Educare all'ascolto e alla regola

Tra i tanti strumenti educativi vogliamo soffermare la riflessione sull’ascolto e sulla regola che rappresentano azioni educative cruciali perché un bambino trovi sia uno spazio di accoglienza (tipico del dono materno) sia un fermo orientamento (tipico del dono paterno) nella relazione con il genitore. 

L’ascolto risponde, tra l’altro al bisogno dell’altro di essere accolto, accettato per quello che è, compreso. Cosa richiede l’ascolto? L’ascolto richiede di accogliere la comunicazione dell’altro, sospendendo il giudizio e cercando di “fare vuoto dentro di sé” per accogliere l’altro. L’ascolto richiede di promuovere il controllo di sé e di allentare il controllo della relazione, così da consentire all’altro di entrare nella relazione ed esserne “ospitato”. Durante l’ascolto è molto importante non soffermarsi alla parte più esplicita della comunicazione (come e con quali parole vengono dette le cose), ma chiedersi cosa realmente l’altro ci sta dicendo e soprattutto quali bisogni ci sta comunicando. L’ascolto richiede un tempo che la relazione può concedere: non sempre si può ascoltare, però si può mettere a tema la difficoltà di ascoltare immediatamente quando viene richiesto e rimandare lo scambio comunicativo: «adesso proprio non mi è possibile ma dopo troviamo un momento tutto per noi». Cosa ostacola l’ascolto? La difficoltà ad accogliere la comunicazione e i bisogni dell’altro per quello che sono; questo porta a interpretare i contenuti dell’altro, sostituendo il proprio punto di vista e quello altrui. È molto importante sottolineare che la comunicazione dell’altro produce degli effetti e occorre prestare attenzione a distinguere l’ascolto della comunicazione dell’altro all’ascolto degli effetti che questa comunicazione produce. Pensiamo ad esempio un figlio adolescente che fa “una scenata” al genitore perché vuole lo smartphone di ultima generazione. La comunicazione del figlio dice di un suo desiderio. Il desiderio è una qualità umana, che esprime una mancanza ma anche una tensione per l’ottenimento dell’oggetto del desiderio, e che dice anche della capacità di prefigurare una dimensione futura; non essendo una qualità negativa il desiderio non richiede di per sé un esaudimento/annullamento nell’immediato. Questa comunicazione di un desiderio può suscitare nel genitore diversi effetti: indifferenza (“è una tra le tante richieste”), irritazione (“l’ennesima richiesta, il suo cellulare non ha neanche un anno”), senso di colpa (“che genitore sono se mio figlio non ha un cellulare nuovo quando tutti ce l’hanno?”), stupore (“è la prima volta che mi chiede con insistenza qualcosa”). Possiamo intuire che la risposta che il genitore darà al figlio sarà una reazione non sola alla comunicazione del figlio, ma anche agli effetti che questa comunicazione genera nel genitore. Dopo aver ascoltato e compreso la comunicazione del figlio, si potrà dunque rispondere con un’azione educativa che sarà ad hoc, proprio per quel figlio in quel momento, perché si baserà sul ri-conoscimento del figlio consentito dall’ascolto. Infatti, solo se il genitore riuscirà a distinguere le proprie reazioni, i propri bisogni e le proprie istanze da quelle dei figli, potrà trattare le richieste dei figli per quello che sono e capire ad esempio se la domanda del figlio sullo smartphone racchiude un bisogno reale che va esaudito al più presto, o un “desiderio ingordo” che va contenuto, o un bisogno che può essere accolto, ma esaudito più in là nel tempo, magari quando si presenterà l’occasione (un compleanno, una meta guadagnata a fatica e quindi da premiare…). I figli infatti non hanno solo bisogno di essere accettati per quello che sono, ma richiedono di essere anche orientati, per quello che sono chiamati ad essere. La regola è lo strumento principe per orientare i figli, per consentire loro di discernere il bene dal male e sperimentare anche le conseguenze emotive, affettive e relazionali che possono derivare dal compiere una scelta buona o sbagliata. I figli sono molto abili a ribellarsi alle regole che vengono loro imposte e a trasgredire. In questo modo mettono anche alla prova la tenuta dell’adulto che le ha imposte. Il problema però è che se l’adulto elimina le regole, il ragazzo non ha più punti di riferimento. I ragazzi hanno bisogno che qualcuno dica loro di no, che qualcuno ponga loro dei limiti, pena il disorientamento. Le regole devono essere spiegate e motivate ai figli, cosi come è importante che siano spiegate le conseguenze che si produrranno a seconda che vengano rispettate o meno (è importante giocare esplicitamente tutte le carte a disposizione e non “tendere trappole”). È parimenti importante che le regole siano poche e chiare, piuttosto che troppe e confuse. È bene ricordare che le regole sono degli strumenti educativi e non degli obiettivi educativi. La regola non ha senso per sé, ha senso nella misura in cui viene “agganciata” a un obiettivo che si vuole raggiungere (il senso dell’educazione!) solo così assume un significato educativo. Le regole, vanno  inoltre costantemente modulate a seconda del percorso educativo del figlio e della sua crescita; anche le regole esitano dall’ascolto del figlio e dei suoi cambiamenti. Non vanno stravolte ma adattate in modo rispettoso ai fattori contestuali e temporali che accompagnano la vita di genitori e figli. È importante che le regole siano decise e condivise dai genitori; impossibile che i genitori siano sempre d’accordo su tutto, e ciò anche davanti ai figli; è forse più credibile che i genitori mostrino davanti ai figli le loro differenze -  anche sul fronte educativo – se sanno accompagnare però questa “rivelazione di sé” con un profondo rispetto per la differenza che l’altro porta con sé.

 

di Don Salvatore Rinaldi

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 18 Luglio 2016

 

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