Lotta

Siamo nel 2016. Sono, cioè, due millenni che quotidianamente e ininterrottamente viene fatta una proposta di vita all'uomo contemporaneo, all'uomo dell'oggi, all'uomo che attraverso la scienza cerca di scoprire sempre più qualcosa di "altro".

In 2000 anni sono stati fatti progressi straordinari ad esempio nel campo della cura del corpo, nel campo delle scienze psicoanalitiche, nel campo della dignità della persona,... Allo stesso modo è sempre in progressione il desiderio dell'uomo di sapere. Ma perché oggi dovrebbe essere ancora proposto Gesù di Nazareth? E lui nel nostro hic et nunc, cos'ha ancora da proporre? Ha ancora senso oggi proporre Gesù e lui ha ancora la sua proposta di vita da fare all'uomo, ma nella misura in cui noi non siamo un popolo impregnato di religiosità, ma un popolo di fede. Altrimenti la nostra indifferenza di fronte alla sua presenza ci porterà a vivere come se lui non ci fosse. E di fronte alla nostra non disponibilità e chiusura, lui non avrà nulla da proporci, o meglio noi ignoreremo la sua proposta. Noi sin da bambini siamo stati abituati a seguire prescrizioni e tradizioni che ci sono state tramandate e che a nostra volta continuiamo a trasmettere così come a noi sono state insegnate. Ma, ad opera di questo secolare passaparola, spesso purtroppo ci sono stati trasmessi dei falsi messaggi, nei quali continuiamo più o meno consapevolmente a perseverare. Ci ritroviamo così ad essere realmente uomini religiosi, attenti al culto, ma ci illudiamo di essere uomini di fede. Ci preoccupiamo persino di incensare la divinità, ma non ci preoccupiamo di conoscerla. Ma riusciamo a renderci conto che con questa forma mentis per noi "divinità" può essere anche il perderci dietro a un concerto fino a notte inoltrata? O per noi "divinità" può essere il costruire cattedrali? O qualsiasi altra cosa? Finora forse non abbiamo mai riflettuto su ciò e, di conseguenza, abbiamo ancora da comprendere molto di ciò che facciamo solo per culto, per prescrizione o per tradizione. A questo punto è un “fortuna” che i nostri giovani non credano più nelle nostre tradizioni! Svegliamoci dal sonno! Continuiamo questa riflessione intrapresa. Se qualcuno ci chiedesse “cos’è la fede?” noi saremmo in grado di rispondere a questa domanda? La fede è un dono, però se in noi c'è la ricerca di Dio e il desiderio di conoscerlo. Dio si è rivelato, perciò la fede è un dono, una virtù teologale, ma è necessaria da parte nostra apertura per riscoprire e far emergere quella verità che già è in noi. A questo punto potrebbe sorgerci un dubbio legato a ciò che finora ci è stato insegnato. Potremmo essere tentati dal pensare  che la fede sia un farmaco per superare i momenti difficili, sia un palliativo. E invece no. La fede è lotta. La fede è lotta in quanto noi crediamo in una umanità diversa. Noi abbiamo conoscenza che esiste una realtà diversa e lottiamo affinché si realizzi pienamente questa verità. Però dobbiamo conoscerla questa verità. Quando c'è una processione sono tutti fan di qualcuno. Ma su quel territorio chi sta lottando affinché qualcuno viva sull'esempio di quei personaggi che hanno dei fan? Troppo spesso noi ci accontentiamo solamente di conservare una tradizione relativa ad alcuni personaggi. Poi, come recita l’antico proverbio, “fatta la festa, campato lu santo”. Ma noi viviamo per questi personaggi? Se non viviamo per questi personaggi, evidentemente è perché non li consideriamo per noi esempi di lotta per la ricostruzione della nuova umanità. Attraverso chi cambia la cultura? Noi cristiani crediamo nei miracoli. Ma lo sappiamo che i miracoli li facciamo noi? Lo sappiamo che siamo noi coloro che sono abilitati a fare i miracoli nella nostra contemporaneità? Ci sono tanti poveri in attesa che qualcuno prenda loro la mano. Noi possiamo fare il miracolo. Dove si incontra Dio? Dove si trova? Nell'uomo stesso. Perché l'uomo è a “immagine e somiglianza di Dio”. Ognuno di noi dà la possibilità all'altro di sentirsi realizzato. Se io vado verso il mio fratello, se gli vado incontro, non sto facendo un favore io a lui, ma sta facendo un favore lui a me, perché l’esistenza, la presenza, la prossimità e la relazione con il mio fratello, mi ricorda la mia preziosità: io sono a “immagine e somiglianza di Dio”. Diceva San Vincenzo de Lellis: «Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, corri da lui. Il Dio che lasci è meno sicuro del Dio che trovi». È l’altro il Dio che tu cerchi.

 

di Don Salvatore Rinaldi

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 10 Ottobre 2016

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