Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà

L’Apostolo San Paolo si rivolge ai cristiani di Corinto per incoraggiarli a essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si trovano nel bisogno. Invito, rivolto anche a noi fedeli nell’attuale situazione di crisi che sta provocando tanto male e tanto disagio.

Urge in noi un cambiamento di stile di vita. Tale crisi, pur negativa, può capovolgersi in un’opportunità positiva di cambiamento, può aprire il nostro cuore ai bisogni degli uomini, soprattutto quelli che vivono vicino a noi, e determinare nella nostra esistenza un passo di vita, meno impacciato da tanti pesi che condizionano le nostre ore quotidiane. Durante questi ultimi anni abbiamo assistito a una serie dolorosissima di fallimenti di tante piccole imprese della nostra provincia e anni di lavoro, di creatività e di speranza sembrano andare in fumo in un attimo, con la conseguente perdita di posti di lavoro. L’impoverimento grave di tante famiglie, il risvolto tragico di divisioni all’interno delle famiglie, di crisi personali, stanno causando una sofferenza umana e sociale enorme, e un numero sempre maggiore di famiglie conosce la povertà economica. Aumenta l’incertezza e diminuisce la speranza nel futuro, specie tra le giovani generazioni. Si sperimenta una terribile interazione tra povertà sociale e povertà morale. Quando manca la speranza, le difficoltà di rapporto sembrano insormontabili. I fallimenti delle relazioni matrimoniali, causati talvolta dall’ansia per il lavoro e per il mantenimento dei figli, generano solitudine e condizioni insostenibili per coloro che non possono più permettersi un alloggio decente o non riescono più a coprire le proprie spese di utenza o sanitarie. L’origine principale della povertà è la solitudine, l’allentamento di quei legami familiari, di quella rete di amicizie e appartenenze che hanno fatto e fanno il nostro tessuto sociale. Oggi può diventare povero chi ha in casa un malato cronico da curare; chi perde il lavoro a cinquant’anni per un’improvvisa crisi aziendale; chi si ritrova anziano e solo senza una pensione adeguata. Nascono, poi, nuove povertà, causate spesso dal desiderio di dimenticare la propria situazione di indigenza e si cercano risposte nel gioco d’azzardo, che costituisce oggi una vera e propria piaga sociale che annichilisce le persone, trascinandole in un gorgo senza fondo, e pregiudica spesso la tenuta delle relazioni familiari e il lavoro. Aumentano le altre dipendenze, provocate dal consumo di stupefacenti. Papa Francesco nel Messaggio di Quaresima 2014 dice: «Lo scopo di farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice San Paolo – “... perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9). Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a lui in ogni momento». Se noi vogliamo oggi ripartire, dobbiamo coniugare creativamente la ripresa del lavoro con l’attenzione a tutto l’immenso disagio, che implica inevitabilmente una maggiore sobrietà nel vivere. C’è un lato luminoso della povertà, che coincide con l’opportunità di riscoprire ciò che è essenziale, di chiedersi cosa può davvero soddisfare il nostro bisogno. Una povertà che coincide anche col nostro accettare di diventare meno attaccati e dipendenti dai beni materiali. Di imparare dai poveri e, nello stesso tempo, in questo modo, di diventare più capaci di curvarci su di essi, modificando i profili della nostra esistenza. «Tutti siamo chiamati a essere poveri – afferma il Papa –, a spogliarci di noi stessi [...]. Spogliarsi di ogni mondanità spirituale, che è una tentazione per tutti; spogliarsi di ogni azione che non è per Dio, non è di Dio; dalla paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, specialmente dei più poveri, bisognosi, lontani» (Papa Francesco, 4 ottobre 2013). Oliviero, in Avvenire del 7 novembre 2013, scrive: «Le rinunce a cui costringe la crisi ci aiutano a riscoprire il valore dell’amicizia, dell’amore, dell’altruismo e chi ha più autorità, più si deve impegnare nella cura». Oggi siamo arrivati al punto che non sappiamo più godere delle cose per l’ansia di sempre nuove risposte. Vogliamo nuovi viaggi, nuovi giochi, nuove tecnologie, nuove occasioni di vacanza. Cresce la nostra dipendenza dalle cose, ne diventiamo schiavi. Papa Francesco nel Messaggio di Quaresima 2014 dice: «La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire gli altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dall’elemosina che non costa e non duole». Quindi guardarci intorno e riprendere le relazioni con chi ci è vicino, essere presenti nei momenti più importanti della vita degli altri, come le nascite, le malattie, le morti. Curvarsi sugli altri, perché le nostre vite sono legate. Aiutare gli altri ad avere speranza, a non sentirsi soli, a sapere che in caso di necessità ci sono altre persone con cui condividere le proprie fatiche. Vi è una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo. «Per tutti – ha scritto Papa Francesco –, anche per la nostra società che dà segni di stanchezza, se vogliamo salvarci dal naufragio, è necessario seguire la via della povertà, che non è la miseria – questa è da combattere -, ma è il saper condividere, l’essere più solidali con chi è bisognoso, il fidarci più di Dio e meno delle nostre forze umane» (Papa Francesco, 4 ottobre 2013). Papa Francesco conclude il suo Messaggio della Quaresima 2014 con queste parole: «Lo Spirito Santo, grazie al quale – (siamo) come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto (2Cor 6,10) -, sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia».

 

 di Don Salvatore Rinaldi

 

Articolo pubblicato su “Primo Piano” di lunedì 16 Gennaio 2017

 

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