Ferma il tuo esodo

La redenzione dell’ umanità a opera di Gesú Cristo inizia con una domanda di Dio e con la risposta affermativa di un essere umano, Maria. «La risposta di Maria è la Parola piú decisiva della storia» (Reinhold Schneider) perché Lei ha permesso allo Spirito il miracolo di tutti i miracoli: l’in-carnazione di Dio e la redenzione dell’umanità a opera di quell’Uomo. 

Maria non si tira indietro, accetta dentro di sé l’abitazione di un embrione e Lei, donando la sua corporeità, diviene il luogo dell’incontro tra l’uomo e Dio, perché in Lei la divinità ferma il suo esodo e prende dimora. Maria è la prima rivoluzionaria di Dio che ha dato nuova impronta all’umanità. Ma ciò che significa? Maria ha vissuto la Nuova Umanità assumendo su di sé due missioni: la missione religiosa, attraverso la quale ha permesso la conoscenza dell’Uomo-Dio, «fate quello che vi dirà», e la missione sociale «innalzando gli umili», mostrando a noi come rendersi disponibili al dono di Dio. Maria ci dà l’accesso per Cristo, ma guai se ci fermassimo a Lei, perché è Colei che ci apre la strada, che si pone come una maestra, affinché noi, recandoci alla sua scuola, possiamo imparare come essere Cristificati. Maria ci prende per mano, rallenta il suo passo al ritmo dei nostri passi pesanti, permette a noi di poter riflettere su noi stessi, ci permette, di fare un confronto su come viviamo e su come ci immergiamo nel prototipo dell’uomo Gesú di Nazareth o su quante volte riusciamo a rendere visibile la Nuova Umanità. Se ci mettiamo alla sua scuola, se preghiamo Maria, noi stiamo esprimendo l’intenzione di essere come Lei e dovremmo quasi aver paura di farci vedere alle processioni o con una corona del Rosario in mano o al collo, come l’attuale moda dei giovani, perché implica da parte nostra un impegno. Una statua serve solo per esternare la nostra devozione, per dichiarare di voler imitare, ogni giorno, quotidianamente, quei santi che portiamo sulle spalle. Noi nel momento in cui abbiamo una corona del Rosario in mano stiamo dicendo all’altro: «Guardami, sono la Nuova Umanità, guardami, sono capace di darti speranza». Siamo realmente capaci di dare speranza? Dare speranza significa essere uomini di Dio, che hanno la certezza che tutto è possibile perché per fare i miracoli non bisogna essere santi, ma solo certi dell’amore di Dio, uscendo dal binario della normalità. Assumendo su di noi l’impegno del dare speranza, ci investiamo di una responsabilità che a tratti fa paura, essere evangelizzatori, perché l’evangelizzatore è colui che ha certezza, che ha speranza, che si riveste della Parola quotidianamente, proprio come faceva Maria, per leggere la storia di tutti i giorni. Facciamo attenzione, quindi, a far uscire dalla nostra bocca parole d’amore, messaggi di tenerezza, facciamo attenzione di dire all’altro “grazie di esistere”, e non facciamo in modo che la gente, per evitare i serpenti che escono dalla nostra bocca, giri al primo vicolo pur di non incontrarci. Se noi non siamo Nuova Umanità altro non facciamo che ostacolare coloro che incontriamo, i quali, vorrebbero esserlo, ma non vedono in noi i frutti. Ecco a cosa servono nella vita del cristiano momenti come una novena dedicata a Maria, essi divengono un’occasione per metterci alla scuola, affinché Lei ci insegni a essere certi della presenza di Dio e della certezza che ognuno di noi porta la sua impronta. Maria ci insegna a essere come una mamma che mette al mondo un figlio, il seme entra, esso va accolto con tenerezza, va custodito e difeso per poi allevarlo con sapienza nella vita. Quel seme è proprio la Parola di Dio che Isaia ci descrive come la pioggia che quando scende bagna. Ma facciamo attenzione a non fermarci a Maria, Colei che ci aiuta a sperimentare fin dall’inizio la Chiesa, la nostra Madre nella fede. Maria diviene la strada affinché Gesú di Nazareth possa spiegare a noi il senso dell’umanità, «è Lui il centro del cosmo e della storia, è Lui il centro della fede cristiana, è Lui il compimento delle Scritture e il loro interprete definitivo» (Benedetto XVI, Omelia, Santa Messa di apertura dell’anno della fede, 11 Ottobre 2012). Papa Francesco lo chiarisce bene nell’omelia a Santa Marta del 15 giugno 2015, quando ci dice che l’identità cristiana è un fatto concreto, è la storia di un lungo cammino in cui l’ultima parola di Dio si chiama Gesú e nient’altro. Terminiamo qui queste riflessioni su Maria, in cui la nostra attenzione si è soffermata sulla capacità di questa donna di saper discernere l’annuncio della sua cultura contemporanea e il messaggio di speranza che avrebbe avuto inizio nel suo essere.

 

di Don Salvatore Rinaldi

articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 10 luglio 2017

 

 

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