No alla solitudine

Un dato ormai da tempo acquisito da parte delle scienze dell’ uomo (in particolare psicologia e sociologia) afferma che la cultura nella quale oggi siamo immersi, viviamo e respiriamo, spinge sempre di più verso un’individualizzazione delle esperienze di vita con il rischio, reale e non solo ipotizzato, di sfociare, nel lungo periodo, in una sorta di isolamento esistenziale e di perdita del senso profondo dell’esistenza.

 In un contesto caratterizzato da incomunicabilità e scarsa capacità di dialogo su quelli che una volta potevano essere considerati i valori, le idee-guida di uomini e donne (la politica, la famiglia, la pace…) che nel passato hanno scaldato il cuore e gli animi di intere generazioni, pare che ognuno, ogni individuo, debba accollarsi il compito, peraltro immane, di cercare con le sue sole forze la propria «strada per la felicità». Risulta oggi difficile, se non addirittura impossibile, individuare un «centro di gravità permanente» che possa essere tale per più di un individuo. Difficile pure poterlo individuare, anche guardando al singolo: i valori, le mete, le idee paiono cadute nell’indeterminatezza, non vi è più nulla di assoluto. I miei valori di oggi potrebbero non essere più tali domani. In una ricerca di felicità individuale che non è in grado di trovare una propria meta definitiva, l’uomo è spinto ad un continuo e incessante peregrinare da un’esperienza a un’altra, che lascia il più delle volte un retrogusto amaro. Tali affermazioni tratteggiano un quadro decisamente grigio. Volutamente, si è calcata la mano sull’incapacità dell’uomo di giungere «da solo» alla felicità. Gli esiti di questa situazione sono sotto gli occhi di tutti e sono, purtroppo, sottolineati dalle statistiche che parlano di un aumento dei suicidi, di fasce sociali sempre più ampie di «soggetti deboli», non in grado di reggere i ritmi che la nostra società impone, di denatalità imperante. Esse sembrano predirci un futuro senza speranza, senza vita, o senza vita vera. Dio nella Genesi ci presenta Adamo immerso in ogni «ben di Dio», ma infelice perché malato di solitudine e di tristezza. Si trasforma solo quando nella sua vita appare Eva: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18). E Dio creò Eva, mentre Adamo dormiva. In questo sonno, possiamo vedere il mistero che avvolge il rapporto uomo-donna. Uno non è presente alla creazione dell’altro, quindi entrambi non si possono possedere e conoscere fino in fondo. Si legge nella Familiaris consortio: «L’uomo non può vivere senza amore… la sua vita è priva di senso se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta…» (FC: 18: EV 7/1582). L’idea di essere abbandonati ci fa morire. Si può fare a meno di tante cose, ma senza amore si muore anche se si è in buona salute. «Maschio e femmina li creò…» (Gen 1,27): questo amore non fonderà, allora, le persone, quasi annullandole, ma accenderà le differenze. «L’uomo abbandonerà suo padre e i due saranno una carne sola…» (Gen 2,24): l’essere «una carne sola» evoca la fedeltà, e fedele è una persona che si accorge dei doni dell’altro e sa apprezzarli e accenderli. «Moltiplicatevi e dominate la terra…» (Gen 1,28): così Dio ha consegnato il mondo alla coppia, all’uomo e alla donna insieme che devono diventare responsabili di questo impegno. Il primo gesto è quello di sforzarsi di capire l’altro e di lasciare che l’altro abiti dentro il mio cuore e la mia vita. La coppia ha le sue radici nello stesso gesto creativo di Dio. Si ama se si genera la vita nell’altro attraverso l’opera paziente e forte di chi sa prendere qualcosa della propria vita e regalarla all’altro. Non basta capire l’altro. Quando si ama, si accetta di accogliere e di convivere la vita dell’altro in toto: i suoi sorrisi e le sue tristezze, i pregi e i difetti, i tempi gioiosi e quelli più amari… Il dono totale di sé e la dedizione all’altro diventano la realizzazione piena della propria libertà e del «noi» coppia come di una realtà unica e irripetibile. Camminare come coppia infatti è diverso dal semplice innamoramento, periodo segnato da una forte componente emozionale; diventa invece un tempo di reciproca fiducia, in cui ci si promette l’un l’altro per imparare a conoscersi e ad accogliersi in vista di un futuro.

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