In queste settimane stiamo vivendo eventi che hanno sconvolto non solo i nostri fratelli terremotati, ma anche noi, tanto che ci stanno portando a porci quotidianamente una domanda: che cos’è la vita? La vita è la gioia e gli affanni di tutti i giorni. Stiamo lontani da chi ci dice che non è questo.
Persino Dio si è incarnato negli affanni di tutti i giorni, si è fatto uomo. Purtroppo nella nostra crescita di fede conosciamo poco l’umanità di Gesù. Gesù l’abbiamo sempre visto come un supereroe che risolveva i problemi dell’umanità, o meglio quelli circoscritti al popolo di Israele nella Galilea, nella Samaria e nella Giudea. Abbiamo sempre visto la sola divinità di quest’ uomo. Gesù ha due nature, quella di uomo e quella di Dio. Purtroppo nel presentare solo la natura divina di Gesù abbiamo tolto dalla nostra realtà il motivo del perché si sia fatto uomo e del perché Lui abbia preso su di sé tutte le miserie umane. Gesù soffriva, Gesù piangeva, Gesù entrava nella sinagoga tutti i sabati, Gesù viveva la sua vita da artigiano per sopravvivere e quando chi gli stava intorno chiedeva a Lui qualcosa di particolare, con fatica interveniva con un miracolo per risolvere il problema emergente. Tutto era per salvaguardare il segreto messianico. Avrebbe potuto in 33 anni risolvere tutti i problemi della natura umana, e allora perché non l’ha fatto? Questo ai nostri occhi potrebbe decretare un suo fallimento, ma Lui non era venuto per questo. Lui si era fatto uomo e, come noi, era stato invitato ad un banchetto, il banchetto della vita, il banchetto della festa. Gesù ha vissuto in pieno la sua umanità sentendosi anche Lui invitato al banchetto, alla festa della vita di tutti i giorni e a cui ha partecipato con l’abito giusto. Anche noi siamo stati chiamati a questo banchetto che è la vita? Si, siamo stati chiamati, anche se questo banchetto non esclude delle difficoltà. E queste difficoltà vanno affrontate non perdendo mai il rapporto con il Padre. Mai. Nonostante la tristezza umana e nonostante a volte sembra impossibile andare oltre. Non dimentichiamo mai che siamo stati chiamati al banchetto: la festa nuziale voluta da Dio. Gesù, durante tutta la sua vita, ci ha mostrato come vivere in questa festa nuziale. Gesù ha mantenuto sempre il rapporto con il Padre, perché Lui era Dio e conosceva benissimo il progetto di Dio. Non ha mai smesso di vedere la vita come un banchetto nuziale dove noi non dobbiamo scegliere il posto dove sederci, perché il posto già ci è stato assegnato: è il posto della vita. Sedendoci in altri posti noi scegliamo di andare fuori dall’invito di essere costruttori della vita e custodi del creato. È bellissimo il Vangelo, è bellissima l’istruzione che Dio ci da in Luca 14,8-11: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non adagiarti al primo posto, perché potrebbe esserci un invitato più importante di te; in tal caso colui che ti ha invitato sarà costretto a venirti a dire: “Cedigli il posto!”. Allora tu, pieno di vergogna, dovrai prendere l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato a nozze, và a metterti all’ultimo posto. Quando arriverà colui che ti ha invitato, ti dirà: “Amico, vieni, prendi un posto migliore”. Allora ciò sarà per te motivo di onore davanti a tutti gli invitati. Infatti, chiunque si innalza sarà abbassato, chi invece si abbassa sarà innalzato». Mons. D’Ercole, il vescovo di Ascoli, ha avuto nel giorno di lutto, in cui si sono celebrati i primi funerali di stato, parole per i familiari dei defunti e per tutti noi: «La speranza c’è nella misura in cui c’è fede», nella misura in cui scegliamo di far parte di un banchetto diverso. La logica umana sembra dirci che tutto è finito, ma non può toglierci una fiducia: noi siamo creature di Dio, di quel Dio che è in noi, né può toglierci la certezza che siamo stati invitati a vivere da Colui che ci ha preparato il banchetto e che ci ha detto: “Sii beato, sii felice”. Tutto ciò ci suggerisce che nonostante le apparenze tutto continua. Giustamente la logica di Dio è diversa dalla logica umana e non sempre riusciamo con facilità ad applicarla alla realtà degli uomini. Noi continuiamo sempre a fare il solito discorso: “Io voglio stare al mio posto, a quel posto che mi spetta e per cui ho sudato”. Invece altra è la logica che ci viene unicamente da Dio, da Colui che ha preparato la festa della vita e che ci ha invitati. È Lui stesso che con la Sua presenza di uomo ci ha voluto insegnare come stare a questa festa. Se a questa festa ci saremo per emergere, in noi ci sarà solo superbia, ma se a questa festa ci saremo con umiltà, capiremo che il nostro posto è tale che siamo già chiamati per essere beati. Purtroppo non siamo ancora entrati in questa mentalità di Dio, ancora non abbiamo capito chi siamo. Coloro che partecipano la Domenica alla riscoperta dell’invito di Dio al banchetto della vita, dovrebbero essere più predisposti all’ascolto. Facciamo si che la nostra natura divina emerga! E deve emergere, perché noi siamo chiamati in questo creato ad essere felici! Altrimenti dov’è la nostra speranza? Mons. D’Ercole ha detto dinanzi a quelle prime 35 di 300 bare che vi è un unico modo di penetrare la realtà: risvegliare la fede che ci è stata data, perché solo in virtù di questa c’è speranza di essere invitati e di partecipare al banchetto. Concludo con un’affermazione di Cristo: ai servi che dicevano al padrone che nel campo di grano c’era stato qualcuno che aveva seminato la zizzania, il padrone rispose: «Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura saprete distinguere il grano dalla zizzania» (cfr. Mt 13, 24-30).
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 19 Settembre 2016
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