Giovani prendete il vostro posto nella Chiesa

«Abbiamo bisogno di uomini e donne che rendano Dio credibile in questo mondo», queste le parole, pronunciate dal card. Joseph Ratzinger il 1° 2005 aprile a Subiaco. Rendere Dio credibile per le persone che vivono nella società di oggi è anche l’ambizione di fondo del Progetto culturale orientato in senso cristiano. 

Infatti il Progetto culturale si prefigge l’obiettivo di “rendere più motivata e incisiva la pastorale”, assumendo in modo esplicito il rapporto tra fede e cultura per proporre la fede mediante esperienze e linguaggi significativi nell’odierno contesto culturale. Nel rendere i credenti capaci di misurarsi senza timori con le sfide del nostro tempo e di mostrare, con le loro azioni, che la fede è una scelta plausibile, attuale, perfino bella e capace di dare valore e pienezza alla nostra umanità. Nel Convegno ecclesiale nazionale, tenuto a Verona dell’ottobre 2006, Benedetto XVI ha rilevato la necessità di «allargare gli spazi della nostra razionalità», aprendola alle grandi questioni della verità e dell’etica, «per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza». La Gaudium et spes, al n. 53 afferma che «non è possibile raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura». Giovanni Paolo II diceva: «una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (16.01.82). «La Chiesa sollecita i fedeli laici ad essere presenti, all’insegna del coraggio e della creatività intellettuale, nei posti privilegiati della cultura, quali sono il mondo della scuola e dell’università, gli ambienti della ricerca scientifica e tecnica, i luoghi della creazione artistica e della riflessione umanistica. Tale presenza è destinata non solo al riconoscimento e all’eventuale purificazione degli elementi della cultura esistente criticamente vagliati, ma anche alla loro elevazione mediate le originali ricchezze del Vangelo e della fede cristiana» (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 44). I vescovi, nel marzo 2006, lanciarono l’”Agorà dei giovani italiani”, non si prefiggevano solo di accrescere l’attenzione della comunità nei loro confronti, ma di vederli efficaci protagonisti sulle frontiere delle grandi questioni culturali e sociali. La pastorale giovanile, infatti, non può ridursi a qualcosa che i ragazzi ricevono da alcuni “operatori pastorali” appositamente incaricati. È soprattutto la pastorale “dei” giovani e “con” i giovani, in cui essi stessi sono i primi interpreti. I giovani, con tutta la Chiesa, sono testimoni di Gesù Cristo, speranza dell’uomo. La dimensione educativa della pastorale, aiuta a fare questo salto di qualità: l’educazione infatti non è mai un intervento esterno sulla persona, quanto un intreccio tra l’opera dello Spirito e della grazia, della persona stessa, di chi si pone a fianco per orientare e accompagnare. Da qualche tempo vanno formandosi, in alcune diocesi italiane, gruppi giovanili dedicati all’evangelizzazione dei coetanei e all’evangelizzazione di strada. Si tratta di un segno, a mio parere, molto importante. Abbiamo l’esperienza di alcuni genitori a cui il Vangelo del Signore è giunto attraverso i loro figli, comunità parrocchiali che, grazie ai giovani, acquistano un nuovo dinamismo pastorale. Giovanni Paolo II, nel suo messaggio per la V Giornata Mondiale della Gioventù del 1990, scriveva ai giovani di tutto il mondo: «Prendete il vostro posto nella Chiesa, che non è solo quello di destinatari di cura pastorale, ma soprattutto di protagonisti attivi della sua missione. La Chiesa è vostra, anzi, voi stessi siete la Chiesa». E Benedetto XVI a Colonia ha affidato ai giovani, indicando i santi come veri riformatori, la costruzione di una umanità più giusta, in nome di Gesù Cristo. Non dimentichiamo: ciò che alla Chiesa non può mancare è anche la competenza che proviene dai giovani, dai loro studi, i linguaggi e le capacità relazionali tipiche dell’età, le esperienze di viaggio, incontro, confronto che un numero sempre più elevato di loro sperimenta nel tempo libero o negli scambi culturali, scolastici e professionali. Nessuno come i giovani è a contatto con le idee e le mentalità che si diffondono oggi e che caratterizzeranno ancor più gli anni venturi, nessun altro può meglio riconoscerne i vantaggi e disinnescare i pericoli. Benedetto XVI nel 2008, si rivolse ai giovani con queste domande: «Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete?». Come anche amava ripetere Giovanni Paolo II, ogni uomo dipende dal contesto in cui si trova, ma su di esso anche influisce: «Egli è insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso». Anche i giovani (Fides et ratio n.71).

 

di Don Salvatore Rinaldi

 

 articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 21 Agosto 2017

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