Ripartire dalle periferie. Diluire i colori, abbattere i muri

Si è svolta a Pianezza (TO) dal 26 al 29 giugno la 67° Settimana nazionale di aggiornamento del Centro di Orientamento Pastorale della Cei, intitolata “Ri-partire dalle periferie. Diluire i colori, abbattere i muri”.  

È stato un intenso susseguirsi di emozioni. Al tavolo dei relatori si sono alternati relatori del calibro di don Luigi Ciotti, Mauro Magatti, Ernesto Olivero, don Carmelo La Magra, Mons. Giuseppe Ghiberti, don Domenico Ricca,… Don Antonio Mastantuono, molisano di Larino e Vicepresidente del COP, in apertura dei lavori si è focalizzato sul concetto di periferia: «Qual è il centro rispetto al quale esiste una periferia? È la Chiesa chiamata a “decentrarsi”, “uscire” verso le periferie? Nel linguaggio sociologico troviamo da una parte dei centri di attrazione dove si raggruppano attori di primi piano, ricchezza, informazioni, creatività, ricerca, capacità di decisione e dall’altra parte spazi (le periferie) meno dotati, poco capaci di dare impulsi, luoghi di in cui sono relegati coloro che non trovano spazio altrove. Nel linguaggio del Papa le periferie non possono essere opposte ad un centro, che sarà un polo di creatività. Al contrario nel pensiero del Papa, l’altro della periferia (il centro) è esso stesso uno spazio segnato da tratti di morte. […] Possiamo affermare che il senso di periferia si allarga a tutto ciò che genera un allontanamento da Cristo, materiale, intellettuale e spirituale. Infatti il termine viene impiegato per denominare spazi o ambienti esistenziali che sono lontani fisicamente (centro-periferia), economicamente (poveri nella periferia) o spiritualmente (allontanamento da Cristo). Alla luce di tutto ciò le periferie (geografiche ed esistenziali) del nostro secolo non solo interpellano la Chiesa, ma la chiamano a raccogliere le loro sfide. «È già avvenuto nel secolo precedente, e adesso succede in modo ancora più intenso – sostiene il professor Mastantuono – La nostra Chiesa – si domanda – è, forse oggi, meno attenta ai quartieri abbandonati? È meno sensibile alle persone che vivono per l’intera esistenza abbandonati e ai luoghi dove ai loro figli spetta lo stesso futuro? Come mostra papa Francesco, non si può dire che non ci sia, nella Chiesa cattolica, la consapevolezza acuta della sfida rivolta dai mondi di periferia. Fin dall’inizio del suo pontificato, il Santo Padre ci ha indicato il tema dell’attenzione alle periferie, una scelta che rappresenta il passaggio storico del cristianesimo del XXI secolo». Ed ecco che la 67° Settimana Nazionale di Aggiornamento Pastorale «accoglie la sfida di “andare nelle periferie” come segno della Chiesa che esce da se stessa; si propone di rinforzare i percorsi che esprimono già tale scelta e, se possibile, di individuarne dei nuovi. Ciò significa realizzare comunità cristiane che, con il Vangelo alla mano, facciano rinascere la Chiesa dalla prospettiva degli ultimi, luogo privilegiato del vissuto umano ed ecclesiale». Nell’intervista di Filippo Rizzi a Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina e Presidente del COP, pubblicata su Avvenire il 25 giugno, Sua Eccellenza afferma: «Spero che questo convegno ci stimoli non solo a metterci sempre più in sintonia con parole tanto care al magistero di Francesco come “sinodalità”, “Chiesa in uscita” o ancora “periferie geografiche ed esistenziali” ma che questi termini non rimangano solo degli slogan ma che ci mettano in reale comunione con il vissuto concreto della nostra gente di parrocchia e dei nostri consigli pastorali […] Non a caso infatti il COP ha scelto questa metropoli con i suoi quartieri estremi e “difficili” racconta meglio di altri tante povertà e tante emergenze sociali». E non a caso interlocutori privilegiati del convegno sono stati don Luigi Ciotti, presidente di “Libera”, il salesiano don Domenico Ricca, cappellano del carcere minorile “Ferrante Aporti” e il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero. «Si tratta in un certo senso di personaggi simbolo della città – continua Mons. Sigaliani – e scelti non a caso proprio per affrontare questioni nodali come la legalità, l’attenzione alla pace e al Terzo Mondo, la giustizia sociale e non da ultimo ci piacerebbe sensibilizzare i partecipanti su un tema scottante come il carcere e di quanto la comunità ecclesiale debba essere il primo motore di un vero reinserimento sociale e dignitoso di tante persone che escono dai penitenziari proprio per essere una vera “Chiesa in uscita”». L’auspicio del Vescovo di Palestrina è che questo evento contribuisca «ad abbattere tanti muri e a creare ponti di dialogo tra universi di fede spesso percepiti come “lontani” e non in comunicazione tra loro». Da qui la scelta di dedicare una sessione di confronto con la testimonianza proveniente da un luogo di periferia come Lampedusa attraverso la voce di uno dei suoi sacerdoti simbolo come don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa. «Ci è sembrato bello coinvolgere in questa “Settimana” – prosegue il Presidente del COP – anche un biblista del rango di monsignor Giuseppe Ghiberti per spiegare il senso più profondo di un Dio che attraverso la Sacra Scrittura parla ai lontani e si incrocia con volti e storie spesso che ricercano come il “giovane ricco” l’incontro salvifico con Gesù». A conclusione dell’intervista Domenico Sigalini dichiara: «Credo che anche l’intuizione di Francesco di indicarci, proprio nei giorni scorsi, come modelli figure di rottura come don Milani e don Mazzolari ci spinga a scuotere le nostre coscienze e a ripensare la nostra vita di fede. Il mio augurio è che questo convegno ci aiuti a rimodellarci nel solco anche di questi due sacerdoti perché solo i profeti “rompono gli argini” e ci indicano nuove strade anche per rinnovare il nostro stile di testimonianza cristiana». E proprio su questa scia si è posto il mio intervento, che ha rappresentato la nostra Diocesi e l'intero Sud Italia al convegno di Torino, esattamente alla tavola rotonda 29 giugno moderata dal Direttore del Centro Studi e Documentazione della Diocesi di Torino don Giovanni Villata, che ha dato vita a un confronto concreto tra realtà di periferie geografiche ed esistenziali, del nord, rappresentate dal parroco di Nichelino (TO) don Gianfranco Sivera, del centro, rappresentate da don Marco di Norcia don Marco Rufini e del sud Italia, rappresentate da me. In sintonia con Mons. Sigalini e con Papa Francesco, ho iniziato il mio intervento proprio con don Lorenzo Milani e con la sua espressione a me tanto cara “I care”, che si traduce “m’importa, m’interessa, mi sta a cuore”».  Non è questa la sede adatta per riportare in mio intervento, ma termino con la stessa frase con cui ho concluso anche a Tornino, una frase del carissimo don Primo Mazzolari: «L’umanità non ci abbandona mai. Magari siamo forti di fronte al carnefice, ma diventiamo fragili, dei don Abbondio, di fronte al logorio quotidiano o alle minacce di un prepotente: “Qualcuno chiude gli occhi e il cuore”, scrive don Mazzolari. “Qualcuno vuole andare frate. Non so se ci sia un prete che non abbia, qualche volta, sentito la tentazione di andare in convento. Sentirsi intorno una comunità, una vita di preghiera per non vivere nella grande corrente e lontano dalla lotta! Ecco la tentazione di imboscarsi! Battersi senza passione e senza la poesia della lotta in campo aperto! Molti hanno perduto il gusto delle anime! Tanta gente ha paura del campo aperto e se la svigna e se ne va in città. [...] Siamo forti dinanzi agli umili ma spesso siamo fragili di fronte ai prepotenti. Qualcuno chiude gli occhi ed il cuore, molti non si battono con passione e poesia della lotta ed hanno perduto il gusto delle anime». 

 

 

di Don Salvatore Rinaldi

Scrivi commento

Commenti: 0