Perché iniziare con questa domanda un itinerario dopo Natale? Perché Natale è Dio che comincia a dimorare in mezzo a noi, è Dio che prende casa dentro di noi. In questa riflessione mi sono lasciato guidare dallo scritto di Agostino Clerici edizione S. Paolo 2012 - il Natale – che è, anzitutto, una festa del cuore (Benedetto XVI).
Se il Natale è uno dei centri della vita cristiana e insieme è una festa del cuore, possiamo affermare che è la festa che sta al centro dell’uomo, perché il cuore è il centro della persona. Ce l’abbiamo ancora la capacità di fare un incontro vero. Un incontro che genera stupore, movimento, lode e ringraziamento? Non so. I nostri incontri sono così frettolosi, distratti, abitudinari, non vanno quasi mai in profondità, non si nutrono di ascolto, fanno a meno dei volti. Il nostro mondo ci ha abituato al virtuale. Più che parlare, oggi si chatta. Uno strumento di comunicazione che può essere utilissimo, ma che diventa discutibile quando si riduce a chiacchiericcio inutile che elimina l’incontro o lo rende freddo. A volte penso al tipo di incontro che facciamo elaborando insieme l’eucarestia. Certo, siamo presenti con le nostre persone, siamo seduti l’uno a fianco all’altro, diciamo alcune parole insieme, ascoltiamo una Parola che non è la nostra. L’incontro che noi realizziamo nell’assemblea eucaristica è davvero l’incarnazione che continua, è il venire a trovare colui che hanno trovato in tanti. Ma che cosa genera in noi questo incontro? Talvolta si ha l’impressione che la messa sia solo una parentesi di vita, senza una ricaduta efficace e visibile sul resto del tempo che viviamo. «Che cosa cercate?». Secondo il Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 1,35-42), queste sono le prime parole pronunciate da Gesù, al principio del suo ministero. Egli inizia la sua missione domandando. A dire il vero, scorrendo i Vangeli ci accorgiamo che egli rivolge spesso domande, e questa caratteristica del suo modo di insegnare ci stupisce ma insieme ci attrae. Comunque sia, la prima parola di Gesù è una domanda: «Che cosa cercate?». La rivolge a due che lo seguono, spinti a ciò da una preziosa indicazione che il loro maestro aveva dato. «È l’agnello di Dio», aveva sentenziato Giovanni Battista, indicando con il dito Gesù che passava. Quell’uomo, dunque, andava seguito, perché era il Messia atteso, il servo del Signore inviato a salvare il suo popolo. Cercano il Signore seguendo Gesù. E questo Gesù si volta improvvisamente e pone una domanda radicale: «Che cosa cercate?». Essa è più profonda di quanto possiamo immaginare. Non domanda «Chi cercate?», perché avrebbero potuto rispondere: «Ma è ovvio, cerchiamo te…». La domanda posta da Gesù dà per scontato che i due cerchino lui, se lo seguono. Cercano Gesù, ma che cosa cercano in Gesù? Questa è la domanda perenne davanti alla quale anche noi, discepoli di Gesù, siamo chiamati a riflettere e a rispondere. Che cosa cercate? Ora, i Vangeli sono una rassegna di risposte a questa domanda di Gesù. Le persone che cercano Gesù o che lo incontrano gli chiedono sempre qualcosa: «Rabbì… che io riabbia la vista; Signore… che io cammini; Gesù… che io sia guarito!». Si può comprendere questa selva di richieste umanissime che nascono sul terreno di una sofferenza o di una malattia che esclude dalla bellezza della vita e spesso anche dalla convivenza sociale. Pensiamo ai lebbrosi: non chiedono di essere guariti, ma sostanzialmente di cominciare a vivere, di poter abitare dentro le mura della città, di parlare, di guardare, di ascoltare, di toccare. Gesù si commuove ed esaudisce questa richiesta, compiendo segni prodigiosi che aumentano la sua fama e fanno sì che sempre più persone lo cerchino. A un certo punto - ce lo racconta l’evangelista Marco (cfr. Mc 1,35-39) - Gesù si sottrae alla folla, esce presto la mattina per pregare, gli apostoli si mettono sulle sue tracce, lo trovano e gli dicono proprio così: «tutti ti cercano!». Ed egli risponde, scioccandoli: «Andiamocene altrove».
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 18 gennaio 2021
Rubrica "Fede e Società"
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