Senza le donne anche la chiesa è sterile

Le donne non amano occupare spazi o lottare per il potere, e le scienze comportamentali ci dicono che quando la competizione si fa più dura preferiscono starne fuori, soprattutto se occupare posti di responsabilità significa essere costantemente oltraggiate e sotto assedio mediatico, per il solo fatto di essere donne. 

Ma proprio per questo c’è bisogno di un nuovo patto sociale tra persone, uomini e donne, di pari dignità, e soprattutto abbiamo bisogno di uomini lungimiranti che sappiano aiutare a creare le condizioni perché un maggior numero di donne possa popolare la sfera pubblica. E popolarla non omologandosi ma potendo dare il proprio originale apporto. Come le poche “madri costituenti” che il giorno in cui fu approvato l’articolo 11 della Costituzione, scesero al centro dell’aula, si presero tutte per mano: senza parole, a dire il dolore infinito delle donne in tutte le guerre del mondo. O come Rosa Park, e i suoi concittadini di Montgomery che per due anni non presero più bus razzisti e andarono a lavoro a piedi. E anche quest’anno l’8 marzo è passato, con il suo sciopero. Ma i problemi delle donne rimangono. L’obiettivo numero 5 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile prevede il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, ponendo fine a ogni discriminazione nei confronti delle donne. Mentre aspettiamo pazientemente il 2030, intanto nel mondo e anche in Italia sta velocemente cambiando la cultura. Sebbene le discriminazioni nei confronti delle donne continuino ad esserci, la reazione dell’opinione pubblica è sempre più forte. La pratica, però, non tiene il passo della cultura: sembra che alle dichiarazioni di intenti e alle prese di coscienza, non seguano gesti concreti, cambiamenti effettivi. I dati sono impietosi: il rapporto 2017 sul cosiddetto “Gender Gap” del World Economic Forum colloca l’Italia all’82º posto su 144 Paesi, in base a un indicatore che misura il divario uomo-donna in ambito economico, politico, nel campo della salute e dell’istruzione. E siamo il 126º Paese per disparità di retribuzione a parità di mansioni lavorative svolte. Non più roseo è l’ultimo rapporto Oil del 7 marzo, che sottolinea come in gran parte del mondo le donne hanno meno possibilità di partecipazione al mercato del lavoro: ogni 10 lavoratori ci sono solo 6 lavoratrici. E che dire delle circa 30.000 dimissioni volontarie in Italia da parte delle donne che hanno lasciato il lavoro a seguito della maternità? Anche a livello politico la rappresentanza femminile continua a rimanere insufficiente: nel sopracitato rapporto sul “Gender Gap” la rappresentatività politica femminile a livello mondiale è al 23%, dove il 100% rappresenterebbe la parità. E su questo indicatore l’Italia, prima delle elezioni, è al 44º posto (sempre su 144 Paesi). Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne, a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la medesima dignità, pongono alla Chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere. Nei Vangeli le donne hanno un ruolo primario, fondamentale. Papa Francesco ha detto: «La donna nella Chiesa non si può limitare al fare la chierichetta o la presidentessa della Caritas, la catechista… No! Deve essere di più, ma profondamente di più, anche misticamente di più. E, con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: “No”. L’ha detto Giovanni Paolo II e con una formulazione definitiva. Quella porta è chiusa ma sul resto voglio aggiungere una cosa: la Madonna Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna, pertanto, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come, è quello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una esplicitazione teologica di questo»(Conferenza stampa durante il volo di ritorno dal viaggio apostolico a Rio de Janeiro in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, 28 giugno 2013). «Le donne hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede e costituiscono una forza quotidiana in una società che la porti avanti e la rinnovi. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità». (Discorso all’incontro con l’episcopato brasiliano, in occasione del viaggio apostolico a Rio de Janeiro per la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, 27 luglio 2013). Particolarmente significativo è il discorso che Francesco pronuncerà il 7 febbraio 2015 alla Plenaria del dicastero della Cultura, incentrata sul tema “Le culture femminili: uguaglianza e differenza”. E’ tempo, afferma il Papa, che le donne «si sentano non ospiti, ma pienamente partecipi dei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale». Questa, ammonisce, «è una sfida non più rinviabile». E mette l’accento sull’urgenza di «offrire spazi alle donne nella vita della Chiesa», favorendo «una presenza femminile più capillare e incisiva nelle comunità» con un maggiore coinvolgimento delle donne «nelle responsabilità pastorali». Allargando lo sguardo alla società, il Papa denuncia la mercificazione del corpo femminile, «le tante forme di schiavitù» a cui si sono sottomese le donne e lancia un appello affinché, per vincere la subordinazione, sia promossa la reciprocità. Sull’argomento torna anche nell’Udienza alla Pontificia Accademia della Vita, il 5 ottobre scorso, quando chiede di ripartire «da una rinnovata cultura dell’identità e della differenza». Critica dunque “l’utopia del neutro”, “la manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale”. Per Francesco, è necessaria «un’alleanza dell’uomo e della donna», chiamata «a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società». Il 31 maggio del 2016 parla delle “donne coraggiose” che ogni giorno donano gioia e riempiono la vita degli altri. Il 9 febbraio dell’anno scorso, sottolinea invece che «senza la donna, non c’è l’armonia nel mondo». È la donna, prosegue, che «porta quell’armonia che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella».

 

di Don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 19 Marzo 2018

Rubrica "Fede e Società"

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