Oggi è molto diffusa l’espressione «fare sesso» al posto di «fare l’amore», linguaggio che tende a evidenziare l’attenzione al corpo, staccato dai sentimenti e dalla persona. La sessualità non solo è il motore della relazione, ma la rende piena quando porta l’uomo e la donna a diventare «una sola carne», conferendo alla gioia della conoscenza anche la condivisione delle sensazioni, senso di appartenenza reciproca e profonda solidarietà di fronte alle prove della vita.
. La cultura dominante è che oggi ritiene il sesso un valore assoluto, assoluto e incondizionato, che non accetta limiti, non accetta riferimenti. Questa è una cultura più di maniaci sessuali che da gente che sa riflettere le cose. L’amore è vero quando tutta la persona è coinvolta: l’intelligenza e la volontà guidano l’istinto, per cui ciascuno non solo mette a nudo il corpo (toglie i vestiti), ma manifesta le dimensioni più profonde della sua interiorità, permettendo all’altro una piena conoscenza (conoscere₌amare) di sé… Per questo è necessario che ciascuno si sforzi di mettersi in ascolto dell’altro, prevenendone i desideri e assecondandone le iniziative: così l’atto sessuale sarà il linguaggio più vero ed evidente di quel «ti voglio bene» che fonda in unità gli sposi e li rende sempre più riflesso dell’amore di Dio, avvicinandosi al Suo stesso mistero. Credere che la sessualità sia qualcosa di spontaneo o di istintuale. No! Va continuamente costruita sul modello di uomo o donna che ciascuno porta in sé e che va comunicato all’altro. Tocca a tutti e due creare il clima adatto perché l’incontro sia vero, profondo e pienamente partecipato da entrambi. Quanto alla donna, l’unica persona che può risvegliarne il desiderio è la donna stessa. La tenerezza (baci, carezze…) non deve necessariamente portare a un rapporto completo. La tenerezza è già di per se stessa un grande mezzo di comunicazione. E non si deve credere che per fare bene l’amore si debba assumere il peso di «doverlo fare bene»; è meglio essere attenti a ciò di cui l’altro in quel momento ha più bisogno. Non finalizzare il rapporto ad altri scopi quali: il dominio, la superiorità, il possesso, l’arte di conquistare o di sedurre. In questo caso il rapporto diventa una compensazione a frustrazioni, insicurezze, sfiducia… accumulate altrove: ed è un errore. È consigliabile parlare molto di se stessi, comunicarsi come si vive la propria sessualità, quali sensazioni e sentimenti si sperimentano ad essere pronti a venire incontro. Definire la fedeltà con l’assenza del «negativo» (₌mancanza di tradimento), è falso. Sarebbe come dire al coniuge: «Io ti amo perché non ti prendo a sberle!». Certamente chi ama non fa del male alla persona amata, non la tradisce…, ma l’amore è molto di più del non-offendere o non-tradire…; non si limita a non-fare del male, ma cerca sempre di più di fare ciò che è bene. Perciò fedeltà vuol dire: volontà di amare l’altro come lo ama Dio; amare veramente… cioè vivere in piena fiducia e stima l’uno verso l’altro; trasformare se stesso per l’altro, perché sia felice; rinnovare e rinnovarsi ogni giorno, perché la vita della coppia sia sempre più coesa. La fedeltà gode del privilegio assoluto di mettere sempre e in tutto l’altro al prima posto. Perciò è già mancanza di fedeltà: cercare consolazione più dal collega di ufficio, anziché in casa; cercare consiglio e sicurezza più dall’amico/a che non dal coniuge; creare alleanze o connivenze con altri al di fuori della famiglia… per affrontare o risolvere problemi familiari… qui non si nega il valore delle amicizie, che devono continuare anche da sposati, ma gli amici devono sempre restare «fuori» dall’intimità della coppia. Bisogna trovare nella propria casa il sostegno nei momenti di difficoltà, senza dimenticare che il dialogo fra marito e moglie fonda la sicurezza dei figli e della casa. Ci sono alcuni detti famosi: «L’amore è come il fuoco, se non si allarga, si spegne»; «L’amore è l’unica cosa che cresce quanto si dona». Un matrimonio ben riuscito… non è solo questione di buona fortuna!!! L’amore è la fonte del darsi e accogliersi reciprocamente in maniera totale, senza riserve: amare significa dare e ricevere quanto non si può comprare o vendere, ma solo liberamente e reciprocamente elargire.
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 18 Febbraio 2019
Rubrica "Fede e Società"
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