La situazione di sofferenza vissuta a seguito del divorzio interpella la riflessione pedagogica e richiede la formulazione di modalità pedagogico-educative di sostegno alle persone coinvolte. (Il sostegno alla genitorialità. Professionalità diverse in particolari situazioni familiari, Franco Angeli, Milano 2011, . il sostegno ai genitori per molti anni è stato visto in ottica sostitutivo-riparatoria, secondo cui la famiglia era «considerata sempre più incompetente e irrilevante e per molti aspetti perdente rispetto alle altre agenzie educative».
(P. Di Nicola, Prendersi cura della famiglia. Nuove esperienze di sostegno alla genitorialità, Carocci, Roma 2002, p. 30). Secondo questa prospettiva, gli interventi di sostegno alla genitorialità erano intesi come risposta a un’incapacità degli adulti di assolvere ai propri compiti. Alla famiglia, pertanto, si guardava come elemento da sostituire o contenere. L’educazione familiare ci permette di avvicinarci alla genitorialità con occhi nuovi, considerando la famiglia «come soggetto con il quale, a partire dal quale, creare un “spere discorsivo” su come crescere le nuove generazioni». L’obbiettivo risulta essere, in questo senso, quello di potenziare, non di sostituire. Ciò implica intendere il sostegno come finalizzato a «valorizzare tutti quegli interventi che mirano a promuovere l’autonomia delle persone e le loro capacità di scelte autodeterminate». (E. Catarsi, Pedagogia della famiglia, Carocci, Roma 2008, p. 12). Il sostegno ai genitori è, pertanto, da intendersi come finalizzato a favorire l’autonomia educativa della coppia genitoriale e la sua responsabilizzazione. Ciò in alternativa alla tendenza di sostituirsi ai genitori o di identificare, dall’esterno, regole e modalità che possano andar bene per essere genitori. Il lavoro, allora, è da svolgere con le famiglie e non su di esse, avvalorando e potenziando le loro risorse e competenze e non, invece, concentrandosi esclusivamente su problemi e difficoltà. In tal senso, «alla logica unidirezionale delle prestazioni si sostituisce la logica del “fare insieme”, alla logica del servizio si sostituisce la logica del creare, favorire momenti, spazi di confronto, di riflessione, di socializzazione». (P. Di Nicola, Prendersi cura delle famiglie. Nuove esperienze di sostegno alla genitorialit,cit). Il tema della riprogettazione esistenziale è insito nel divorzio, che, infatti, ha in sé la categoria del tempo e dello spazio. Del tempo, in quanto è per sempre, il legame è “sempiterno”. Dello spazio, perché separare dal latino significa predisporre di nuovo la via. La via che va predisposta è quella del legame con l’altro, con i figli, i parenti, il contesto sociale. I genitori, allora, vanno sostenuti nel processo di trasformazione dei legami, di ridefinizione, rinegoziazione delle relazioni e dei rapporti. Essi non vengono meno, ma cambiano. Emerge, in tal senso, il compito di «sciogliere il patto nella sua forma coniugale, ma mantenere vivo e operativo quel legame», che va trasformato e modificato. (L. Tonellato, La consulenza tecnica familiare nei procedimenti di separazione e divorzio, Franco Angeli, Milano 2014, p. 45). La pedagogia è chiamata a mettere in luce la struttura costitutivamente progettuale della famiglia, ad aprire al futuro e ad orientare alla possibilità di attivare cambiamenti e modificazioni su di sé e sulle relazioni. «Sono allora da combattere lo scoramento e la prostrazione, da ravvivare la fiducia e la speranza nel domani». (N. Galli, Educazione familiare e società complessa, Vita e Pensiero, Milano 1991, p. 206). Durante la separazione e il divorzio, spesse volte si può essere prevaricati dal senso di fallimento e inadeguatezza. È opportuno, invece, offrire interventi che promuovano forme di riconoscimento e potenziamento delle proprie risorse, dei propri punti di forza. «Durante e dopo la separazione è perciò compito educativo aiutare i coniugi a coltivare la speranza, a guardare avanti, al futuro, senza ripiegamenti su sé stessi, ma a trovare fiducia in sé e nei figli». (V. Iori, Fondamenti pedagogici e trasformazioni familiari, La Scuola, Brescia 2001, p. 211). Con il divorzio, i primi discorsi sono venuti meno, ma permangono quelli sulla genitorialità. È indispensabile, pertanto, continuare e comunicare, avvalendosi di un complesso di regole che loro stessi sono tenuti a identificare e perseguire. Non si tratta di abbandonare l’alfabeto relazionale sino ad ora costruito, ma di modificarlo. In tal senso, è importante «non perdere ciò che resta dell’essere stati famiglia». (V. Iori, Fondamenti pedagogici e trasformazioni familiari, cit). Queste risultano le basi per avviare percorsi di co-genitorialità, di assunzione consapevole dei propri diritti e doveri, delle proprie responsabilità e impegni. La famiglia stenta a capire che la genitorialità va svolta non soltanto all’interno delle pareti domestiche ma anche nel più vasto campo pubblico. Questa situazione è amplificata nei casi di separazione e di divorzio, in cui si assiste a una sorta di isolamento della famiglia. Sostenere le famiglie, pertanto, significa creare legami tra loro: «Le famiglie si aiutano da sole, se si mettono insieme». Importante, allora, è promuovere relazioni, sviluppare reti relazionali informali. Ciò permette di evitare il rischio di clinicizzare il disagio, inserendolo, invece, nella normalità. Quali sostegni progettare per i genitori divorziati? Non c’è a priori una modalità di sostegno che possa dirsi più valida delle altre. L’efficacia del supporto dipende, infatti, da molte variabili: dalla persona che offre l’aiuto, dalla persona che soffre, dalle cause, dal contesto. Certamente, però, possiamo identificare alcune caratteristiche che qualificano il sostegno educativo, inteso come relazione di aiuto. Riconoscere l’altro e la sua sofferenza. Riconoscerlo come essere unico, originale, irripetibile. Ciò richiede di comprendere la persona e la sua situazione che sta vivendo. Per riconoscere l’altro è indispensabile accoglierlo, offrirgli uno spazio e un tempo per poter narrare la propria sofferenza, che non va sminuita, banalizzata, ma riconosciuta per come il singolo la sta vivendo. Restituire. È importante restituire alla persona un’immagine di sé, al fine di aiutarla ad acquistare consapevolezza circa le proprie difficoltà, limiti, ma anche punti di forza, risorse. Spesso, infatti, la persona che soffre ha sviluppato un’idea di sé come inadeguata e debole; è opportuno invece restituirle anche gli aspetti positivi, che fatica a vedere. Potenziare. Oltre a restituire i punti di forza, è necessario anche potenziarli, svilupparli, movendo dal presupposto che il soggetto in situazione di sofferenza è portatore di un bisogno, ma anche delle risorse per dare a esso risposta. Trasformare. Il sostegno educativo crea le premesse perché l’altro possa educarsi al cambiamento. Per farlo, è necessario individuare «lo scarto tra ciò che il soggetto (persona o famiglia) è in un certo momento della sua storia e ciò che può essere o può diventare sempre in quel determinato momento evolutivo». Il sostegno pedagogico-educativo si prefigge di mettere gli ex coniugi dinanzi ai loro impegni, e sospingerli a rispondere a essi con autonomia, libertà e responsabilità.
di Don Salvatore Rinaldi
Articolo di Lunedì 8 Ottobre 2018
Rubrica "Fede e Società"
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