«Chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? Che senso ha la mia vita?».
Tutto il progresso tecnologico, le conquiste spaziali, lo sviluppo enorme dell'informatica, non hanno saputo rispondere alle domande che turbano il cuore dell'uomo ed esigono una risposta che possa dare pace all'inquieto roteare dei pensieri, delle aspirazioni, del bisogno profondo di essere amati, dell'esigenza di trovare un’acqua che possa, una volta per tutte, estinguere la sete che sorge dall'aridità dell'animo umano.
La fede non è un aderire ad alcune verità senza un coinvolgimento totale dell'essere. Non ci può essere una dicotomia, un divorzio tra la fede e la vita. Non siamo marionette che si muovono perché guidate da una mano altrui: il perbenismo, la prassi, la reiterazione delle convenzioni, dal «tanto così fan tutti».
Lo Spirito dell'uomo ha bisogno di un incontro, ha bisogno di un impatto frontale, sente la necessità di essere ferito dallo strale del kerygma - l'annuncio della nostra salvezza tramite la morte e la resurrezione di Cristo -, dall'amore che perdona, dall'amore che consola, dall'annuncio di salvezza che porta fuori dal buio della propria tomba per uscire alla luce della «stella del mattino che non conosce tramonto» (preconio pasquale).
L'uomo di oggi va in cerca, a volte senza saperlo, di uno sguardo che possa ferire il proprio cuore, di uno sguardo d'amore che possa tacitare le ansia e le burrasche della vita. Va in cerca di un cristiano che sappia riverberare nei propri occhi lo sguardo di Dio, che guardi l'altro così come lo guarda Dio.
Oggi è molto difficile incontrare uno sguardo, tanto vai in fretta e sei preso da mille occupazioni. Non senti più neanche il calore della voce dell'altro perché non hai il tempo per andare a trovarlo, né per telefonargli: gli mandi un freddo messaggio e un altrettanto fredda e-mail e l'incontro perde il calore di una stretta di mano, di un sorriso.
Dico questo per mettere in evidenza che, se senti il bisogno di uno sguardo che ti ferisca il cuore, devi ascoltare una voce che ti chiama. Devi fermarti e decidere di andare là dove ti porta la voce di Gesù che dice: «Vieni e seguimi!» (Mt 19,21).
La fede è un cammino e Abramo, raccontandoci la sua storia, può dirci come lui, per credere, ha dovuto fare una lunga esperienza che, attraverso varie peripezie, lo ha portato ad avere tanta fede nell'amore di Dio che non ha esitato a portare sul Monte Moria suo figlio Isacco per sacrificarlo, così come gli aveva detto il Signore. San Paolo dice che Abramo sperò contro ogni speranza e Dio liberò Isacco provvedendo un ariete per l'olocausto (Rm 4,18).
Anche Giobbe, nel fare la sua professione di fede, esclama: «Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno visto» (Gb 42,5).
Giobbe, dopo una vita punteggiata da interventi di Dio, dice di non credere a un Dio di seconda mano, come a una notizia letta sul giornale dell'altro ieri, ma afferma la possibilità di una esperienza diretta di Dio nella concreta esistenza di ogni giorno.
Così la Vergine Maria, la piena di grazia, ha dovuto fare il suo cammino a fianco del suo Figlio Gesù, conservando nel cuore tutto ciò che non riusciva a capire nello svolgimento degli avvenimenti che riguardavano la missione di Cristo sulla terra (Lc 2,50-51).
La «porta della fede». Questa porta si è aperta per noi il giorno del nostro Battesimo. La porta è, però, piccola. Se non abbassiamo il colore duro della nostra superbia, se non svuotiamo il nostro cuore dalle vane preoccupazioni terrene, non possiamo attraversare il passaggio dalle tenebre alla luce.
Tale passaggio avviene se accogliamo il dono della rivelazione di Dio nella nostra vita.
Abbiamo ricevuto il Battesimo da piccoli e forse non abbiamo avuto l'intelligenza, il desiderio, la possibilità di far sviluppare il seme della grazia ricevuta con tale Sacramento. Il nostro cuore si ritrova forse incredulo, incapace di rispondere a Dio che chiama per manifestarsi il suo amore. Avere fede, all'inizio del nostro cammino di riavvicinamento a Dio, significa innanzitutto accogliere la predicazione dei testimoni che annunciano la Buona Novella, confessando Gesù come Signore del cielo e della terra. Successivamente significherà accogliere la parola di Dio abbandonando gli idoli di questo mondo (il denaro, il potere, il sesso, il successo, la stima degli altri ecc.) per appoggiarsi esclusivamente alla volontà di Dio.
Il cammino della fede non può procedere se non ci si riconosce bisognosi costantemente della misericordia di Dio; se non si toglie la trave dal proprio occhio, prima di voler togliere la pagliuzza dall'occhio del fratello, imparando a non giudicare perché solo Dio è un giudice giusto.
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