Superare l'apatia: Via Crucis

Domenica 25 marzo si è svolta per le strade di Venafro la XXXII edizione della Via Crucis Vivente cittadina organizzata dal gruppo scout AGESCI Venafro 4. Oggi il panorama culturale in cui viviamo troppo spesso non stimola la curiosità intellettuale e la ricerca esistenziale.

In particolare la mentalità globalizzata del paradigma tecnocratico (cfr. Papa Francesco, Laudato si’, 24 maggio 2015) spinge a risposte esistenziali tendenti verso lo scetticismo. Bisogna sì “saper leggere la storia”, ma non va mai dimenticato che nel Messaggio di Cristo l’eterna novità è già intrinseca, in quanto l’Uomo di Nazareth non è né un fantasma, né un ricordo del passato, ma è vivente e nostro contemporaneo. E questo il gruppo scout AGESCI Venafro 4 lo ha ben compreso. Ciò è dimostrato tra l’altro dalla Via Crucis Vivente cittadina che ogni anno, dal 1986, rivive la strada calpestata da Gesù dal pretorio di Pilato alla collina del Calvario mediante il tradizionale pio esercizio della Via Crucis, appunto, con le classiche XIV stazioni, ma non come semplice ricordo, piuttosto come ascolto di cosa oggi, attraverso la riproposta di quel percorso, Gesù comunica a noi, uomini e donne di Venafro. Quest’anno, dalla lettura del nostro territorio e del momento storico in cui viviamo, è emerso come tema scottante, il problema della scarsità di lavoro, o meglio di un’occupazione dignitosa. «Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr. Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione. […] Camminare è un’arte, perché, se camminiamo sempre in fretta, ci stanchiamo e non possiamo arrivare alla meta. Se ci fermiamo e non camminiamo, neppure arriviamo alla fine. Camminare è proprio l’arte di guardare l’orizzonte, pensare dove io voglio andare, ma anche sopportare la stanchezza del cammino. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. […] E tante volte, il cammino è difficile. Ma pensate sempre a questo: non avere paura dei fallimenti; non avere paura delle cadute. Nell’arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere per terra. Alzarsi presto, subito, e continuare il cammino» (Papa Francesco). Dopo questa premessa, è stata enunciata la I stazione: “Gesù è condannato a morte” e a seguire la II stazione: “Gesù prende la croce”. In queste due stazioni è emerso che «il problema più grave è la dignità. Per questo dobbiamo lavorare e difendere la nostra dignità, che dà il lavoro. Quella del lavoro è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario. È necessario porre la dignità della persona umana al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Al centro c’è la dignità della persona umana! Perché la persona umana è immagine di Dio, è stata creata a immagine di Dio e tutti noi siamo immagine di Dio» (Papa Francesco). Gli attimi più coinvolgenti sono stati quelli delle ultime stazioni, enunciate sul Corso. Le periferie di cui ci parla tanto e spesso Papa Francesco, infatti, possono essere non solo geografiche, ma anche esistenziali. E a volte, come in questo caso, il luogo più periferico rispetto un’aula liturgica propriamente detta, si rivela proprio il “Corso”. I nostri ragazzi scout, escono dalle sacrestie, escono dalle aule liturgiche, escono dalla loro sede, escono allo scoperto nel luogo più centrale della città. Il corso non è certo una chiesa, aula liturgica, eppure è più che mai una chiesa assemblea, popolo, umanità assetata di risposte. E i nostri ragazzi questo lo hanno colto bene, per cui non solo hanno vissuto la Via Crucis Vivente senza vergogna, timore, imbarazzo o disagio, ma anzi si sono sentiti fieri, onorati, orgogliosi e privilegiati nel poter ancora una volta testimoniare la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo. Enunciata la X stazione: “Gesù viene spogliato delle vesti”, i presenti sono stati invitati a riflettere sul fatto che «purtroppo nella nostra epoca, così ricca di tante conquiste e speranze, non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto; e questa tende a divenire mentalità comune. Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili – i nascituri, i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi» (Papa Francesco). “Gesù muore”. Eppure non è mancato l’annuncio di speranza: «Se Dio ha abitato con l’uomo, la terra abitata dagli uomini è la terra in cui incessantemente si rinnova il desiderio della giustizia e della pace. Nessun pensatore e nessuna ideologia proclamino di conoscere essi soli questo problema e dichiarino di saperlo risolvere fino in fondo. La nostra è una preghiera per i diritti dell’uomo. È chiaro che i diritti dell’uomo sono il diritto al lavoro, al salario, al pane; ma sono anche i diritti dello spirito». Durante la scena sempre commovente della pietà, in cui Maria abbraccia il corpo morto del figlio Gesù, è stato commentato: «Maria, piangi per come hanno trattato tuo figlio, ma sei certa che non gli hanno tolto il futuro». A conclusione del pio esercizio «non lasciamo che gli altri siano protagonisti del cambiamento! Continuiamo a superare l’apatia, offrendo una risposta cristiana alle inquietudini sociali e politiche che si stanno presentando in varie parti del mondo» (Papa Francesco).

 

di Don Salvatore Rinaldi

Rubrica "Fede e Società"

Articolo di lunedì 2 Aprile 2018

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