre ha pronunciato un messaggio, che cambia ogni anno, ma che sempre dona senso al momento presente e che a partire da esso dona senso al nostro “per sempre”. Queste le parole che quest'anno - tra studiati effetti di musiche, luci e tonalità della voce - hanno dato il soffio vitale all'attesissimo momento del messaggio, rendendo contemporanea la scena e lasciando che il pubblico accorso numerosissimo si immedesimasse pienamente in essa: «Sei lì, sulla croce abbandonato, non hai più neanche il viso di un uomo. La furia delle tenebre su te si è abbattuta. I tuoi amici, che avevi tanto amato, non ci sono. Ti sei fatto dubbio, fame, malattia. Ti sei fatto morte. Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché? Perché la disperazione? Perché il dubbio? Perché la morte? Sei appeso ad una croce, non sembri più il Dio fatto uomo che la folla aveva osannato. Sei lì, solitudine infinita, non senti più neanche l'aiuto del Padre. Nell’aria non c’è una voce ormai, è tutto compiuto. Nell’aria non c’è un lamento ormai, ha vinto la morte. Il mio sguardo è fermo sul tuo corpo». Brividi e lacrime tra i presenti a questo punto, apice di lunghi preparativi che nel corso di questi 30 anni hanno visto coinvolte in prima linea ben 900 persone, tra capi e ragazzi, nelle fasi di organizzazione e realizzazione della Via Crucis Vivente cittadina. E mai viene meno il lavoro, l'impegno, l'attenzione e la cura dei dettagli, le musiche, le luci, gli effetti speciali,... Tutto concorre alla buona riuscita di questa “catechesi all'aperto” che, come in un affresco che si lascia piacevolmente contemplare e che coinvolge emotivamente nella storia che raffigura, è simbolo di un qualcosa che va molto al di là di solo ciò che appare. Si è voluto in questo modo fornire un’occasione di incontro col vero Protagonista della storia e della Storia, che scende anche nel “cortile dei gentili” e che si lascia incontrare anche nelle periferie, tanto predicate da Papa Francesco, che nel nostro caso paradossalmente coincidono con le strade più centrali della città, ma forse per le loro caratteristiche peculiari, meno simili ad un’aula liturgica classica e propriamente detta.  Non potevamo, infine - in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia, che provvidenzialmente coincide con la XXX edizione della nostra Via Crucis Vivente - non concludere lasciando alla foltissima schiera degli accorsi un messaggio forte di Amore, di Speranza e di Verità: «Una tomba è troppo piccola per contenere l'Uomo. Risorge l'uomo nuovo, l’uomo di ogni epoca e di ogni nazione. Ecce Homo! Ecco l'Uomo! In te risorto tutta la creazione risorge e da oggi è sigillata questa nostra speranza. L'uomo nell’eterno vive. Tu, Risorto, vero cireneo dei secoli, spingi a caricare su di noi la sofferenza del mondo, con la certezza che sarai tu a portarla sulle spalle». Queste le parole pronunciate da don Salvatore che hanno coinvolto tutte le persone presenti in un momento inatteso: la Resurrezione. Se nelle edizioni precedenti la Via Crucis terminava con la XIV stazione canonica, Gesù è deposto nella tomba, già dalla XXV edizione, coincidente con il trentennale dello Scoutismo a Venafro, fu introdotta la bellissima e significativa scena del sepolcro vuoto. Quest’anno, XXX edizione, 35° anno di Scoutismo a Venafro, 100° di Scoutismo Cattolico e Giubileo straordinario della Misericordia, per la prima volta la nostra Via Crucis Vivente lascia gli spettatori sbalorditi di fronte alla tomba vuota da un lato, alla croce ancora conficcata nel terreno dall'altro, (chiaro segno di ciò che è stato), ma soprattutto a un Gesù Risorto che cammina nel giardino, cireneo ancora oggi di ogni singolo uomo, davanti a cui si inchina. Egli si propone e attende un nostro invito. 

 

Chiara Franchitti

 

 

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