Gesù

Essere con lui: non basta stare dalla sua parte o essere a suo favore, ma operare, raccogliere con lui. La parola «raccogliere» richiama l’immagine della mietitura. Solo questa scelta esplicita e impegnativa porta frutto. Ogni altra scelta, al di fuori di lui, è dispersiva, inutile, anzi in totale perdita.

La decisione è una sola: o con lui o contro di lui. Gesù si presenta così come la persona davanti alla quale si gioca il nostro destino, la nostra sorte definitiva. Ovviamente si presuppone che uno sia venuto a conoscenza del messaggio evangelico e della persona di Gesù, anzi che lo abbia incontrato e riconosciuto quale salvatore. Sarebbe errato pensare che coloro che non hanno mai sentito parlare di Cristo o che ne abbiano una idea sbagliata, siano da considerarsi contro di lui, ostili, e che tutta la loro attività sia inefficace. Gesù dichiara con forza: o con me o contro di me. La sua parola acquista un suo significato più ampio ed esclude, oltre la malafede, anche l’incertezza, il patteggiamento, l’indifferenza, l’ambiguità. L’uomo tutto intero, senza riserve, è chiamato ad aderire a Cristo. Ma, detto ciò, non si può affermare che i non credenti, per ignoranza o per debolezza incolpevole, siano apertamente contro Gesù; semmai sono lontani, ma non schierati coscientemente e volutamente dalla parte di Satana. Infatti essere con Cristo non significa di per sé essere anche esternamente nella Chiesa. In un’altra pagina di Vangelo Gesù ha dichiarato ai discepoli che si lamentavano perché un tale scacciava i demoni «in nome» di Gesù, cioè nella sua potenza, ma non era con loro («non ci segue»): «Chi non è contro di voi, è per voi» (Lc 9,50). Egli distingue tra il gruppo dei cristiani, «noi», e la sua persona, «me». Per essere a favore o con i cristiani, basta non essere apertamente contro. Invece per essere a favore di Gesù non basta non essere contro, è necessario essere «con lui».  Lui solo è il termine di confronto e di scelta. Si può essere con Cristo anche restando fuori dalla comunità cristiana, pur rimanendo l’obbligo per chi ne viene a conoscenza di farne parte effettivamente. Gesù agisce e si fa presente anche al di fuori della Chiesa. Egli è più grande della Chiesa. Non è detto quindi che quanti non concordano con i cristiani siano contro Gesù, né che quanti si ritengono cristiani siano tutti e sempre a favore di Gesù o con lui. Lo si può essere a parole e non con le opere, in modo indeciso, incerto, infedele. Ci si può lentamente distaccare e passare dalla parte opposta: in questo caso il nostro stato diventerà peggiore di prima, perché si è chiuso gli occhi alla luce e il cuore dell’amore. Gesù non esclude nessuno dalla sua sequela, non pensa ad un gruppuscolo di seguaci, non pone condizioni contrarie all’amore verso i genitori. Vuole semplicemente un coraggioso distacco dai beni e dagli affetti che costituiscono un ostacolo per seguirlo. Esige di essere preferito: richiesta certamente inaccettabile se non fosse il Figlio di Dio, il valore e il bene massimo offerto da Dio agli uomini. Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16,24).  Ognuno ha le proprie croci nella vita e cerca di liberarsene: qui invece si domanda non solo di subirle o sopportarle senza protestare, ma addirittura di prendere la croce, la propria croce – quella derivante dalla scelta a favore di Cristo, che consiste nel seguirlo fedelmente – senza indugio, mettersela sulle spalle e imboccare come il Cristo la «via crucis». Egli ha posto al centro della sua vita non la propria volontà ma quella del Padre, non ha cercato l’affermazione della sua persona ma la gloria di Dio e la salvezza degli uomini. Rinunciare a se stessi non significa nutrire sentimenti di disprezzo, di disistima del proprio essere e delle proprie qualità. Siamo creature di Dio, sua grazia. Rinunciare a se stesso vuol dire non mettere il proprio io al centro dell’interesse, combattere l’egoismo, sacrificare le proprie aspirazioni terrene, per porre Dio al vertice della propria vita, accettare le proposte e le vie di Dio. Le sofferenze e le Croci non vengono da Dio. Sono una eredità umana. Dio ci chiama alla gioia e alla vita. La meta del cristiano è la gloria, ove Cristo è entrato. Senonchè per raggiungerla l’unica strada è la «via crucis». E’ una strada, un cammino, quindi una fase transitoria, non il traguardo. Il cristiano non considera negative le gioie di questo mondo, creato da Dio, non è un uomo lugubre, ansioso soltanto di pienezza e di sofferenza. Il cristiano è un essere ricco di gioia interiore e anela alla gioia senza fine. Ma sa che per giungervi vi è una sola strada, quella percorsa da Cristo, contrassegnata da dolori e da croci. Lo sa e la percorre animato dalla speranza non del Calvario ma della gioia sfolgorante della Pasqua. Gesù domanda una scelta totale e radicale per sé. L’iniziativa parte da lui, si presenta come il valore sommo, tutto deve passare in secondo piano per coloro che sono chiamati dal Signore. Vi sono persone inadatte a comprendere la sua chiamata, che guardano solo entro l’orizzonte terreno che si chiude con la morte, che si preoccupano solo di sistemare di fronte ad un decesso fisico il cadavere. Essi sono come «morti», perché sono attaccati fermamente a questa vita mortale, destinata a scomparire. Un «morto» fisicamente non può infatti seppellire un altro «morto». Quanti invece accolgono l’invito e lo seguono, sono incamminati verso la vita vera, oltre la morte. Chi segue Gesù, che è incamminato verso la morte per arrivare alla vita, capisce che c’è un modo nuovo per giudicare la vita e la morte. Può stare dietro a Gesù solo chi riconosce in lui l’inviato di Dio e crede che le sue parole sono «parole di vita eterna»  (Gv 6,68).  Chi si mette al suo seguito, deve vivere in coerenza costante con la decisione iniziale. Fatta la scelta per lui, questa va mantenuta. La scelta può essere fatta con superficialità e la risposta può diventare fiacca , stanca. Occorre invece renderci più consapevoli della scelta e rinvigorire la risposta. Per nessun motivo ci si può permettere di andare in vacanza o di temporeggiare.

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 13 Giugno 2016

Scrivi commento

Commenti: 0