Scrivendo ai giovani in occasione della Giornata mondiale della gioventù, nel 2010, il papa Benedetto XVI, faceva delle considerazioni utili riguardo la vita eterna: «Il giovane ricco chiede a Gesù: Che cosa devo fare?
La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. È, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. È il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: «Sono soddisfatto della mia vita? C’è qualcosa che manca?». Continua il Papa: «Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare a una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? “Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?” Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità». È difficile, quindi, trovare del tempo per pensare alla vita eterna come una prospettiva di una felicità senza fine, colmata dalla presenza e dall’amore di Dio. Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. C’è nell’uomo un desiderio di eternità; il desiderio della permanenza della propria irripetibile soggettività. «Non a caso - scrive una teologa – gli istanti di intenso appagamento amoroso, di commozione gioiosa nell’incontro o di felicità gridano la loro voglia di eternità in quanto l’intensità vissuta ne sembra un anticipo» (V. Boldini, Eternità/Vita eterna: dimensioni antropologiche, in SdP 404, p. 12). La vita umana è volta verso il futuro, guarda in avanti. Noi speriamo sempre: speranze piccole e speranze grandi, direbbe Benedetto XVI nella Spe salvi (cfr. n. 30). Smettere di desiderare è segnale di una sofferenza fisica e psichica che non può o non vuole più guardare in avanti. Smettere di desiderare è un anticipo della morte. Benedetto XVI ha mirabilmente commentato, nella Messa nella cena del Signore del 2010 (1° aprile 2010), Gv 17, 3: Come sarà la vita eterna? Come saremo? I corpi risorti (questo noi crediamo) non ripeteranno la stessa miseria e precarietà dei corpi terrestri, ma saranno trasfigurati. Il card. Biffi ebbe a scrivere: «Non credo che saremo tutti come le acciughe nel barile. Io credo che effettivamente i rapporti umani ci saranno. Anche l’amicizia ci sarà. Avremo corpi “spiritualizzati” (cfr. 1 Cor 15, 42-44). Nel linguaggio dell’apostolo questo significa che la nostra carne, che ci appare così ribelle alla volontà di Dio, sarà docilmente sottoposta all’azione dello Spirito Santo, che tutto trasforma e assimila a sé». Come? Mah! Non lo sappiamo. Quel come spesso sorge sulle nostre labbra: è simile a quello pronunciato da Maria all’Angelo (cfr. Lc 1) e da Zaccaria (cfr. Lc). La risposta per entrambi e quindi anche per noi, è: fidati dello Spirito (G. Biffi, in Sei corruttibile! Sarai incorruttibile! Osservatore Romano, 6.9.2009). Benedetto XVI dirà nella Spe salvi: «La fede non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono ancora totalmente assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà già ora qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi una prova delle cose che ancora non si “vedono”. Essa attira dentro al presente il futuro, cosicché quest’ultimo non é più puro “non ancora”. Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future».
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 21 Maggio 2018
Rubrica "Fede e Società"
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