La vita è piena di cose belle, ma molte volte non sappiamo goderne. Uno dei vizi più frequenti che non ci permettono di essere felici è quello di renderci schiavi di alcune cose, di abbarbicarci ad esse.
Stiamo godendo di qualcosa o di qualcuno, ma ecco che il timore di perdere questa cosa o persona ci provoca una tristezza interiore, un’angoscia segreta. Altre volte non ci rallegriamo delle piccole e grandi cose che la vita ci dona perché non ci sembrano sufficienti; ci ossessioniamo allora per raggiungere qualcosa che non abbiamo. In realtà, quando non voglio rinunciare a qualcosa che è finito, più che in schiavo di quella persona o di quella realtà io mi sono trasformato in schiavo della mia debolezza, dei miei sentimenti e delle mie necessità interiori. Il mio essere, però, è infinitamente nobile e troppo prezioso perché io lo degradi e lo faccia ammalare a causa di tali sentimenti e di tali necessità. Non si tratta di non avere desideri o piaceri. Al contrario, si tratta di accettare con gratitudine tutti i piaceri che ci fanno felici. Per questo, però, è necessario liberarsi da una ricerca di piacere che ci rende infelici e limita la nostra capacità di felicità: l’avidità. Per quanto il corpo si debiliti, si logori e si ammali, l’essere umano è più che la materia e la sua vita intima è chiamata a una continua crescita. Lasciare quindi qualcosa che ci ossessiona non è solo sbarazzarci di un peso e stare più comodi e tranquilli. E’ molto di più. Ci porta a una sensazione bellissima di libertà interiore, di ampiezza, di espansione e di apertura a tutto l’universo. Per liberarsi dall’ossessione per una certa cosa, è anche necessario ampliare il mondo degli interessi, cercare di entusiasmarsi con altro e prendere contatto con persone interessanti che non mi attraggano per il loro corpo o per la soddisfazione che possono darmi, ma per la loro saggezza, il loro entusiasmo, la loro capacità di stimolare al bene, alla verità, alla bellezza. Se siamo dipendenti da una persona, le cose che vediamo, la musica che ascoltiamo, un film o una scena televisiva ci portano ad alimentare ancor di più il nostro bisogno ossessivo. Per esempio, se ascoltiamo una canzone romantica, tutte le emozioni che tale canzone risveglia in noi si depositeranno nella persona che desideriamo. Se però siamo furbi, possiamo arrivare a riconoscere questo inganno e a scoprire che vi sono altri tipi di canzoni e di immagini, e varie altre risorse, che possono aiutarci a smorzare l’ossessione che si è impadronita di noi. Con creatività e intuizione possiamo percepire con più chiarezza ciò che producono in noi le cose che vediamo e ascoltiamo. La prima causa per cui alcune persone finiscono per distruggersi sempre più nei vizi e nelle cattive azioni è la mancanza d’amore verso se stesse, l’incapacità di apprezzarsi, di accettarsi e di perdonarsi davvero. Quando qualcuno ci respinge, ci inganna o ci tratta male, vengono di solito a galla i nostri peggiori mostri interiori. Magari incolpiamo gli altri o la vita, ma in fondo si tratta di una maschera per nascondere qualcosa di peggio. Il fatto che odiamo noi stessi. La vera felicità, nel suo senso più profondo, ampio e stabile, è uno stato di armonia e di sicurezza interiore che può essere mantenuto anche in mezzo a difficoltà e a sofferenze, perché si accetta ogni cosa come parte del cammino della vita. Se però ci si ossessiona con un “modo” particolare di essere felici, allora ci si chiude alla vita e non si può essere felici davvero. Quando ho una malattia o un dolore, non si tratta di amare tale sofferenza, ma di amare se stessi con quella malattia o con quel particolare dolore. In ogni situazione in cui ci imbattiamo dobbiamo amarci, perché abbiamo bisogno d’amore e la nostra esistenza ha senso, per quanto sia imperfetta. Il paradiso è in te ed è là dove tu sei. Non altrove. Non in altre circostanze. Se non lo trovi qui e ora, dove si trova, non lo troverai mai, per quanto tu possa cercare. Dio ti ha creato a sua immagine, egli si riflette in te. Proprio in te sono quindi i semi di una traboccante bellezza, di miriadi di meraviglie che neanche immagini. Tutto ciò che è fuori è un pallido riflesso e un segno di ciò che Dio ha riposto nel profondo del tuo essere. Se però non scacci le tue ossessioni non troverai questo paradiso che è in te. Le cose che ci ossessionano «non sono le cose reali e oggettive che ci circondano, ma le cose immaginate, emozionalizzate, fantastiche e trasformate in oggetti di desiderio, di un residuo di desiderio infantile» (L. Cencillo, Còmo no hacer eltonto por la vida, p. 174). Per questo quasi tutti i viaggi che facciamo ci impoveriscono un po’. Ci aspettiamo da essi troppo paradiso. Speriamo di trovare, in un luogo che stiamo visitando, ciò che dovremmo trovare nel profondo del nostro stesso essere. Solo lì possiamo penetrare il senso più intimo della realtà. Non entrandoci, restiamo alla superficie, ci sentiamo vuoti e abbiamo bisogno di conoscere altro, smaniamo di trovare qualcosa che ci dia un senso, qualcosa che ci salvi. Quando ci rechiamo in un posto sperando di trovarvi il paradiso desiderato, sperimentiamo che quel posto bellissimo non è il cielo che sognavamo di trovare. Deve arrivare il giorno liberatore in cui ti sbarazzerai di questo ingenuo ideale di cercare il cielo in un determinato luogo, in una certa persona, in qualche compito o esperienza nuova. Può essere che arriviamo a credere di aver trovato il paradiso in qualcosa, ma questo sentimento durerà poco, l’illusione svanirà e torneremo ad essere insoddisfatti. Chiediamo troppo alle cose e alle persone, quando in realtà ciò che più ci serve - l’infinito, la bellezza tanto desiderata - è sempre, sempre a portata di mano. E’ in ogni luogo, in ogni circostanza, in ogni parte.
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 30 Maggio 2016
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