La Chiesa Cattolica che vorremmo

In Italia si contano oltre 60 milioni di cittadini, di cui grosso modo 50 milioni di adulti. Le ricerche socio-religiose più recenti e affidabili dicono che i cattolici convinti e praticanti sono poco più del 22 per cento. In cifra assoluta, quindi, 11 milioni e rotti. Fare - anche solo così, a spanne - i conti della serva sulla popolazione credente nel nostro Paese non è un esercizio ozioso: perché se è vero, come dice papa Francesco, che la sinodalità è «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», allora non si potrà che partire dall’ascolto di questi 11 milioni di persone che - bene o male, con tutti i loro limiti e le loro povertà - rappresentano il popolo di Dio che è in Italia. 

In Italia si contano oltre 60 milioni di cittadini, di cui grosso modo 50 milioni di adulti. Le ricerche socio-religiose più recenti e affidabili dicono che i cattolici convinti e praticanti sono poco più del 22 per cento. In cifra assoluta, quindi, 11 milioni e rotti. Fare - anche solo così, a spanne - i conti della serva sulla popolazione credente nel nostro Paese non è un esercizio ozioso: perché se è vero, come dice papa Francesco, che la sinodalità è «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», allora non si potrà che partire dall’ascolto di questi 11 milioni di persone che - bene o male, con tutti i loro limiti e le loro povertà - rappresentano il popolo di Dio che è in Italia. La macchina del sinodo italiano che si è appena messa in moto dovrà inventare forme e modi per consultare e ascoltare sul serio i credenti attivi e impegnati che rappresentano le membra della Chiesa in Italia. Intendiamoci: bisognerebbe ascoltare l’intero Paese, le persone che non credono o credono “altrimenti”, i cattolici che si sono allontanati, i giovani che non parlano neanche la stessa “lingua” della Chiesa. Ma se questo è un caldo auspicio, l’ascolto dei praticanti è proprio un dovere. Senza la voce reale del popolo di Dio, non si dà neppure l’ombra di un sinodo. È comprensibile che un tale processo faccia paura all’episcopato. Quando si dà voce a una comunità così ampia e, alla fin fine, così poco conosciuta, non si sa mai quali possano essere i sentimenti e i pensieri dominanti. Il rischio che emergano posizioni scomode, però, non può frenare o addirittura bloccare il dovere evangelico dell’ascolto. Si tratta, perciò, di gettare il cuore oltre l’ostacolo dei consueti timori clericali e di mettere in moto un processo di consultazione “dal basso” - e di ascolto dello Spirito - libero e aperto. Il popolo di Dio non è una grandezza puramente sociologica, ma teologica, pastorale e spirituale. Questo popolo di Dio è insieme santo e fedele. Quindi l’asse portante di un Sinodo del Popolo di Dio è appunto questa “santità” e “fedeltà” intesa come “sensus fidei” dei fedeli, che dovrebbero provocare  “l’umile accoglienza della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, la fraternità e la preghiera, ossia le quattro “assurdità” della prima comunità cristiana” (cfr. At 2,42). Si aprirà a ottobre il processo sinodale della Chiesa universale voluto da Papa Francesco che culminerà nel 2023 con la celebrazione del Sinodo dei vescovi a Roma. Saranno i «gruppi sinodali» i protagonisti della prima fase del cammino sinodale della Chiesa italiana. Nasceranno in ogni diocesi e diventeranno come “antenne” sul territorio per captare le fatiche, le potenzialità, gli stimoli, le proposte delle parrocchie ma anche dell’intera società.  E dovranno andare oltre il sagrato o il campanile: perché sono tenuti a «coinvolgere il più possibile anche persone che non sono e non si sentono “parte attiva” della comunità cristiana». Un itinerario che avrà al centro un «trinomio», come viene chiamato negli “Orientamenti iniziali” frutto del Consiglio permanente straordinario dello scorso luglio: Vangelo, fraternità, mondo. Tre mesi fa il cammino sinodale è ufficialmente partito. A fare da filo conduttore il tema “Annunciare il Vangelo in un tempo di rigenerazione”. Del resto nelle diocesi arriverà un questionario “vaticano” con una decina di domande e sotto-domande che serviranno per raccogliere gli input per il Sinodo dei vescovi. Secondo gli “Orientamenti iniziali”, tre saranno le macro tappe del cammino italiano. La prima, già cominciata, durerà due anni ed è quella «dal basso». Avrà al centro le diocesi e le parrocchie, ma anche «gli appartenenti alla vita consacrata, le associazioni e i movimenti». Sarà un «biennio di ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” attraverso la consultazione del popolo di Dio nella maggiore ampiezza e capillarità possibile». Lo strumento principale sarà rappresentato dai «gruppi sinodali». Nel 2022, in base al materiale raccolto nel primo anno, sarà messa a punto l’agenda dei temi su cui il “popolo delle diocesi e delle parrocchie” si confronterà. La seconda tappa viene definita «sapienziale». E vedrà impegnati soprattutto i vescovi, gli operatori pastorali, le Conferenze episcopali regionali, ma anche le facoltà e gli istituti teologici, l’Università Cattolica e la Lumsa, le realtà culturali presenti nel Paese. Si tratterà di leggere e analizzare quanto scaturito nel biennio precedente e integrarlo con gli spunti usciti dal Sinodo dei vescovi. La terza e ultima tappa ha come orizzonte il Giubileo del 2025 quando potrebbe tenersi una grande assemblea nazionale che sarà chiamata a presentare «alcune scelte coraggiose, profetiche, per un annuncio più snello, cioè libero, evangelico e umile, come chiesto ripetutamente da papa Francesco». Una volta conclusa l’assemblea nazionale del 2025 che segnerà l’approdo del movimento nazionale, il testo finale giungerà nelle diocesi. E così prenderà il via l’attuazione del percorso sinodale nelle Chiese locali che saranno chiamate a recepire i frutti di cinque anni di cammino condiviso. Non tocca alla religione e ai religiosi «pregare al posto degli altri ma tenere desta l’attenzione alla dimensione spirituale del cammino che stiamo interpretando per saper scorgere l’azione di Dio nella vita della Chiesa universale e delle singole Chiese particolari».

 

di don Salvatore Rinaldi

Articolo di lunedì 13 Settembre 2021

Rubrica "Fede e Società"

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