L'atto coniugale (Genesi 2,24)

Le abnormi diseguaglianze tra ricchi e poveri nel mondo e la riduzione dell’uomo a cosa (traffico di organi, utero in affitto) indicano che «è tramontato il primo comandamento del welfare state: la libertà dal bisogno».

Per millenni la famiglia ha accolto attorno agli adulti i bambini, gli anziani, i disabili. Procreazione, allevamento, educazione, protezione, cura fino all’assistenza al trapasso dalla vita alla morte: la famiglia è stata incunabolo della società, ordinata come un’anticipazione dello Stato. Nelle varianti dell’antichità alla modernità, la famiglia è stata contadina, mercantile, industriale, aristocratica, borghese, ha cessato oggi di esprimere morfologie di ceti e di classi. Altre istituzioni, come la scuola, assolvono le funzioni di educazione e istruzione, ospedali dispensano cure per neonati e bambini. Ricadono sulla famiglia, luogo di desertificazione progressiva, le solitudini dei vecchi abbandonati o dei disabili per la quale la società non provvede. La longevità oggi rende senescenti fasce più estese delle popolazioni, e una delle questioni bioetiche più acute, che si disloca dalla scienza, dalla geriatria, all’assistenza e previdenza sociale, fino al ricovero dei senza tetto e senza famiglia. Occorre la rivitalizzazione della famiglia, vien fatto di dire la sua riscoperta e risurrezione. L’individualismo egoistico in tutte le sue forme tende ad abbandonarla, se non ad abolirla. Invece che andare verso società di single, che esauriti gli appagamenti giovanili vivranno l’abbandono interpersonale, è improrogabile ripristinare l’involucro familiare anche con nuove discipline dei rapporti interni tra i suoi componenti. Si affitta l’utero perché la gestazione per conto altrui è un’occasione di guadagno. Le occasioni di cessione di tessuti, di materiale genetico, di contrabbando per donazione, coperte da rimborso spese, ma sono compravendita. E si entra nell’attività criminale quando si espiantano organi da corpi in cui non si è ancora verificata la morte, oppure quando è stata procurata con falsi incidenti, o quando si organizzano rapimenti di bambini per allevarli come serbatoio di organi. Occorre comprendere le cause economiche e politiche della riduzione dell’uomo a una cosa. Il mercatismo esasperato del nuovo millennio ha tanti protagonisti e complici. Chi vuole sanzionare le tragedie della bioetica con ideologie liberistiche o fondamentaliste è un cieco che non vede per dove deve passare la via dell’umanizzazione progressiva della condizione umana: la libertà del bisogno. Se il mondo non ti ospita, non ti dà accesso alle cure per le malattie del tuo corpo, né solidarietà, comprensione, carità per quelle del tuo spirito, allora matura il desiderio di riprenderti la vita, di dichiarartene padrone, di annientarla: ma si tratta di una vendetta per la solitudine cui ti hanno ridotto. Il costruirsi di società multietniche e culturali complica il quadro delle questioni bioetiche. L’etica è l’insieme di convinzioni e comportamenti dominanti in una società omogenea culturalmente. Quando questa base comune viene a mancare, l’etica tende a ridursi a principi di liberale tolleranza di umane diversità. Proprio perché società contemporanee contengono identità multiculturali plurime un legislatore che voglia legiferare in nome e per conto di tutte apparirà al contrario privilegiarne alcune, opprimerne altre. Le questioni bioetiche contemporanee stanno dentro le coscienze personali, sono costantemente sollecitate da vertiginosi progressi delle conoscenze scientifiche e delle innovazioni tecnologiche nonché dai meccanismi diffusivi e imitativi dei comportamenti sociali. La fede non è in grado di garantire la norma etico - morale in termini di valore confessionale o di diritto naturale. Deve anch’essa trovare una nuova vita. Ma quale? Quella della socialità, seguendo il realismo storico di Papa Francesco. La prassi sociale della società industriale viene prima o dopo la persona umana? In altri termini, la socialità dinamica dell’attuale società vista dalla periferia dell’esistenza umana è fuori di essa o la assume e la promuove nella sua vera dignità? Dalla periferia si possono osservare due dinamiche che orientano la nostra riflessione: la socialità supera ogni realtà (cf. Evangelii gaudium, nn. 234-237) umana e infraumana, a cominciare dalla famiglia e dall’azienda; la realtà precede ogni idea (cf. Evangelii gaudium, nn. 231-233), ossia è la socialità in quanto tale a determinare l’idea. Chi non accetta di andare in periferia con il metodo del realismo storico ha la grande illusione di ritornare nell’epoca di cambiamento e non vuole entrare nel cambiamento d’epoca (forse perché ha paura!). Noi invece entriamo nel cambiamento d’epoca per conoscere la nuova socialità dinamica, che deve essere costruita. E se la socialità non è già costruita si apre nella società la possibilità per l’uomo di uscire da se e di “farsi nella storia”: l’uomo può davvero essere protagonista della storia! Ma come può l’uomo “farsi nella storia” vivendo pienamente la sua esistenza storica? Solo se la società garantisce la sua identità personale e la sua partecipazione alla costruzione della società. Qual è la sorgente della socialità dell’ uomo che garantisce la sua identità di persona umana e il suo essere costruttore della società? L’atto coniugale. Le due dinamiche del realismo storico vissuto in e dalla periferia ci aiutano a capire che l’esistenza umana non è prima della socialità, ma nella socialità umana; e che nella società dinamica l’esistenza umana non è più autonoma e sovrana, come nella società statico – sacrale, ma è parte della socialità umana nella quale si gioca la storicità dell’uomo. Perché l’atto coniugale ci fa entrare nella socialità umana? Perché introduce l’uomo nella socialità garantendone la pari dignità con i generanti. In altri termini: l’atto coniugale promuove la socialità dell’uguaglianza; la sua assenza, invece, genera la socialità del divenire, che annulla l’uomo nella storia. La prima costruisce la convivenza umana funzionale; la seconda la distrugge. La dipendenza dell’uomo dall’uomo è superata dalla sessualità, luogo in cui si gioca il vero destino dell’uomo.

 

 di Don Salvatore Rinaldi

 

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 2 Maggio 2016

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