«Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto.
Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno» (Vangelo di Marco, 4,3-8). Leggere la Parola è metterci in un atteggiamento di ascolto, è metterci in una situazione di accogliere una presenza, è relazionarci con un Altro che ci precede e ci fonda. Per la Bibbia, Dio è definito in termini relazionali: è anzitutto colui che parla e annuncia parole di vita e di sapienza. Non basta ascoltare, bisogna fare attenzione a come si ascolta, alle disposizioni da avere nei confronti della Parola. Facendo riferimento alla parabola del seminatore ci sono vari tipi di ascolto. C’è l’ascolto distratto: quel tipo di ascolto dove la semente caduta lungo la via è immagine dell’uomo venuto a contatto con la Parola, ma questa non ha la possibilità di far presa perché neutralizzata dall’azione del diavolo. C’è l’ascolto superficiale: è quel tipo di ascolto dove la semente caduta sulla pietra è immagine dell’uomo che accoglie la Parola e si apre alla fede facendo l’esperienza della gioia della rinascita, ma manca la perseveranza, si è senza radici e la fede è effimera. La causa di tale defezione, se per l’evangelista Marco sono le tribolazioni e le persecuzioni, per l’evangelista Luca sono le prove della vita. C’è l’ascolto preoccupato: quel tipo di ascolto dove la semente caduta tra le spine è figura dell’uomo che è minacciato da tre pericoli che soffocano il germe di vita nato. Questi sono: le preoccupazioni del mondo, la ricchezza stessa, i piaceri della vita, cioè la ricerca di un’esistenza godereccia. C’è l’ascolto con il cuore: quel tipo di ascolto nobile e generoso che accoglie la parola e si lascia ammaestrare e guidare da essa nel cammino della vita. Quando si legge la Parola occorre pazienza e questa è una prerogativa di Dio. La pazienza è attenzione ai tempi e ai ritmi di Dio e dell’altro, è capacità di non disperare, di non lasciarci abbattere nelle tribolazioni e nelle difficoltà. La fretta di concludere e di arrivare al pratico, al contrario, può essere pericolosa. Spingerci a tirare soluzioni affrettate può essere frutto di attivismo e di protagonismo. Leggendo la parola si tratta di ruminare dentro di noi ciò che ci colpisce e di lasciarci interpellare da essa. Più che darci delle risposte pratiche, la Parola ci interroga, ci rigenera, ci ammalia, ci rinnova. Fermiamoci e ascoltiamo il nostro cuore! Sì è proprio difficile stoppare la nostra corsa dato che siamo immersi nella mentalità del “tutto, subito e bene”, in una società che non ha voglia di sapere aspettare e brucia anzitempo le tappe della crescita e della vita. Dialogare non è semplicemente dirci delle parole, né scambiarci dei sentimenti senza un coinvolgimento reciproco. Dialogare è incontrarci, per stabilire un contatto profondo tra noi, per accoglierci, per accettarci così come siamo e donarci allo scopo di permettere di renderci presenti l’uno all’altro. È partecipare noi stessi all’altro per farci conoscere, non tanto per risolvere i problemi. È mostrare interesse, attenzione e partecipazione al mondo dell’altro. È rendere vivo e dinamico il nostro stare insieme. «È fondamentale trovare il tempo per fermarsi e parlare insieme, sedersi l’uno davanti all’altro per un sereno dialogo. Le differenze personali dovute al maschile e al femminile, al modo diverso di gestire emozioni e sentimenti, alla propria storia, dovranno divenire non motivo di distanza, ma occasioni privilegiate per alimentare il dialogo e la scoperta delle proprie risorse» (Papa Francesco, Amoris Laetitia, n. 224).
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 29 Aprile 2019
Rubrica "Fede e Società"
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