Al tempo dell’indifferenza, quando la “modernità liquida” baumaniana sembra a tratti aver ceduto il passo addirittura a una “società gassosa”, il Gruppo Scout Agesci Venafro 4 vive la XXXI edizione della Via Crucis Vivente.
«La morte si è illusa di poter imprigionare in un sepolcro il Signore della vita, con quella pietra messa lì, come l’ultimo e definitivo sigillo. Eppure, non c’è peccato che non possa essere perdonato e distrutto; non c’è ferita o piaga che non possa trovare guarigione. La forza del male non potrà più farla da padrona per sempre: viviamo in un mondo troppo spesso in balìa degli astuti e dei prepotenti, degli arroganti e dei superbi. Con la tua morte ci viene rivelata la potenza dell’amore che sola può cambiare la faccia della terra: il Messia umile e mite, il Servo sofferente vincerà la morte. La pietra è rotolata via. Sì, la morte è stata sconfitta una volta per tutte e il suo potere ha i giorni contati. Non abbiate paura, ci dici, e dobbiamo alzare il capo e affrontare con fiducia ogni sacrificio e ogni fatica. Tu ora sei vivo e la morte non potrà più averti per un solo istante nelle sue mani. L’inaudito è divenuto realtà, l’esito del tutto imprevisto pone fine al lutto e al dolore, apre il cuore alla gioia e alla speranza. Signore Gesù, ti affidiamo i nostri occhi e il nostro cuore senza alcun timore, per quest’esistenza che puoi trasfigurare». Queste le parole di don Salvatore Rinaldi, Assistente Ecclesiastico del Gruppo Scout dal 1981, che hanno suggellato la scena della Resurrezione, scena nuova inserita per la prima volta lo scorso anno in occasione della XXX edizione. Ma anche quest’anno per la XXXI edizione, come sempre, non sono mancate novità. Infatti la Via Crucis Vivente cittadina si è mossa inaspettatamente dalla chiesa di San Sebastiano, che per l’occasione è diventato il pretorio. Il pio esercizio ha avuto inizio con l’affermazione: «Siamo parte della terra e la terra fa parte di noi […] Purtroppo l’uomo tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute […] La sua ingordigia divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto». Nella sua prima apparizione Pilato chiede: “Che male ha fatto quest’uomo?”. Nessuno può restare indifferente di fronte alla descrizione della drammatica realtà, dobbiamo “sentirci uniti da una stessa preoccupazione”. Dinanzi a Pilato che si lava le mani il commento breve è stato: «II stazione: Gesù prende la croce. Finché una cosa, una persona servono o mi danno ciò che voglio le uso e intrattengo con esse una relazione. Nel momento in cui questo bisogno non è più soddisfatto vengono scartate ed è questa la cultura dello scarto». A seguito di queste scene innovative si è poi proceduti con lo svolgimento delle altre stazioni fino a culminare con le ultime tradizionalmente su Corso Campano. La tradizione, e la storia in generale, non va mai dimenticata e va sempre letta, ma va letta stando anche al passo coi tempi. È per questo che la tradizione viene sempre riproposta, ma su di essa va ogni anno a innestarsi l’innovazione. Il pio esercizio ha rispettato il percorso di Gesù dal pretorio al calvario proponendo brani evangelici riletti alla luce odierna, percorrendo così contemporaneamente anche la quotidianità dell’uomo di oggi. Questo è un anno particolare in cui i messaggi lanciati durante la Via Crucis cittadina sono in perfetta linea con il Capitolo che i ragazzi Scout più grandi, quelli della Branca R/S, insieme ai loro capi, stanno portando avanti con dedizione e impegno. Il capitolo è il mezzo attraverso il quale i Rover e le Scolte osservano, giudicano e agiscono. Quest’anno il Capitolo è incentrato sulla tematica ambientale, con lo scopo in particolare di sensibilizzare e avvicinare la popolazione alla cura e al rispetto della natura e di tutto ciò che ci circonda. XII stazione: Gesù muore in croce. A questo punto della Via Crucis si è creata un’atmosfera surreale, tra giochi di luci, costumi curati, movimenti studiati, musiche calzanti e voce coinvolgente… Il tutto si stagliava su una scenografia naturale che già di per sé si presta efficacemente, accompagnata poi dal sottofondo della notte e dalla pioggia che scendeva leggera, la quale non è stata affatto d’impedimento per la folla gremita accorsa e rimasta incantata nel guardare la scena che si presentava davanti ai suoi occhi. È stata ripresentata, infatti a questo punto, un’immagine inattesa: Pilato che si lava le mani. Su questa coreografia, l’inconfondibile voce di don Salvatore ha sottolineato che «la terra è la madre di tutti noi e tutto ciò che di buono accade alla terra, accade anche ai figli della terra. Se gli uomini sputassero sulla terra, sputerebbero su se stessi». Ha poi proseguito con parole magistrali di Benedetto XVI: «L’uomo di Nazareth abbandonato lì sulla croce ci porta a dire che credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e nel silenzio ascoltare la Parola e vedere l’amore». La risposta dell’uomo non è altro che toccare la presenza di questo amore. E in quel silenzio della sua morte ascoltare quello che Lui, l’Uomo tra gli uomini, ha rivelato: l’abbandono tra le braccia dell’odore della tenerezza.
Cronaca di un capo scout sulla XXXI edizione della Via Crucis Vivente
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