Il deserto nella città

Il silenzio chiude la porta al mondo esterno e tutto rimane al di fuori. C’è solo la profondità del nostro essere. Viviamo in un mondo immerso nel fracasso e nel frastuono delle comunicazioni. La società in cui viviamo è bombardata da tanti rumori, tante distrazioni, tanti passanti che derubano il corpo, la mente, il cuore. Il silenzio ci atterrisce.

 

 

«Il silenzio ci fa paura perché ci porta faccia a faccia con noi stessi. Ci ricorda quello che non abbiamo ancora risolto in noi stessi. Ci mostra i nostri lati nascosti, dai quali non c’è possibilità di fuga, e che nessun cosmetico può nascondere e nessuna somma di denaro o titoli o potere potrà mai curare. Il silenzio è un grande maestro di vita. (…) Il silenzio è l’anticamera della voce di Dio» (Chittister J., Vita illuminata, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, p.78). Il silenzio è un appropriarsi di noi stessi. Il silenzio è attenzione a noi stessi e agli altri. Il silenzio è custodire noi stessi, è consapevolizzare noi stessi. Il silenzio ci mette in contatto con il mistero di Dio, con il mistero della nostra vita e del nostro sé. Il silenzio quindi è qualcosa di salutare. Pur tuttavia, spesso sento persone che affermano: «Il silenzio della notte mi fa paura», «Il silenzio mi inquieta e mi deprime», «Il silenzio è per me sinonimo di morte», «Il silenzio mi terrorizza». Toccante è l’invito che ci rivolge Dietrich Bonhoeffer: «Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola, perché i pensieri siano già rivolti alla Parola. Facciamo silenzio dopo l’ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, perché viva e dimori in noi. Facciamo silenzio la mattina, perché Dio deve avere la prima parola, facciamo silenzio prima di coricarci, perché l’ultima parola appartiene a Dio. Facciamo silenzio non per amore del silenzio, ma per amore della Parola» (Citato da Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, op. cit., 2016, p.139). Il silenzio è essenziale, è sacro, è fondamentale per incontrare Dio che ci parla attraverso la sua Parola. La Parola nasce dal silenzio. Ma quale silenzio? Non i silenzi dei cimiteri, non il silenzio vuoto, non il silenzio della paura, non il silenzio rabbioso, non il silenzio chiuso, non il silenzio sospettoso, non il silenzio che reprime e disprezza, non il silenzio giudicante, non il silenzio rumoroso e assordante dei tanti pensieri e delle tante preoccupazioni; ma il silenzio pieno, il silenzio fatto di ascolto e di attenzione, il silenzio amoroso e caldo, il silenzio che diviene presenza viva e palpitante nei confronti della Parola. Il silenzio è la capacità di creare lo spazio per accogliere la Parola e farci abitare da essa. Dio non parla nel vento impetuoso e gagliardo, nel terremoto, nel fuoco, ma nel mormorio di un venticello leggero (Cf I Re 19,9. 11-13). Dio ama il silenzio! Sta in silenzio! Sembra che sia l’unico ad amarlo. Pensiamo all’Eucaristia. Lui sta lì ad attendere noi e il Suo silenzio è loquace, più roboante e più convincente di tante nostre parole, di tanti nostri gesti, di tante nostre elucubrazioni mentali verbose e vuote. Il Suo silenzio è come un balsamo sulle nostre ferite, è come un’oasi che ci distende per ritrovare le forze per andare avanti e continuare a vivere e lottare. Parafrasando i versi evocativi e illuminanti di Vivekananda potremmo dire: «Siediti ai bordi dell’aurora/ per te si leverà il sole. Siediti ai bordi della notte/ per te scintilleranno le stelle. Siediti ai bordi del torrente/ per te canterà l’usignolo. Siediti ai bordi della Parola nel silenzio/ Dio ti parlerà» (Citato da Gentili A. – Schnoller A., Dio nel silenzio, Ancora, Milano 1999, p.238).

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 11 Marzo 2019

Rubrica "Fede e Società"

 

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