Solidarietà, base della responsabilità

La solidarietà è il legame che tiene insieme le persone. Essa dipende dalla concezione che si ha della persona e della società. Esiste una visione laica di solidarietà e una visione religiosa. Ambedue convergono nel considerare la società in una prospettiva ‘organica’, nella quale vige una interdipendenza e una complementarietà tra le membra del corpo sociale.

 

 

Differente è la radice culturale che ispira questa visione. Nella visione laica il ‘collante’ è dato dal bisogno e quindi dalla convenienza, come sottolinea il sociologo Giovanni Sarpellon: «Ciascuno ha bisogno degli altri e la solidarietà responsabile rappresenta l’unica alternativa razionale per superare la ‘non-autosuficienza’ dei singoli individui» (Solidarietà, confronto tra concezione e modelli, F. Zancan, Padova 2004). Nella visione cristiana la solidarietà ha alla base un evento di fede: l’incarnazione del Figlio di Dio, che ha unito a sé, indissolubilmente, tutte le persone, facendone un solo corpo. Ogni membro è fruitore dell’apporto degli altri ed è, a sua volta, debitore verso gli altri. Gesù considera fatto a se stesso ogni gesto di buono rivolto ai fratelli, come pure ogni rifiuto di aiuto. Un particolare che accentua la responsabilità è la concezione cristiana di ‘dono’. I doni che riceviamo dal Signore - tutti i doni, dalla salute alla fede, alla grazia… - restano sua proprietà. Noi ne siamo solo amministratori e dobbiamo usarli secondo la sua volontà. I doni vengono dati alle singole persone, ma come componenti di un medesimo corpo, come membri di un’unica famiglia. Di conseguenza devono servire a noi stessi, ma anche agli altri. Se nostro fratello ha fame e noi disponiamo di cibo in abbondanza, dobbiamo condividerlo con lui. Siamo responsabili della sua fame. La Chiesa non è un’isola, ma è parte viva dell’umanità; non è per se stessa, ma è per il mondo. È in continuo stato di missione e ha il dovere di diffondere i valori evangelici della fraternità, della solidarietà, dell’uguaglianza, della giustizia. Questa sua vocazione pone un problema di presenza, di esemplarità e anzitutto di conoscenza dei problemi del territorio sia a livello nazionale sia a quello locale. Il concilio Vaticano II ricorda che «La comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia». La Chiesa ha ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti, ma nella chiesa la responsabilità dell’animazione cristiana delle realtà temporali spetta in maniera specifica ai cristiani laici. Naturalmente essi riescono in questa loro missione se sono sufficientemente illuminati dalla familiarità con la parola di Dio, che si raggiunge anche con l’aiuto della predicazione. Parlando delle responsabilità sociali oggi, nella predicazione si presentano due tipi di problemi: 1) anzitutto individuare i nodi fondamentali della vita sociale del nostro tempo e del nostro paese, che chiamano in causa la responsabilità di tutti; 2) inoltre aiutare gli ascoltatori a precisare l’apporto specifico che essi possono dare e di conseguenza la loro precisa responsabilità. Molto spesso, infatti, i problemi appaiono superiori alle nostre capacità e pertanto emerge la tentazione di lasciarli perdere, rassegnandoci alla nostra impotenza. Nel 2013 per le elezioni regionali in Sicilia c’è stato chi ha creduto utile promuovere una lista di parroci, in rappresentanza degli interessi delle popolazioni. Non è questo il compito della Chiesa, è il compito dei laici, che l’allora presidente della Cei, cardinale Bagnasco, sollecitò ad «essere rilevanti, non soltanto socialmente utili». Più coerente e più saggia fu la linea tenuta dal vescovo Bregantini, che educò i suoi laici a promuovere nella Locride le cooperative per combattere la ‘ndrangheta.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 11 Novembre 2019

Rubrica "Fede e Società"

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