Abbiamo già avuto occasione in questi giorni di iniziare a meditare sul significato dell’Avvento, del risveglio. E il cammino continua con questa seconda domenica . Ogni domenica, infatti, abbiamo la forza di rispondere a un atto di volontà e di libertà: “Voglio andare nell’aula liturgica!
Voglio, perché ho bisogno di riacquistare l’attenzione necessaria sul mio vivere! Ho bisogno di sapere chi sono e quindi ecco perché mi affretto a occupare un posto in un’aula! E come ho fatto quando ero un ragazzino delle scuole elementari, poi medie, poi superiori e dei corsi universitari - per chi li ha frequentati - quando cioè sono stato attento a cogliere il messaggio per imparare l’atto specifico per poter esercitare nel domani una professione, nell’aula liturgica invece mi reco per imparare a vivere”. Abbiamo bisogno di un maestro che ci dia la possibilità di imparare a vivere e chi più del Dio fatto uomo, che, come abbiamo potuto scoprire domenica scorsa, può spiegare all’uomo chi è l’uomo? Dio ci ha voluti a Sua immagine e somiglianza, a tal punto che nell’aula liturgica abbiamo ascoltato che non c’è nessun uomo privo di dignità. Ebbene in questa seconda domenica d’Avvento l’aula liturgica ci ha visto ancora presenti e interessati e ci ha permesso di scoprire un altro motivo del perché noi siamo in questo mondo. Sì, c’è un perché. Noi non solo siamo venuti al mondo, ma siamo venuti per amore e questo già è qualcosa di molto importante che dobbiamo ancora scoprire. «Se anche tua madre e tuo padre non sanno dare un significato del perché ti hanno messo al mondo, tu, uomo, ricordati che ti ho creato per essere per sempre». È questo “per sempre” che ancora non abbiamo compreso. È di questo “per sempre” che ognuno di noi non ha ancora percepito l’importanza. Se qualcuno di noi dovesse chiedere a se stesso “tu chi sei”, dovrebbe rispondersi “io sono una persona per sempre, non sono stato fatto per nascere, crescere, moltiplicarmi e morire, ma sono fatto per sempre”. Anche in questa seconda domenica d’Avvento ci è stato proclamato il Vangelo e noi lo abbiamo ascoltato. Ma che cos’è il Vangelo? È la buona notizia sulla Vita, della Vita, alla Vita e sono 2000 anni che ci viene data la possibilità di avere la notizia della Vita, sulla Vita e alla Vita, e sono 2000 anni che decidiamo di non avere la buona notizia sulla Vita. Eppure ogni domenica nell’aula liturgica continuiamo ad ascoltare insegnanti stupendi, come in questa seconda domenica Isaia, Paolo e Matteo. Questi insegnanti ci prendono per mano e ci fanno comprendere che il tempo che abbiamo, che stiamo vivendo, è un dono. Perché vogliamo spenderlo vivendo alla giornata, sapendo che siamo “per sempre”? Perché vogliamo che questo tempo non abbia senso quando sappiamo che invece tutto quello che facciamo oggi rimarrà “per sempre”, anzi persino sappiamo che avremo un corpo trasformato per vivere in una realtà terrena trasformata? Purtroppo spesso siamo distratti e “addormentati” e chissà quale orologio ci soffermiamo a fissare mentre ci viene proclamata la Parola di Dio, che non ascoltiamo. Ebbene quella Parola ci dice che Dio è venuto per essere con noi, anche su quelle strade che quotidianamente calpestiamo, per essere con noi affinché possiamo godere già da oggi ciò che saremo per sempre. Chi di noi sta godendo già da oggi ciò che saremo per sempre? Questo è l’interrogativo che dobbiamo porci, è questo il metro che ci aiuta a capire che Dio è con noi. Continuo questa “meditazione” con una riflessione. Credete che il negativo possa avere il sopravvento? È impossibile, perché Dio non permetterà che una cosa negativa possa avere il sopravvento. Cosa fare allora? Pregare! Dio è capace di cambiare la storia. E allora perché la guerra, il dolore, ecc…? Pregare Dio perché Lui cambierà la storia è vero. Ma Dio ha i suoi tempi, non ha il nostro tempo e le nostre limitazioni. Le cose cambiano, ma desideriamo realmente che oggi cambi qualcosa? Se lo desideriamo, iniziamo ogni giorno con la certezza che l’Eterno è entrato nel nostro presente? Dio è con noi e siamo noi che possiamo cambiare! Da oggi viviamo con questa certezza. Dio è con noi e noi da oggi possiamo cambiare quelle situazioni che vorremmo che Dio cambiasse. Non vogliamo guardare più un orologio, ma vogliamo far sì che queste Parole siano inserite nel quaderno del dettato che la Parola di Dio ci offre come possibilità di imparare che la nostra vita sia vissuta. Ma questa seconda domenica d’Avvento è ricca di stimoli e la Parola di Dio ci porta a soffermarci anche su un’ulteriore importante riflessione. Esiste diversità tra coloro che sono vuoti e coloro che sono pieni della Rivelazione di Dio? Siamo consapevoli che vivere senza Gesù Cristo è possibile. In noi, a differenza degli altri, c’è solo una consapevolezza: la presenza di una Persona viva in mezzo a noi. Attraverso la Parola, Lui ci parla e, attraverso l’Eucarestia, Lui è in mezzo a noi. Gesù ci propone: «Tu farai cose più grandi di me». Se ci rendiamo disponibili all’azione della Sua grazia in noi, può accaderci ogni giorno ciò che Gesù fece pregustare a Pietro e Giacomo nel giorno della Trasfigurazione, quando dissero «Che bello Signore, vorremmo restare qui». Gesù ci esorta: «Andate da tutte le etnie e portate loro il messaggio della Nuova Umanità. Siate testimoni». Sappiamo bene però che nel momento in cui vivremo in pieno questa Parola, troveremo tanta difficoltà. E ciò perché la maggior parte delle persone vivono credendo di non aver bisogno della Nuova Umanità. Se prima la ricerca del trascendente avveniva attraverso la creazione di immagini, oggi avviene attraverso il rifugiarsi in delle filosofie. Poniamoci questa domanda: noi oggi stiamo effettivamente eliminando quelle statue che «hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non odono, hanno piedi ma non vengono verso di noi» e ci stiamo concentrando nel rapporto con una Persona che è in mezzo a noi: Gesù di Nazareth? Relazione con Gesù di Nazareth significa riconoscerlo in un periodo storico in cui è vissuto, stando anche dietro a delle culture (come Qumran o la scuola di Giovanni il Battista). Questa storicità fornisce maggiore forza a ciò in cui noi crediamo: cioè che Gesù è stato mandato da Dio. La differenza tra noi e coloro che non conoscono Gesù risiede nella consapevolezza che tutto ciò che facciamo rientra in un progetto. Attraverso ciò che costruiamo giorno per giorno ci è possibile rispondere alle domande “da dove veniamo” e “come vivere” e acquisire la convinzione che noi siamo per sempre. La risposta a queste domande e l’acquisizione di questa convinzione ci vengono fornite solo se ci poniamo non come individui chiusi, ma con l’apertura alla relazione propria della comunità. In tal modo, anche quando intorno a noi c’è confusione, noi non potremmo mai perderci, perché in noi è insita la speranza. La nostra vita è un vegliare tra nostalgia e desiderio, tra già e non ancora.
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 5 dicembre 2016
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