I frutti del Risorto

La prima verità che Gesù rivela con la sua vita è consolante ed entusiasmante: «Il Padre vi ama» (Gv 16,27). Egli, con le sue parole e azioni, non fa altro che rendere manifesto l’amore del Padre. Cristo non ama la pubblicità urlata e arrogante. Gesù è molto discreto anche dopo la Resurrezione. Non entra in Gerusalemme con una marcia trionfale per ridicolizzare chi lo ha voluto morto, non intende stupire nessuno con effetti speciali, anzi!

 Si accosta ai suoi (e solo a loro) con una particolare delicatezza, che si traduce di volta in volta nella figura dello straniero che si accosta e cammina a fianco dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-18); del custode del giardino che parla con Maria di Magdala (Gv 20,14-16); dello sconosciuto che, all’alba, sta sulla riva del lago e prepara ai suoi un fuoco con qualche pesce arrostito (Gv 21,1-14). In Gesù non incontriamo né un Dio onnipotente né un giudice arrogante né un’energia cosmica né un Dio intrappolato dal mondo, ma uno sposo innamorato dell’umanità. Gesù risorto mette direttamente nel cuore degli esseri umani, attraverso il suo Spirito, ciò che devono fare e la forza per farlo, lasciando loro piena libertà. Egli preferisce essere amato piuttosto che obbedito. Anche il modo per rimanere tra di noi è silenzioso e discreto. Il Cristo risorto abita il frammento del pane eucaristico. Gesù sotto forma del pane si spezza per unire. Gesù invita alla decisione: chi trova il tesoro e la perla preziosa del Regno dev’essere disposto a vendere tutto per trovare il tutto di Dio; poiché dov’è il proprio tesoro, là corre felice anche il cuore. Chi ha maturato la decisione di seguire il Maestro, però, non può pensare di trovare nel suo messaggio (gesti e parole) una risposta autonoma a tutti gli interrogativi e a tutte le decisioni morali, che si presentano nella vita quotidiana. Cristo non è un esempio da “fotocopiare” indiscriminatamente in ogni circostanza e in ogni singolo dettaglio. Nelle questioni importanti della vita, niente può sostituire la libera decisione dell’uomo: né la legge né le tradizioni né i dogmi. Gesù, lascia sempre all’ascoltatore il compito di approfondire e comprendere, di lasciarsi interpellare e di cercare il senso profondo della realtà. L’esortazione che spesso risuona è infatti: «Chi ha orecchie per intendere, intenda», cioè «chi desidera capire, cerchi di interrogarsi». Il Maestro di Nazareth offre un insegnamento, e non ha fretta; si adegua al passo degli ascoltatori, suscita interrogativi attendendo che chi lo ascolta entri nella logica del Regno e riveda alcune sue posizioni. Scrive Pascal: (Pensieri, p. 909) «Non solo noi non conosciamo Dio se non per mezzo di Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi se non per mezzo di Cristo. Noi non conosciamo neppure la vita, la morte se non per mezzo di lui. Al di fuori di Gesù Cristo non sappiamo cosa sia la nostra vita, la nostra morte, noi stessi». Da Gesù veniamo a sapere che non siamo nomadi in balia del caos e del caso, ma viandanti in cammino verso il Regno, la cui unica direzione è una vita “per sempre”. Il “totalmente altro” viene nella storia perché la storia diventi totalmente altra da quello che è. I seguaci del Cristo risorto adorano il crocifisso, ma seguono il Crocifisso risorto. Egli indica la strada per una vita autenticamente riuscita. Nell’Ultima Cena Gesù dice ai suoi: «Voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete»: ciò che sorregge i suoi discepoli, ancora oggi, è la speranza di una vita buona, bella e felice come la sua; la certezza che il mondo non va verso il nulla, ma verso un esito positivo. Il cristianesimo non è un’ideologia né una morale, ma un intenso rapporto che inizia con un incontro, prosegue con la sequela e si conclude con la missione. Il Maestro di Nazareth ha cercato con tutte le sue forze di creare le condizioni per l’irrompere del Regno di Dio nella storia, come totale trasfigurazione dell’esistenza umana. Colui che lo segue è chiamato dunque a trasfigurare la storia (la sua e quella del mondo). In questo è accompagnato non più da Gesù storico, ma dal Cristo risorto che è al di là della storia, trasfigurato, elevato alla destra di Dio e presente come Spirito. Solo chi vive a contatto con Dio può parlare di lui. Gesù è il Dio-con-noi. Il suo nome è, sì, Gesù, ma il suo cognome è “Dio-con-noi”. Gesù di Nazareth, il Cristo, uomo come noi, Dio con noi, persona realmente esistita e tuttora presente… non un mito! Nostro contemporaneo, mai stanco di rispondere alla nostra sete di senso e di futuro. Credere non è un’assicurazione sulla vita; e al discepolo non è evitata la sofferenza. La fede, però, rende capaci di affrontarla, e il dolore diviene partecipazione alla stessa sofferenza redentrice di Cristo. Coloro che vivono per Cristo: mettono tutta la loro fiducia in colui che dà fiducia; sperano in colui che spera in loro; amano gli altri come se stessi; sono portatori sani di angoli di cielo; portano la croce, ma non la fanno portare; vivono con la logica di datori di vita; nella notte buia sono ricercatori dell’alba; vivono nel loro frammento di terra ma sono cittadini del cielo; si nutrono di Dio per diventare pane per tutti; vivono nel tempo come pellegrini dell’eternità. Dunque: «Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa anche lui più uomo» (GS 41). San Massimo il Confessore diceva: «Pensare secondo Cristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose» (Il Dio Uomo, p. 103, 1980). Papa Francesco ha scritto: «Giungiamo a essere pienamente umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero» (EG 8). Quando una persona pone la sua fiducia in Cristo, alla sua vita ordinaria viene dato un significato straordinario; sa di far parte di un progetto più grande. I grandi profeti guardano l’oggi nella prospettiva del sogno e del futuro. Il tempo vitale parte dal frutto. A partire da Gesù, la storia si svolge nel faccia a faccia con Dio che viene.

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

 

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 4 Aprile 2016

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