Il tempo

Il “tempo”, è lui che ti porta via l’infanzia spensierata, la giovinezza felice, la maturità operosa e, lentamente, ti demolisce e ti ruba la salute. Ogni giorno, pur verificando che la tua saggezza aumenta, ti accorgi di perdere velocità e, forse, staticità.

Queste sono le vere perdite. Lui è il vero ladro. È la visione cristiana del tempo che supera pienamente, senza residui, la concezione ciclica in favore di una concezione lineare che percorre tutta la storia, dagli inizi (cfr. Gen 1,1) fino alla sua conclusione quando il processo inaugurato da Cristo approderà al suo momento culminante e definitivo nei «cieli nuovi e terra nuova» (Ap 21, 1). Vivere una relazione che sperimenta nel tempo, attraverso l’eterno miracolo dell’amore, un viaggio dove ci si muove per raggiungere il fine ultimo è la meta di ogni uomo e di ogni donna. Il tempo ci è donato da Dio. Il tempo appartiene a Dio. Il tempo donato ci prepara a un “oltre” che è già e non ancora. Ognuno impari ad amministrare il tempo, dono di Dio, facendolo fruttificare e capitalizzando in esso i doni ricevuti. Ciascuno aiuti l’altro nell’impresa di vivere. Il tempo non è una dimensione neutra e indistinta; ha una propria dinamicità. Spesso il pensiero ci porta al passato con le sue ombre e le sue miserie, ma è il tempo presente, tempo di grazia, che va vissuto. Diventa essenziale, allora, riscoprire la grazia che nel tempo ci viene offerta, coglierla, accoglierla. Trasformare il tempo “assente” in tempo presente, “tempo forte” perché tempo di incontro, di dialogo, di collaborazione, di convivialità nelle differenze; tempo da usare per costruire insieme; per guardarsi in profondità, per interrogarsi, per vivere davvero. Tutto è vanità … è un inseguire il vento. Ma se tutto è vanità perché affannarsi? L’uomo si affatica per ricavare un profitto dai tempi che quotidianamente vive. Vuol gestire il tempo a tutti i costi. E, proprio perché vuol gestire il proprio tempo, la propria storia, la propria realtà, tutto gli sfugge. Il tempo, l’incontro, non va previsto, calcolato, premeditato, ma scoperto nel suo valore attraverso la gratuità della relazione. Il sapiente del Qohèlet ci invita ad essere veri, relazionali, gratuiti. Il tempo è un’opportunità che qualcun Altro, fuori del tempo, ci dona. Ogni istante è un kairos, un momento opportuno per incontrare l’aldilà, l’eternità. L’uomo deve considerare il tempo come un insieme di karoi, di momenti opportuni per fare le cose opportune per quel momento, secondo il progetto divino. Dio ha dato agli uomini il compito di cercare, di capire, di indagare, di esplorare il senso della vita e della realtà. L’uomo ha il compito di cercare, che non significa necessariamente capire, con la pretesa di voler comprendere sempre tutto. Il nostro tempo è piatto, non perché non abbiamo delle novità, ma perché non sappiamo più incontrare e incontrarci, gustare, in modo giusto e opportuno, l’incontro con le persone e le cose. Per il sapiente biblico non è importante conoscere la data ma la qualità degli eventi. Se il nostro tempo è finalizzato a capire, a cercare, a esplorare, riusciremo a scoprire perché Dio «ha fatto bella ogni cosa al tempo opportuno». Tempo donato da Dio, dunque, che ha davvero un senso. Senso che ci porterà all’incontro con Lui, con gli uomini, con la storia, con tutte le cose belle che ci avvicinano all’altro. Abbiamo la frenesia di anticipare il futuro, la debolezza nel far memoria del passato, l’atteggiamento consumistico nei confronti del presente. Credo che dovremmo fermarci per prendere in mano la nostra realtà attuale che è già sintesi di ciò che siamo stati e che contiene in germe ciò che saremo. È questa la vita reale: ciò che siamo ora! Dobbiamo leggere la vita come un’esperienza da assumere in pienezza. Non è semplice ma neanche impossibile. Non basta sperimentare vicende, eventi, incontri. Quante persone hanno un’esistenza ricca di esperienze eppure rimangono vane ed inconsistenti! È necessario elaborare, giudicare, vagliare in profondità ciò che si vive per coglierne il succo vero e, con questa energia, cercare di individuare un compito, una missione, una vocazione, un senso. Vivere significa sempre lanciarsi avanti, verso qualcosa di superiore, verso la perfezione. Lanciarsi e … cercare di arrivare.

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 2 Gennaio 2017

Scrivi commento

Commenti: 0