Coraggio!

Desiderio di volare, paura di cadere; desiderio di sperare, paura di illudersi; desiderio di fidarsi, paura di rimanere delusi; desiderio di crescere e paura di sorridere… Dal punto di vista etimologico, il termine deriva dal latino coraticum o anche cor habeo, aggettivo derivante dalla parola composta cor, cordis «cuore» e dal verbo habere «avere»; quindi avere cuore.

Il coraggioso è una persona che nelle diverse situazioni sa porsi con la passione del cuore e la forza degli ideali; è uno che sa leggere quella che è la situazione che gli sta davanti, ma non ne rimane schiacciato e quindi arriva ad una decisione che, per quanto difficile, farà di tutto per portare avanti. «Avere cuore» vuol dire capacità di ascolto di se stessi, di quello che ci succede in profondità e allo stesso tempo ascolto del cuore dell’altro, delle sue dinamiche fatte di paura e desiderio. Il coraggio non è senza paure, ma ha imparato a riconoscere e a gestire questo mondo in modo da poter dirigere la propria vita secondo la forza dei valori. Si tratta di una qualità/virtù relazionale, perché non invade mai lo spazio dell’alterità con un atteggiamento di superiorità e/o svalutazione verso chi non la sa vivere, ma cerca di essere lui per primo costruttore per sé e per gli altri di ponti ben resistenti alle pressioni del fiume in piena. Il coraggioso sa dare più ascolto e spazio al cuore grande, mentre la persona poco coraggiosa mette in primo piano il cuore piccolo preoccupato del proprio interesse immediato; anche se entrambe le possibilità coesistono e interagiscono, per cui non si è mai coraggiosi per sempre e viceversa non si è mai codardi, paurosi, pusillanimi per sempre. Il coraggio sa attivare la voglia di vivere, di sognare, la forza degli ideali che ogni persona porta dentro di sé. Allora si può crescere nel coraggio nella misura in cui si coltivano gli ideali di una vita spesa per qualcosa, o meglio per Qualcuno per cui valga davvero la pena di vivere. Provando a pensare all’opera educativa, credo che il tema del coraggio serve in primo luogo a chi cerca aiuto. È vero che molte volte la persona che chiede è una persona molto sofferente che vuole stare bene o capire di più circa la propria situazione, ma l’esperienza ci dice che nel corso dell’accompagnamento sarà proprio la persona a porre delle resistenze al cammino stesso. D’altro canto l’accompagnatore sa che dietro a certe resistenze ci sono, al di là dei fatti concreti che possono essere più o meno pesanti, delle situazioni di reale sofferenza psichica e/o esistenziale. Per l’accompagnatore avere coraggio si trasforma però in uno stile che sa essere incoraggiante a partire dalla sua esperienza di vita e dalla sua fiducia nella persona. In questo nostro tempo servono adulti capaci di essere testimoni, che abbiano la capacità di trasmettere il desiderio inteso come esperienza di apertura all’inedito vitale che appartiene alla vita stessa. Si tratta allora di imparare ad essere testimoni di come poter vivere la vita con desiderio. Il testimone deve concretizzare nella sua vita la possibilità di quello che vuole testimoniare. Non si tratta di belle parole, ma di un incontro che abbia il sapore di una scoperta vitale. Il testimone deve avere fede, intesa come credenza disinteressata del desiderio della persona che si trova davanti; è credere con fiducia nelle visioni, nei progetti, nella forza di chi egli incontra, al di là dei limiti che possono essere più o meno evidenti. Solo questa fiducia alimenta il desiderio dell’altro che per questo è invitato e incoraggiato a percorrere la sua strada. Il testimone deve essere capace di vivere la promessa, cioè la convinzione che ci possa essere un modo di vivere che può essere diverso dalla ricerca immediata del piacere da consumarsi. Il lavoro dell’accompagnatore non sarà quello di rispondere con urgenza alle questioni immediate che la persona gli chiede, quanto quello di saper con coraggio porre le domande giuste che attivano processi esplorativi inediti nella storia della persona. Il «cosa dire» sarà l’esito di un incontro capace di ascoltare e di incoraggiare chi ci sta davanti per metterlo in cammino in un percorso inedito. Questa è la testimonianza che raccogliamo dalla vita di chi è stato nostro autorevole maestro e accompagnatore.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 9 Marzo 2020

Rubrica "Fede e Società"

 

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