Quaresima: chiamati alla corresponsabilità

«I cristiani, come tutti gli uomini, sono chiamati ad accogliere la diversità, ad assumere la complessità e l’altro non è l’inferno, ma la sola salvezza che abbiamo e la nostra unica occasione di comunione» (Enzo Bianchi, Cristiani nella società).

Proprio nella comunione con gli altri il cristiano vive il rischio della scelta come atto di libertà, cammino del senso, ricerca continua e rinnovata giorno per giorno in singoli gesti di responsabilità. È questa la “buona novella”, la sola risposta che offre direzione, finalità e significato al vivere umano. Oggi la nostra incapacità nel render conto di “chi siamo”, in una stagione in cui siamo chiamati al confronto diretto e al dialogo con altre identità religiose e morali, deriva da una patologia della nostra fede e della nostra carità, non da un’incapacità di linguaggio su Dio e su Cristo. Pertanto il cristianesimo è un modo di vivere nella storia e nel mondo, ed è un tentativo di spiegazione dell’esistenza e un’offerta di senso, ed è l’ unico annuncio di una speranza e di una salvezza per tutti. Per i cristiani questo significa aver ricevuto compiti chiari e netti: è nella solidarietà con gli uomini, con il mondo, che i cristiani si santificano, ed è nella loro vita, nel loro corpo e nella loro prassi quotidiana che compiono il sacrificio autentico abolendo ogni separazione tra culto e vita. Questo è l’esito della croce vista come culto e San Paolo ci ricorda: «Vi esorto a offrire i vostri corpi in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1). Si tratta di fare la volontà di Dio praticando la solidarietà con gli uomini, vivendo la condizione umana fino in fondo, non una divisione dagli uomini. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), è in questa prospettiva della vita che si comprende lo spirito del cristianesimo. Esso prepara la coscienza di ogni credente a scoprire che anche lui, come tutti gli altri uomini, è in grado di diventare figlio di Dio Padre mediante la fede nel figlio suo. Un tale evento, una tale trasformazione dell’essere, non può non avere conseguenze sul piano sociale, vale a dire negli atteggiamenti che il battezzato assume nella vita quotidiana, dal momento che egli vede in ogni uomo il proprio fratello, chiamato come lui alla stessa grazia. Il cristianesimo è chiamato alla corresponsabilità e tale corresponsabilità è radicata nella consacrazione battesimale per concretizzarsi nella missione evangelizzatrice. La corresponsabilità non è un aiuto ai pastori, ma un’espressione della vita cristiana, che trova lungo e forma principalmente non nella cooperazione ai compiti pastorali intra-ecclesiali, ma in forza piuttosto della loro concreta vita cristiana, secondo la vocazione e lo stato di ognuno. È la cosiddetta “indole secolare”. È all’interno di questo orizzonte che si giustifica quella responsabilità condivisa per il Vangelo che può implicare anche il coinvolgimento attivo nella vita della comunità (dal diritto di parola alla presenza negli organismi ecclesiali). L’indole secolare esprime la forma con cui la costitutiva dimensione secolare della Chiesa si realizza nella vita della maggior parte dei fedeli: «Cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio» (Lumen Gentium, 31). La corresponsabilità va vissuta nella testimonianza attiva senza necessitare di mandati speciali. I fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente ed istituzionalmente il bene comune, che comprende la promozione e la difesa dei beni, quali l’ordine pubblico e la pace, la libertà e l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ambiente, la giustizia e la solidarietà. Quando l’azione politica viene a confrontarsi con i principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia, che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo temine naturale. Ancora, e continuamente, risuonano nelle orecchie le parole di allora: «Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!» (Giovanni Paolo II). Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e avessero concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Tu, uomo in virtù del battesimo, sei consacrato Re, Sacerdote e Profeta per il “già e non ancora”.

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