Quaresima: occasione di incontro

La libertà costituisce certamente una delle sfide poste oggi dalla questione antropologica. Essa si trova allo snodo di scelte e comportamenti che riguardano la scienza, l’economia, la vita sociale. Alcuni scienziati e filosofi sostengono che il comportamento umano sia regolato dai geni e dall’ambiente esterno, di conseguenza non c’è spazio per la libertà.

L’uomo non è completamente assorbito dalla natura e ha una superiore invincibilità nei suoi confronti, infatti all’origine del nostro esserci c’è Dio stesso. Dunque le radici della libertà umana sono teologiche, nel cuore stesso della persona, creata da Dio al quale essa deve rispondere. «L’uomo non è il prodotto della natura, ma un “tu” di fronte a Dio, suscitato dal suo amore». Di conseguenza: «La libertà dell’uomo è una libertà dipendente dalla verità sul bene» (Carlo Caffarra). La libertà che può anche porsi contro la verità circa il bene dell’uomo; è quello che avviene con il male morale, quando l’esercizio della libertà nega la verità sul bene conosciuto con la ragione. Deve essere invece la verità sul bene della persona a guidare la libertà. Usando la libertà per fare il male morale si finisce per negare la verità sul bene dell’uomo. «Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono», osserva l’Enciclica Fides et Ratio (n. 90). Nella visione cristiana la libertà, “incatenata” dal peccato, viene liberata dall’atto redentivo di Gesù Cristo che libera l’uomo dall’errore sul vero bene dell’uomo e «dona all’uomo il suo stesso Spirito che inclina l’uomo a scegliere spontaneamente quanto è condannato dalla legge morale»; alle scelte che l’uomo deve compiere nei vari campi della vita, dall’educazione all’economia, alla vita sociale, alla scienza e alla tecnica. Esse per avere un senso non possono non inquadrarsi nella verità e nel vero bene dell’uomo. “Io esisto”. E dove ha avuto origine questa realtà? La risposta che può dare il sapere scientifico non è risolutiva. Essa spiega come sorge l’individuo in una determinata specie vivente; attraverso quale processo di fusione delle due cellule germinali sorge un individuo appartenente alla specie umana; perché esiste quell’individuo umano che sono io e non piuttosto un altro? L’individualità dell’uomo non è dello stesso grado dell’individualità di una pianta o di un animale. L’uomo è fatto per l’incontro con Dio. Il bisogno, il desiderio di verità presente nell’uomo lo spinge alla ricerca di una risposta ultima alla sua domanda di vero. Egli non si accontenta, come l’esperienza dimostra, di risposte penultime, risposte cioè che a loro volta diventano occasioni o stimoli di nuove domande. Esiste nel cuore umano il bisogno e l’invocazione di una Risposta che sia intera e quindi definitiva: questa Risposta non può consistere in una soluzione che l’uomo stesso raggiunge, ma nell’“incontro” che denota un avvenimento che può accadere solo fra le persone, i soggetti che si conoscono e sono liberi. “Incontrarsi” in senso intensamente vero implica una reciproca conoscenza, un disvelarsi nella propria soggettività. La conoscenza reciproca può generare perfino odio reciproco! L’incontro accade quando si pone un reciproco amore: l’amore, infatti, è essenzialmente estatico, fa uscire da sé, poiché è essenzialmente benevolente, vuole il bene dell’altro, ed è essenzialmente unitivo, vuole l’unità con l’amato. Possiamo dire che l’incontro dell’uomo con Dio è l’amicizia fra l’uomo e Dio nella quale Dio si rivela all’uomo e si dona all’uomo, e reciprocamente l’uomo conosce e ama Dio. Le persone non possono essere conosciute comunque: esse devono in qualche modo “lasciarsi conoscere”, devono cioè decidere di rivelarsi, di dirsi. L’amicizia fra Dio e l’uomo allora dipende completamente dalla decisione di Dio di rivelarsi all’uomo, di dirsi all’uomo in un modo immediato e diretto. Dio si è rivelato e ha offerto la sua amicizia all’uomo. Molte volte e in vari modi mediante i profeti nella storia di Israele; nella pienezza dei tempi, assumendo la nostra stessa natura umana e vivendo quindi la nostra stessa condizione umana. Dio è nato da una donna, ha lavorato, gioito e sofferto; ha avuto dimora dentro la cultura di un popolo, il popolo ebreo. La rivelazione che Dio ha fatto di se stesso pienamente in Cristo è la proposta offerta all’uomo dell’amicizia con Dio. Perché l’amicizia con Dio accada, l’uomo deve decidere di accettare la rivelazione – proposta divina. Se Dio ha deciso di offrirsi all’uomo, l’uomo deve liberamente decidere se accettare o meno questa proposta, poiché non si darebbe vera amicizia fra una persona e uno schiavo, fra una persona e un oggetto. Se l’uomo è finalizzato ultimamente all’incontro con Dio, la libertà dimora nella più intima costituzione ontologica, dal momento che questa finalizzazione può realizzarsi solo liberamente. Il nostro io nasce dalla pienezza quando e perché ha coscienza di essere davanti a Dio, dovendosi confrontare con Dio stesso che gli si rivela in Cristo. La nostra libertà è posta dentro al confronto con la libertà di Dio. La libertà umana raggiunge il suo apice nell’atto di fede. Attraverso l’atto di fede l’io dà alla sua esistenza un senso radicale e definitivo. La fede è riconoscere che il rapporto personale con Cristo vivente nella Chiesa è il significato ultimo della vita. O l’uomo accetta di entrare nell’amicizia con Dio che in Cristo gli offre il suo amore, oppure decide di rifiutarsi e imprigionarsi dentro il finito. La libertà umana è la capacità di rispondere alla proposta d’amore fatta da Dio in Cristo. Benedetto XVI domenica 26 febbraio 2012 ha detto: «Gesù proclama che “il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino” (Mc 1,15), annuncia che in Lui accade qualcosa di nuovo: Dio si rivolge all’uomo in modo inaspettato, con una vicinanza unica, concreta, piena di amore; Dio si incarna ed entra nel mondo dell’uomo per prendere su di sé il peccato, per vincere il male e riportare l’uomo nel mondo di Dio. Ma questo annuncio è accompagnato dalla richiesta di corrispondere a un dono così grande. Gesù, infatti, aggiunge: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15); è l’invito ad avere fede in Dio e a convertire ogni giorno la nostra vita alla sua volontà, orientando al bene ogni nostra azione e pensiero. Il tempo di Quaresima è il momento propizio per rinnovare e rendere più saldo il nostro rapporto con Dio, attraverso la preghiera quotidiana, i gesti di penitenza, le opere di fraterna carità».

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

Articolo pubblicato su “Primo Piano” di lunedì 13 Marzo 2017

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