Un linguaggio materiale

Fin da piccoli veniamo seguiti, curati, accuditi, accarezzati; tutte queste attenzioni, questi gesti d’amore che riceviamo, ci insegnano come si fa ad amare. I gesti o le parole emotivamente più significativi restano custoditi in una sorta di banca interiore: rappresentano il nostro tesoro affettivo e per un certo tempo continuano a esercitare il loro valore. Quando siamo giù di corda, quando le cose della vita non funzionano per il verso giusto, quando vediamo solo la parte mezza vuota del bicchiere, ovvero sentiamo di essere solo infecondi, non c’è niente che ci può far sentire meglio di un gesto affettuoso di incoraggiamento, una carezza ricevuta da parte di una persona cara.

. Essa dà sollievo sia al corpo che allo spirito: rivitalizza, ridà energia. Quando abbiamo bisogno di amore possiamo fare memoria, attingere al ricordo di quelle attenzioni positive accumulate: dopo un po’, tuttavia, esse perdono la loro efficacia, hanno bisogno di essere sostituite con altre più recenti. In questi casi si attiva il proprio “serbatoio emotivo”, una specie di banca, di cassaforte interiore, in cui accumuliamo i gesti d’amore. È da qui che si può attingere la carica energetica che dà spinta alla nostra vita. Per noi esseri umani il riconoscimento o la carezza è fondamentale: è uno degli ingredienti fondamentali per strutturare la propria identità. Secondo l’analisi transazionale, le carezze possono essere sia positive che negative. Entrambe sono fondamentali per l’esistenza, in quanto generatrici di riconoscimenti. Tra queste forme di riconoscimento ci sono le carezze vere e proprie, le prime forme di riconoscimento che un essere umano deve poter sperimentare, pena la sua stessa possibilità di vivere. Ma poi viene la parola, la possibilità di essere riconosciuti verbalmente. I riconoscimenti, non-verbali o verbali, insieme alla struttura del tempo, sono parti essenziali della struttura della personalità. Riconoscimenti e struttura del tempo sono le cose che ci fanno essere e, nella misura in cui sviluppiamo questi aspetti, la nostra vita si espande. Ogni essere umano è “affamato” di carezze, al punto da preferire anche quelle che non desidera, pur di ricevere qualcosa. I riconoscimenti possono essere, di due tipi: positivi o negativi. I primi sono manifestazioni di stima, dichiarazioni di affetto: baci, complimenti, abbracci, coccole. I secondi, invece, si manifestano tramite critiche, i giudizi netti, il sarcasmo, fino agli insulti e alla violenza fisica. Entrambe le forme di riconoscimento, poi, possono essere sia verbali che non verbali. La metafora della carezza indica bene il concetto di riconoscimento che stiamo descrivendo. La carezza infatti può avvenire attraverso il contatto fisico, come per i bambini piccoli; ma simbolicamente si può applicare a ogni forma di contatto tra persone: una forma del tutto speciale è costituita dalle parole. Esiste poi una differenza fondamentale, che non può essere sottovalutata, tra le carezze negative e le svalutazioni. La carezza negativa è il riconoscimento di qualcosa che non va, che però è indispensabile per la crescita della persona. La svalutazione è un giudizio negativo sulla persona, che in genere scaturisce da un gesto impulsivo di rabbia. Un esempio tipico di svalutazione è dato dagli insulti o dall’indifferenza, comportamenti che fanno sentire la persona che li riceve una nullità, come se fosse diventata inutile o trasparente. Esistono poi carezze condizionate e incondizionate. Le prime riguardano il fare e l’avere, e sono caratterizzate da espressioni come: «Che bel vestito che hai!», oppure «Che buon cibo hai preparato»; in senso negativo: «Questo vestito ti invecchia», oppure «Questo discorso non è opportuno». Le carezze incondizionate, invece, riguardano non i comportamenti ma l’essere della persona nel suo complesso: per questo arrivano più in profondità e sono più significative. Si danno e si ricevono con più difficoltà, perché sono più coinvolgenti. Portano con sé una carica emotiva molto più forte e sono caratterizzate da espressioni quali: «Come sei elegante», oppure «Come sei in gamba», oppure «Ti voglio bene perché sei tu». All’opposto troviamo quelle negative connotate espressioni come: «Sei proprio uno stupido!»; oppure «Non vali niente»; oppure «Non ti sopporto». Occorre fare attenzione a queste espressioni, perché facilmente sono percepite come vere e proprie svalutazioni.

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 22 Giugno 2020

Rubrica "Fede e Società"

 

Scrivi commento

Commenti: 0