Le decisioni di fine vita

In una società liquida, che sembra rinunciare ai tradizionali punti di riferimento, l’etica può essere considerata un’arca di Noè costruita attorno alla fraternità, al bene comune e alla cura. La bioetica ha il compito di definire in maniera sempre più accurata l’ambito di ciò che può valere non solo per il singolo, ma per tutti, assumendo i risultati del progresso scientifico, da una parte, ma sapendo, dall’altra, che non è dalla sola scienza che si può ricavare l’indicazione di quel che si deve fare.In una società liquida, che sembra rinunciare ai tradizionali punti di riferimento, l’etica può essere considerata un’arca di Noè costruita attorno alla fraternità, al bene comune e alla cura. La bioetica ha il compito di definire in maniera sempre più accurata l’ambito di ciò che può valere non solo per il singolo, ma per tutti, assumendo i risultati del progresso scientifico, da una parte, ma sapendo, dall’altra, che non è dalla sola scienza che si può ricavare l’indicazione di quel che si deve fare.

 

 

Le verità verso cui convergere non possono essere stabilite da alcuni modelli di pensiero, ma dalla vita stessa, dalla legge intrinseca alla vita, cioè dal rispetto delle leggi interne, anche di quelle biologiche. Perciò un intervento tecnologico sulla vita deve porsi nella linea del prolungare la stessa vita, e non del sostituirsi alla vita. La vita in sé è dialogo, mistero da esplorare e conoscere. Fotografare tutti i volti della vita: è questo il grande desiderio di colui che vuole svelarne il mistero; ma in ciò egli scopre la limitatezza delle sue possibilità. La verità del mistero della vita, l’uomo se la porta dentro. Conoscere la verità significa conoscere la vita. L’itinerario di scoperta della verità, della storia di una singola persona come dell’umanità intera, può essere ripresentato come un itinerario percorso dall’uomo seguendo le orme della vita, sua maestra. L’uomo, oggi, mediante l’acquisizione delle più recenti conoscenze in campo biomedico, si scopre ormai capace di intervenire sulla vita fisica umana ad un livello inimmaginabile solo pochi decenni fa. Basti pensare all’enorme sviluppo delle capacità tecniche nel settore dell’ingegneria genetica o della procreatica artificiale, ambiti, questi, riguardanti le sorgenti biologiche della vita con la possibilità, quindi, d’incidere sull’identità stessa dell’individuo. Anche sul versante opposto, quello della fine della vita, l’utilizzazione medica di sofisticate tecnologie ha progressivamente reso più “sfumato” il confine tra vita e morte, rendendo possibili inedite condizioni di esistenza del paziente, sempre più difficili da gestire in maniera moralmente corretta. Infatti, non tutto ciò che è tecnicamente possibile è, per ciò stesso, anche moralmente accettabile, al contrario, la scienza e la tecnica richiedono, per il loro intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità: debbono essere, cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero ed integrale secondo il progetto e la volontà di Dio. Secondo la visuale cristiana, dunque, la pienezza della vita umana consiste nella partecipazione alla vita di Dio, nella totale comunione con Lui, che si realizza compiutamente nella vita eterna; proprio l’altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosità della vita umana anche nella sua fase temporale. Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno (Gv 11, 25-26). Gesù è il Figlio che dall’eternità riceve la vita dal Padre (cfr. Gv 5, 26) ed è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono: ‘Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’ (Gv. 10, 10). Dunque, è in Gesù, e solo in Lui, che possiamo conoscere la verità intera sul senso e sul valore della vita umana. La verità sulla vita è ben presente nel cuore di ogni uomo, solo che egli sia disposto ad ascoltarla; si tratta, quindi, di una verità conoscibile già con la sola ragione, almeno nei suoi tratti essenziali: amare, servire, difendere e promuovere la vita umana, attraverso la nostra responsabilità personale e comunitaria, è un compito, potremmo dire, “naturale” che ci accomuna e ci avvicina gli uni gli altri; anzi, più profondamente, esso ci fa riconoscere come membri del genere umano. Secondo la narrazione della Genesi, l’uomo – ed ogni singolo uomo – è il risultato di un esplicito atto creativo di Dio. Come ogni altra creatura, egli è tratto dalla “polvere della terra”, intrinsecamente segnato dal limite e dalla caducità di ogni realtà materiale; ma diviene un essere vivente per il “soffio di vita” che il Creatore inspira in Lui; tutto nel creato gli è sottomesso, tutto si riferisce a lui, ma solo l’incontro con un altro essere umano (nell’esperienza dell’amore e della comunione interpersonale) può causargli stupore e riempire di gioia il suo cuore. Una nota specifica tuttavia lo distingue dal resto del creato, una caratteristica di unicità che pone la sua vita su un piano del tutto diverso da quella di ogni altro vivente: l’essere creato “ad immagine e somiglianza di Dio”.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 17 Giugno 2019

Rubrica "Fede e Società"

 

Scrivi commento

Commenti: 0