La persona che discerne è una persona in contatto con se stessa e proprio per questo è una persona libera che non abdica alla propria responsabilità. È in altre parole una persona autentica, perché decide di sé. Nel suo magistero, papa Francesco continua a ribadire la centralità del discernimento per la vita cristiana: non è possibile essere credenti senza essere prima autenticamente umani.
Zygmunt Bauman descriveva le molteplici esperienze della vita come perle disperse che non sempre riusciamo a tenere insieme con un filo che permetta di comprendere la catena degli eventi (Z. Bauman – K. Tester, Società, etica e politica. Conversazioni con Zygmunt Bauman, Raffaello Cortina, Milano 2002, 95). Il discernimento è proprio quell’esercizio ermeneutico che appartiene solo alla persona; è il tentativo, cioè, di attribuire un valore alle cose per decidere come stare davanti alla vita e cosa farne di quelle perle che continuamente ci troviamo tra le mani. Senza il discernimento i fatti della vita restano, quindi, sciolti e incomprensibili. Discernere è, dunque, una modalità di esistenza che definisce la persona nella sua specificità; l’uomo avverte di essere egli stesso una domanda per se stesso, prima ancora di porre domande. La superficialità e la rapidità della vita porta spesso a nascondere questa domanda. L’ostentazione della felicità e del benessere ci induce a non far emergere questo vuoto. Eppure siamo inevitabilmente alla ricerca di qualcosa che ci manca. Viviamo perché siamo incompleti. È questa mancanza che ci fa muovere. Le cose non sono mai del tutto chiare e cerchiamo continuamente di trovare una risposta al vuoto che ci abita. Siamo, infatti, persone che desiderano. Chi pretende di avere tutto sotto controllo e di muoversi solo quando tutto è chiaro, non si lascia muovere dai desideri e non parte mai. A volte evitiamo di metterci a discernere perché ci sembra di perdere tempo, preferiamo le soluzioni facili o le risposte preconfezionate, oppure, in certi momenti della vita, possiamo avere l’impressione che non sia più il tempo per discernere, abdichiamo così alla nostra possibilità di diventare persone autentiche. La persona che discerne è, dunque, la persona consapevole della propria incompletezza. Siamo persone che cercano, dunque, perché siamo esseri che desiderano. Sebbene il discernimento non sia oggi di moda, l’uomo dell’epoca dei social ne mostra implicitamente la necessità. L’approccio intellettuale è ormai andato in archivio e le persone esprimono un profondo bisogno di comunicare la propria affettività, sebbene non abbiano gli strumenti per poterlo fare. Discernere vuol dire non andare dove ci porta il cuore, ma chiederci cosa ci spinga ad andare in una certa direzione piuttosto che un’altra. La nostra volontà mette in luce una tensione, davanti alla quale il nostro intelletto è chiamato a riflettere. L’intelletto non obbliga la volontà, mostra piuttosto l’opportunità e le conseguenze. La nostra volontà rimane libera. E la persona è chiamata ad assumersi la propria responsabilità rispetto alla scelta di una certa strada. Ci sono, infatti, certamente dei principi o norme generali che accompagnano la vita, ci sono valori in cui crediamo, c’è una sapienza acquisita nel tempo. Eppure la realtà ci propone di volta in volta situazioni nuove, casi particolari. I fatti contingenti non sono mai totalmente riportabili a una norma generale. Ecco perché le nostre decisioni richiedono da parte nostra una valutazione, per capire come adattare di volta in volta la regola generale al caso particolare: ferire una persona è un male, ma se si tratta di ferirla per estrarre una freccia da cui è stata colpita, allora ferire non è un male, ma un modo per salvare la vita. Sant’Ignazio afferma che il discernimento più difficile è quello che occorre fare davanti al bene. È proprio questo, infatti, il caso in cui possiamo maggiormente sbagliarci. Un bene non va scelto per il semplice fatto di essere un bene, ma occorre valutare se si tratta di un bene reale per la persona in questo momento. La situazione contingente della persona è un elemento fondamentale nella valutazione. Si tratta di una considerazione che mette in luce la dimensione temporale, cioè storica, dell’esistenza umana.
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 26 Novembre 2018
Rubrica "Fede e Società"
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