Dio: comunione di tre persone. Nel giorno della Santissima Trinità una riflessione sul mistero dell'amore umano riflesso dell'amore trinitario

«L’uomo che non è capace di sognare è un povero diavolo, un eunuco. L’uomo che è capace di sognare e di trasformare i suoi sogni in realtà è un rivoluzionario. L’uomo che è capace di amare e di fare dell’amore uno strumento per il cambiamento è anch’egli un rivoluzionario. Il rivoluzionario quindi è un sognatore, è un amante, è un poeta, perché non si può essere rivoluzionari senza lacrime negli occhi e senza tenerezza nelle mani» (Thomás Borge, poeta del Nicaragua).

Una giovane coppia di sposi chiese al maestro: «Che cosa dobbiamo fare perché il nostro amore duri?» La risposta del maestro fu: «Lasciate che Dio riempia il vostro amore». E chi è Dio? Non è un giudice implacabile, non è un castiga-matti, non è un solitario, non è un babbo natale con la barba lunga. Il nostro Dio è comunione di tre Persone che interagiscono, si amano e si compenetrano a vicenda. Dio Padre è l’amante, è colui che accende la vita, è la gratuità pura dell’amore. Dio Figlio è l’amato, è l’esistenza accolta; e se è divino amare, altrettanto divino è lasciarsi amare. Dio Spirito Santo è l’amorevolezza, è vincolo di unità tra Padre e Figlio, è estasi e novità permanente. Con parole semplici, Dio è dono, accoglienza, condivisione; e il tutto è racchiuso nella realtà della tenerezza. Viviamo nella società post-romantica. Varie sono le illusioni foraggiate da essa. Si scambia l’intimità per la simbiosi. Si ritiene che le differenze debbano essere annullate. Si pensa che, per amarsi, ci si debba sempre capire. Si baratta il senso della propria autonomia con l’appartenenza, sacrificando se stessi. Ci sono bisogni fondamentali presenti in ogni essere umano. Il bisogno di essere amato, di appartenenza, di calore, di legame e il bisogno di essere se stessi, di autonomia, di realizzarsi. Ora capita che non sempre questi bisogni fondamentali si coniughino insieme e con equilibrio. C’è quasi sempre all’interno di una coppia, all’inizio della propria storia d’amore, chi privilegia più un bisogno che l’altro. Offro alcuni suggerimenti sul come mettere in atto la tenerezza verso se stessi. Si nutrano pensieri di pace e non di guerra. A volte capita di vivere come in un campo di battaglia: tu un giorno mi hai detto, mi hai fatto, ti sei comportato... «Il lamento è la morte dell’amore» diceva Marlene Dietrich. La critica è una forma di abuso nei confronti di se stessi, perché i tratti che si criticano nell’altro sono spesso proiezioni di spiacevoli verità verso se stessi. Il lamento si ritorce come un effetto boomerang. Quanto sarebbe bello, invece, poter ricordare e dire allo sposo (alla sposa) e ai figli le cose belle e positive che hanno compiuto! Sarebbe come un benedire, cioè un “dire bene” dell’altro. Questo modo di sentire allarga il cuore, crea un clima positivo, rende la vita armoniosa e bella.

 

Altro suggerimento: entra dentro di te e accogliti nei tuoi limiti e nelle tue vulnerabilità. Ciascuno di noi ha zone oscure, nodi emotivi e relazionali non risolti. Ciò che si è chiamati a fare è vedersi e accogliersi nelle proprie debolezze. Si sia buoni con se stessi. Piuttosto che lamentarsi dicendo: «Combino sempre guai, sono un buono a nulla, non sono bravo», oppure piuttosto che confrontarsi con altre persone pensando dentro se stessi: «Non sono come il mio amico o la mia amica», ci si comporti con misericordia verso se stessi, non infierendo contro le proprie debolezze, non rimuginando in continuazione, ma avendo uno sguardo compassionevole del cuore. Il vivere quotidiano non è sempre fatto di voli pindarici, di esperienze forti, di emozioni scioccanti, di grandi cose, ma perlopiù di piccole e semplici cose: lo sguardo di un figlio, una telefonata, un biglietto, un SMS, una carezza, un bacio, una parolina dolce e carezzevole. Non sono le grandi cose a contare di più, ma la capacità di rendere grandi le piccole cose. Nelle piccole cose di ogni giorno, compiute con e per amore, si costruisce il proprio futuro. Non conta tanto il “che cosa” si fa l’uno per l’altro, ma il “come” lo si attua, il senso che si dà alle cose che si fanno, l’amore che vi si mette. In particolare è da sottolineare che c’è un metro diverso di misurazione tra l’uomo e la donna. Mentre per l’uomo contano le grandi cose, le grandi realizzazioni, i grandi progetti, per la donna le piccole cose contano molto e sono importanti quanto le grandi. Paradossalmente per una donna il dono di una rosa conta quanto il pagamento dell’affitto di un mese; per l’uomo, invece, le piccole cose sono insignificanti, se paragonate alle grandi che fa per lei. Rinnovare il senso dello stupore e della meraviglia, non dando nulla per scontato. Quel grido di incontro, di scoperta, di meraviglia e di stupore che Adamo espresse quando vide la bella Eva nella sua nudità: «Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa» (Gen 2,23) dovrebbe albergare in ogni persona; altrimenti c’è il rischio di disamorarsi e di tornare a una vita pesante, monotona e grigia. Una moglie mi diceva: «Ah! Se mio marito mi guardasse come guarda il suo computer... Se mi curasse come cura la sua auto... Se mi ascoltasse come ascolta il telegiornale». È bene mantenere sempre la capacità di meravigliarsi e di comprendere. Provare ogni giorno ad apprezzare le qualità del proprio sposo, del-la propria sposa, piuttosto che restare muto o, peggio ancora, stilare un elenco interminabile di difetti. Ci si nutre tessendo ogni giorno le cose che si apprezzano nel proprio sposo, nella propria sposa, nei figli; e poi la vita sarà diversa. La tenerezza e l’ammirazione sono atteggiamenti fragili. È molto importante che si curino; in tal modo si riuscirà a impedire che il proprio matrimonio si deteriori. Ciò che deteriora la relazione coniugale sono: le critiche pesanti e continue, il disprezzo, l’atteggiamento difensivo attraverso cui in realtà si comunica: «Il problema non sono io, sei tu», l’ostruzionismo, col quale – piuttosto che affrontare il proprio partner – si preferisce squagliarsela. Pertanto siamo chiamati a ricercare ciò che è essenziale, ciò che fa crescere dentro e non vagabondi nel futuro creando un mondo catastrofico pieno di paure e di ansie, né rimugini con nostalgia sul passato. Il segreto, per attuare questo, consiste nel dimenticare se stessi, nello smettere per un attimo di girare intorno a se stessi, non chiedendosi più a che cosa serva ciò che si fa, bensì essendo semplicemente quello che si è in quel momento. Soltanto nel “qui ed ora” si ha l’opportunità di riempire di gioia il proprio partner. Armarsi di coraggio per superare delusioni e paure, per vincere ciò che lo intristisce e lo deprime. La vita è un rischio ed è difficile per tutti. Non esistono persone beate che non hanno problemi; esistono piuttosto persone che, pur avendo problemi, li sanno affrontare, hanno il coraggio di guardare alla propria pochezza, di accettarla e di amarla. Quando si sarà in grado di amare nonostante le vulnerabilità e i limiti, soltanto allora si sarà persone audaci, perché essere persone coraggiose non significa non avere paura, ma essere persone consapevoli di avere paura e capaci di gestirla. No alla rapidità! No al “tutto subito e bene”! No alla tecnica del rimando! Poi... Poi... Poi... Nella vita è di tanto in tanto importante sapersi fermare e mettersi in pausa per vedersi, per interrogarsi, per confrontarsi.

 

di don Salvatore Rinaldi

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