Coinvolto tutto il popolo

Il Sinodo dei Vescovi è un’istituzione permanete del Collegio episcopale della Chiesa cattolica. Fu Papa Paolo VI che lo istituì il 15 settembre 1965 in risposta al desiderio dei padri del Concilio Vaticano II per mantenere viva l’esperienza dello stesso Concilio. Il documento con cui fu istituito il Sinodo è la lettera apostolica-Motu proprio Apostolica sollicitudo.

 

È un’assemblea dei rappresentanti dell’episcopato cattolico che ha il compito di aiutare con i suoi consigli il Papa nel governo della Chiesa universale. Arriva una nuova ‘rivoluzione’ nella Chiesa di Papa Francesco: l’assemblea che normalmente coinvolgeva solo i vescovi per decidere sulle grandi questioni ora partirà dal basso con la partecipazione di tutti i cattolici. Il Sinodo non sarà dunque “solo un evento, ma un processo che coinvolge in sinergia il Popolo di Dio, il Collegio episcopale e il Vescovo di Roma, ciascuno secondo la propria funzione”. Il percorso per la celebrazione del Sinodo si articolerà in tre fasi, tra ottobre 2021 e ottobre 2023, con una fase diocesana, una continentale, fino a quella conclusiva a livello di Chiesa Universale. “I tempi erano maturi per una più larga partecipazione del Popolo di Dio a un processo decisionale che riguarda tutta la Chiesa e tutti nella “Chiesa”, commenta il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi. Papa Francesco ci indica la via di una sinodalità che parte dal basso, dalla comunità che è radicata nel territorio, dalle parrocchie, da associazioni e movimenti che vivono dentro la Chiesa locale, in un cammino di ascolto reciproco e di dialogo tra tutti i battezzati, tra tutti i membri del popolo di Dio e tra tutti coloro che, a prescindere dalle frettolose categorie con cui li etichettiamo vicini o lontani, desiderano interrogarsi in qualche modo su Dio, sul nostro tempo, sulla vita e sulla morte. Un dialogare, dunque, non solo ad intra, ma un avanzare insieme nella lettura del nostro tempo e delle sue sfide, perché l’annuncio del vangelo non sia mai separato dalla cultura in cui è chiamato a incarnarsi. Una sorta di «sinodalità feriale», per edificare una comunità cristiana che serva l’umanità, a partire dai più fragili, e in questo modo contribuire a edificare una società pacificata, più giusta e aperta. Il carattere dinamico del sinodo, a cui il papa ci chiama, corrisponde peraltro al noto assioma, espresso in Evangelii gaudium (nn. 222-225): «Il tempo è superiore allo spazio». Occorre avviare processi più che attestarsi sui risultati, che sarebbero sempre provvisori. Una prassi sinodale troppo preoccupata di possedere spazi (formulare decisioni definitive, stabilire regole, segnare confini…), anziché avviare processi (illuminare orizzonti comuni, accendere desideri di bene, gettare ponti, riattivare percorsi bloccati…) non è lungimirante e rischia di veicolare l’immagine di una Chiesa tutto sommato autoreferenziale. Il sinodo a cui il papa ci esorta è un’esperienza di attivazione dinamica della vita ecclesiale, per superare le forme cristallizzate di una pastorale che non intercetta più il cambiamento culturale e sociale. È l’invito alle comunità cristiane ad avanzare delle proposte, non elaborando idee astratte per un convegno perfetto, ma semplicemente interrogando le proprie difficoltà e le proprie speranze. «Da una crisi - scrive papa Francesco - non si esce mai uguali. Se ne esci, ne esci migliore o peggiore; ma non uguale a prima»: quale lezione possiamo imparare dalla pandemia? È l’invito a preti e vescovi, come pastori in mezzo al loro popolo, a farsi compagni attenti di questo sapienziale cammino di discernimento, non avendo paura di ascoltare le domande, quali che siano, le questioni irrisolte, e le fragilità, le incertezze, offrendo il prezioso contributo di uno sguardo «altro» che, nella sua diversità, non si contrappone ma si completa con l’altro.

 

Articolo di lunedì 7 giugno 2021

Rubrica "Fede e Società"

di don Salvatore Rinaldi

 

 

 

Scrivi commento

Commenti: 0