Chi è il Regno?

Pur facendo della venuta del Regno il tema centrale della sua predicazione, Gesù si distingue nettamente da ogni messianismo temporale e politico. Il Regno da lui annunciato è privo di splendore agli occhi del mondo. Lo si scopre solo a prezzo di una profonda conversione interiore.

Occorre nascere dallo Spirito. La via che conduce a questa rinascita è quella delle Beatitudini. Guidandoci in tale cammino, lo Spirito ci libera da tutte le nostre chiusure in noi stessi; ci fa passare, dietro a Cristo, dalle nostre tenebre alla luce del Regno del Figlio diletto: la luce di una comunione senza frontiere col Padre e con tutti gli uomini nostri fratelli.

Il Regno di Dio la cui venuta è proclamata da Gesù è un Regno nascosto agli occhi del mondo: lo sarà sino alla fine dei tempi, benché sia già presente in mezzo a noi. Non è una potenza di questo mondo, non lo sarà mai.

Dagli inizi della sua predicazione, Gesù fa della venuta del Regno di Dio il tema centrale della Buona Novella. Egli si presenta come colui che il Padre invia per realizzare in pienezza il Regno: «Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto» (Mc 1,15). Da questo momento, “i segreti del Regno” sono strettamente legati alla persona di Gesù. Si possono conoscere soltanto aprendosi al mistero della sua persona. L’intelligenza qui non basta. Si entra nell’intimità di una persona solo mediante una relazione di rispetto, di simpatia e di fiducia.

Gli evangelisti riassumono il suo messaggio con queste parole: «Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto» (Mc 1,15). È proprio della comunione pienamente filiale con il Padre che Gesù vede apparire e compiersi il Regno di Dio. In lui, Dio si è unito all’uomo come non era mai accaduto: vi regna in pienezza.

Il Regno è in questa ineffabile comunione. Per lui e in lui, Dio viene nel mondo e con il mondo si riconcilia. Il mondo presente con tutte le sue divisioni, violenze, lacerazioni e lacrime non era quello che Dio aveva voluto in origine. Era il frutto amaro di una deriva umana. L’uomo, confidando in sé stesso, aveva preferito seguire la propria volontà e costruirsi il proprio Regno. Allora gli uomini erano entrati in contrasto gli uni contro gli altri, dato che ogni tribù e ogni popolo voleva dominare sugli altri e imporre il proprio impero. Dio, però, non ha mai rinunciato al suo grande disegno di amore.

Gesù, in una visita a Nazareth, proclama apertamente l’“oggi” del Regno. Con la sua Parola e la sua presenza inaugura il tempo messianico, il mondo nuovo. «Oggi si è adempiuta questa Scrittura per voi che mi ascoltate» (Lc 4,16-21). Oggi, in Gesù si realizza l’effusione dello Spirito. Oggi, con lui inizia questo tempo di grazia. Oggi, con la sua presenza, il Regno di Dio si è fatto vicino.

I farisei chiesero a Gesù: «Quando viene il Regno di Dio, da quale segno si potrà riconoscerlo?». Egli rispose: «Il Regno di Dio non viene in modo che si possa osservare. Nessuno potrà dire: “Eccolo qui”, o: “Eccolo là”, perché il Regno di Dio è già in mezzo a voi» (Lc 17, 20-21).

Il Regno di Dio che Gesù proclama non è da vedere, ma da vivere. Il suo splendore non brilla agli occhi del mondo. Non è uno spettacolo, una manifestazione di potenza. Viene come era stato predetto, ma non nello splendore atteso. Non ha scelto la via degli onori e della potenza. «Gesù Cristo in un’oscurità ... tale che gli storici, scrivendo solo delle cose importanti degli stati, se ne sono appena accorti» (Pascal, Pensieri e altri scritti).

L’accoglienza del Regno presuppone, dunque, uno sguardo nuovo, una nuova sensibilità: in una parola, un cuore nuovo. È riconoscendo le nostre tenebre che ci apriamo alla luce del Regno. «Se uno non è nato dall’alto, non può vedere in Regno di Dio» (Gv 3,3).

Nicodemo chiede: «Come può un uomo nascere se è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?» (Gv 3,4). Nicodemo dà prova qui di una pesantezza di spirito che lo tiene attaccato alla terra. È proprio un figlio della terra, chiuso in un orizzonte terrestre e carnale.

L’uomo nato dalla carne resta chiuso nella prudenza della carne: vuole vedere chiaramente dove va e dove mette il piede. Intende condurre lui stesso la sua vita, secondo le sue vedute in tutta sicurezza. Intende tenere a ogni costo nelle sue mani le redini del suo destino.

La nascita alla vita dello Spirito passa per il mistero della croce: un passaggio obbligato, che segna la rottura totale con ogni sapienza della carne.

Per Gesù, il Regno di Dio è tratta, certo, una sovranità, ma di un diverso ordine di grandezza. È la sovranità di un Amore divino che si offre a tutti gli uomini. Quando questo Amore divino regnerà nei cuori, Dio regnerà sulla terra. E noi saremo veramente il suo Regno.

Gli apostoli chiusi in una concezione del tutto mondana del Regno, in cui speravano di occupare i posti migliori, si sono aperti ai “segreti del Regno” solo a prezzo di una conversione radicale e lacerante che fu, in realtà, una purificazione della fede in Gesù. Fu necessario lo shock della passione e morte del Maestro per scuoterli nelle loro certezze e distruggere la loro speranza troppo umana. Poi vi fu, in questo crollo e in questa notte, la luce abbagliante della Pasqua. Soltanto allora si aprirono gli occhi del loro cuore.

Il Cristo proclama le Beatitudini che pertanto costituiscono la carta del Regno dei cieli. Le Beatitudini evangeliche sono il rifiuto puro e semplice di ogni messianismo politico. Non conducono all’impero. «Il mio Regno non è di questo mondo», dice Gesù a Pilato.

Il Regno è certamente venuto in questo mondo. Non è, però, una grandezza di questo mondo, benché si realizzi fra di noi. Ci si ingannerebbe sul loro senso, se si considerasse-ro come una sorta di programma, come una lista di gesti da realizzare per conquistare il Regno di Dio. Non si conquista il Regno. Lo si accoglie. È un puro dono di Dio. Le Beatitudini ci dicono soltanto come accoglierlo. Né le folle, che seguivano Gesù con l’entusiasmo del momento, né i suoi avversari, che lo trattavano da impostore e da malfattore, sono entrati nei segreti del Regno che egli veniva a rivelare. I discepoli stessi, che riponevano in lui una speranza ancora troppo umana, hanno incominciato a intravedere la grandezza propria del suo Regno solo alla luce dell’esperienza pasquale.

Questa grandezza, infatti, è tale che non può essere percepita senza una conversione radicale del cuore e dello sguardo. Era necessario che tutte le nostre grandezze umane, quelle della nascita, della ricchezza, del potere e della scienza, fossero rifiutate e totalmente assenti nella persona di Gesù, perché si rivelasse nella sua purezza la grandezza propriamente divina del suo Regno.

«Gesù Cristo, senza beni e senza alcuna esteriore manifestazione di scienza, sta nel suo ordine di santità. Non ha fatto scoperte [ordine dell'intelligenza], non ha regnato [alla maniera dei principi temporali: ordine dei corpi]; ma è stato umile, paziente, santo per Dio, terribile per i demoni, senza peccato alcuno. Oh, com'è venuto in gran pompa e magnificenza prodigiosa agli occhi del cuore che vedono la sapienza! [...]. Sarebbe stato inutile per nostro Signore Gesù Cristo venire da re per manifestarsi nel suo Regno di santità; ma egli è ben venuto con tutto lo splendore del suo ordine!» (Pascal, Pensieri e altri scritti).

 

di don Salvatore Rinaldi

Rubrica "Fede e Società"

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