Sono il vivente, non un fantasma

Quando una persona lascia il corpo corruttibile per entrare in pienezza nell’eternità, amici e parenti esprimono solidarietà umana nei confronti della famiglia. “Quello che potevamo fare lo abbiamo fatto” è un pensiero comune al termine di una celebrazione esequiale.

Ma la nostra solidarietà nei confronti di quella famiglia può continuare nel tempo. Nella misura in cui ci sentiremo parte di quella famiglia. Non solo, infatti, si è vincolarti da legami di carne, ma noi abbiamo, per quanto riguarda la vita umana e anche al di là dei legami umani, un’appartenenza particolare (che forse col tempo tendiamo a dimenticare, non essendo abituati più a stare nella casa del Padre) che si chiama “fratelli in Cristo”. Io sono un tuo fratello in Cristo perché tu come me ti sei rivestito di Cristo il giorno del Battesimo. Quel cero pasquale posto accanto a una bara ricorda una verità: noi tutti battezzati abbiamo ricevuto lo Spirito di Cristo; questo ci rende diversi da coloro che non hanno ricevuto lo stesso Spirito. Tutti i battezzati sono tra loro fratelli e si riconoscono tutti nella casa del Padre. Qualcuno si chiede: “che senso ha la vita?”. Se ricordiamo il Battesimo la nostra vita ha un senso, perché non solo ci siamo rivestiti di Cri-sto, ma abbiamo voluto che nella nostra vita quella veste bianca che ci è stata messa il giorno del Battesimo e quella candela che è stata data ai nostri genitori (o meglio ancora ai nostri padrini) rappresentassero Cristo, senso della vita. Poi durante gli anni della nostra formazione, crescendo, non abbiamo fatto altro che scoprire questo senso della vita nuova che avevamo ricevuto il giorno del Battesimo, ma tenendo sempre davanti ai nostri occhi Cristo luce, Cristo senso della vita. Se qualcuno dovesse chiedere a noi: “che senso ha la vita?”, non ci trovi impreparati. Non ci trovi con quel linguaggio solo umano: nascere, crescere finché la nostra corporeità c’è e poi morire. Questo non è il linguaggio dell’uomo rivestito di Cristo; perché l’uomo rivestito di Cristo, durante il suo cammino quotidiano, non fa altro che il pensiero del Cristo sia il suo pensiero e l’agire del Cristo sia il suo agire. E dinanzi a quella domanda: “che senso ha la vita?” colui che è alla sequela di Cristo da una risposta. La vita è la partecipazione all’eternità di mio Padre. Chi di noi all’inizio e a conclusione della giornata ha il coraggio di rivolgersi all’Abbà Padre? Chi di noi è convinto che abbiamo un Padre che, oltre a essere Colui che ci ha messi al mondo e che ha permesso che venissimo maschio o femmina, è un Padre che ci ha lasciato la sua impronta e ci ha fatti per sempre? Il giorno del nostro Battesimo qualcuno ha proferito delle parole che poi nel corso della vita abbiamo sempre tenuto presenti: “Dal giorno del Battesimo che il tuo nome sia scritto nel libro della vita”. E camminiamo da quel giorno nella consapevolezza di essere per sempre. Questa consapevolezza, però, è frutto di un cammino quotidiano con il Vivente. Purtroppo Cristo è per molti solo un personaggio del passato. Come si può trovare un senso alla vita e ai diversi momenti del nostro cammino se Cristo è solo un personaggio del passato e non il Vivente? Molti di noi non hanno un rapporto quotidiano con Dio, se non quello di recitare qualche preghiera o di cercarlo in alcuni momenti particolari, quando nella nostra vita abbiamo personalmente bisogno di qualcosa. Con questi presupposti come si può osare dire: “Dio, dov’eri?”. Non ci si può permettere di chiamare in causa Dio in quei momenti particolari della vita, senza la consapevolezza della presenza quotidiana del Vivente con noi. Chi di noi si alza la mattina con la certezza di una relazione con un “tu” che si chiama Dio e che è capace di parlarci quotidianamente? La pazzia di Dio consiste nel permettere alla sua corporeità di essere una sola carne con la nostra carne. Dio ogni giorno si propone. Allora chi mai potrà dire: “nel mio quotidiano, Dio, dove sei?” . Se non percepiamo la sua presenza, siamo noi che non apriamo la nostra mente e le nostre azioni quando lui si propone, con il suo essere nella nostra vita il Vivente. Quando siamo tentati dal domandarci: “Dio, dove sei?”, dovremmo piuttosto chiederci: “quante volte ho dato la possibilità a lui, con la sua carne, di essere presente nella mia carne?”. Inoltre noi abbiamo l’esperienza degli apostoli. Videro Cristo crocifisso e posto nel sepolcro. Dopo tre giorni una donna disse che lo aveva visto, ma gli apostoli non le credettero. L’evangelista Luca si preoccupa di far crescere la sua comunità raccontando gli avvenimenti dei quaranta giorni dopo la Resurrezione, quando Cristo, il Vivente, si faceva continuamente vedere da Risorto, a tal punto che si permise di dire a Tommaso: “Tommaso, io non sono un fantasma, io ho carne e ossa. Vedi il posto dei chiodi? Metti qui le tue mani”. E non solo, mentre i discepoli tornavano da una pesca, avendo ripreso il loro lavoro comune, ormai delusi dalla morte di Cristo, credettero di vedere un fantasma davanti ai loro occhi e non il Vivente. Invece era proprio lui, Cristo, che si fece trovare sulla spiaggia a cuocere del pesce e invitò i discepoli a mangiarne insieme con lui. San Paolo afferma: “se Cristo non fosse risorto, che senso avrebbe vivere il “Mistero”?”. Durante la Celebrazione Eucaristica, infatti, si celebra la vita, l’opera della creazione, quando cioè Dio disse: “Sia l’uomo, sia la donna”. Vide che era cosa buona e nessuno può distruggere ciò che Dio ha voluto. Noi partecipiamo dell’eternità di Dio, quindi ognuno di noi è scritto nel libro della vita. Comprendere il senso della vita, solo dal nostro cammino quotidiano, non è possibile al di fuori di Cristo. Fuori da Cristo c’è la vita biologica, ma in Cristo c’è l’incontro quotidiano con il Vivente. Se dovessimo credere di finire nel nulla, dovremmo negare quello che siamo. Mai potremo dire che finiremo nel nulla perché la storia l’ha voluta Dio e vide che era cosa buona. E questa storia è per sempre, a tal punto che Dio da duemila anni ha iniziato cieli nuovi e terra nuova (però molti di noi non se ne sono accorti), perché con la morte e Resurrezione di Cristo è iniziata la nuova umanità. Chi di noi si sente partecipe di questa nuova umanità? Iniziamo, se vogliamo, a riappropriarci dell’eternità della vita. E se resta in noi qualche dubbio su cosa è mai la vita, iniziamo ad avere un rapporto con in Vivente.

 

(tratto da un’omelia esequiale nella Concattedrale di Venafro)

 

di Don Salvatore Rinaldi

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