Lussuria

La nostra società non fa più troppo caso alla nudità, mentre lascia ampio spazio alla lussuria nel costume, negli spettacoli, nella moda, nella letteratura. Il lussurioso vive le sue pulsioni, ma il consumo compulsivo di sesso indica patologie mentali, affettive, sociali. 

È bene non confondere lussuria, erotismo e desiderio: l’una travolge e rende talora ridicoli, gli altri possono essere sale di una sana relazione di coppia, in cui la qualità del rapporto è la sostanza, mentre l’erotismo, il desiderio e il sesso sono elementi importanti di contorno. Non sono lussuria l’attrazione e l’istinto che segnano l’essere uomini e donne, e neppur desiderio e seduzione. Non c’entrano, ancora, i giochi di una coppia che ha una buona intesa fisica. Il vizio consiste nella ricerca disordinata di un piacere fine a se stesso, che giunge a prescindere dall’altra persona, resa oggetto, e si esaurisce in uno stordimento senza sentimento. La lussuria non considera la persona, ma il corpo di carne; essa prescinde da psicologia, emozione, affettività, quasi che l’una o l’altra facciano paura. È cieca e inappagata: cieca, perché non vede l’altro, non lo guarda negli occhi; inappagata, perché la soglia dell’appagamento è perennemente al di là dell’attesa: «Il piacere è come certe droghe medicinali: per ottenere sempre lo stesso risultato, bisogna raddoppiare la dose» (Honoré de Balzac). Il lussurioso spesso è malato di una forma d’ansia, che lo spinge a ricercare sensazioni sempre nuove, in un solipsismo edonistico talora accompagnato da sensi di colpa, dai quali crede di sbarazzarsi riprovando… L’istinto sessuale va vissuto in modo umano o sublimato, non represso. Realismo di san Paolo: «ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» (I Cor 7,9). La «liberazione sessuale» della seconda metà del ´900 ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro. Chi e cosa sia stato liberato, non è del tutto chiaro. Gli esiti non convincono: ieri c’erano disturbi da repressione, oggi da liberazione. Molto sesso e a tutti i costi significa solo un’altra forma di dipendenza. La sessualità umana è complessità, enigma, mistero. Può sfociare nella procreazione, ma non si esaurisce in essa nel disegno del creatore. Si accompagna al piacere e alla comunione: qualcosa di più della chimica e della fisica di un rapporto uomo-donna. Quando la Bibbia sintetizza l’enigma delle diversità che fanno unità, affermando che i due saranno una sola carne (cf. Gen 2,24…), ha in mente l’attimo e l’infinito di una reciprocità che va al di là del sesso, una reciprocità fatta di attrazione, sentimenti che si incarnano, anime che si incontrano, corpi e alterità che si fondono senza confondersi, di unità che non annullano la diversità. Il sesso esercitato in un ambiente culturale segnato da afrodisìa, stimoli, seduzioni, allusioni e illusioni, degrada in lussuria. E non sai quanto vi sia di ricerca di piacere fine a se stesso e quanto di disperazione, illusione, istintualità solipsistica, esito anche di una concezione etica che fonda l’agire dell’uomo sul principio dell’egoismo e del tornaconto individuale. Oggi si è fatto spazio al riconoscimento della fisicità e del piacere come dimensione dell’essere uomini, donne e coppia, nella consapevolezza di un già e non ancora, che impegna a dare anima al corpo, sentimento alla fisicità, tenerezza al sesso. Il Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che: «La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo» o sessuale, «moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione» (n. 2351). Lo scopo di unirsi, di fare comunione, di donarsi reciprocamente, è quindi più che sufficiente per un atto sessuale lecito, non essendo più necessaria la sola procreazione. «La sessualità esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l’affettività, la capacità di amare e di procreare e, in un modo più generale, l’attitudine a intrecciare rapporti di comunione con altri» (n. 2332). Ordinata all’amore coniugale, «l’intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della comunione spirituale» (n. 2360); gli atti relativi «sono onorevoli e degni e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi» (n. 2362; Gs 49: Costituzione sulla Chiesa nel mondo Contemporaneo).

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 27 Agosto 2018

Rubrica "Fede e Società"

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