La posizione di papa Francesco sul tema ambientale appare nel suo pontificato fin dall’adozione del nome, Francesco, in omaggio al santo di Assisi, patrono dell’ecologia, poi con l’enciclica Laudato sì, e infine con la celebrazione del sinodo per l’Amazzonia – il primo sinodo nella storia della chiesa a riferirsi a un ecosistema con probabilmente la maggior quantità di forme di vita sulla terra.
L’Amazzonia è il più grande bioma di foreste tropicali del pianeta, con un’impressionante risorsa idrica, dimora ancestrale di molti popoli originari dell’America del Sud e luogo di confluenza di molte culture provenienti da altri continenti. Per i suoi abitanti originari, la relazione tra l’uomo e la natura è parte della propria identità. La loro esperienza religiosa è legata alla natura, allo spazio, alla terra. I bisogni fondamentali per il loro sostentamento - acqua, pioggia, casa, cibo, materiali per gli abiti, calore, luce, fuoco, medicine, credenze – le sono strettamente legati: pertanto la terra, la natura, la creazione hanno per loro una dimensione particolare, in molti casi legata allo spazio del sacro. Fortunatamente, l’uomo moderno comincia a rendersi conto dell’importanza del rispetto e dell’uso sostenibile della natura, del nostro rapporto di dipendenza con essa. Essa può continuare il suo processo evolutivo senza di noi, noi non possiamo esistere senza di essa. L’enciclica Laudato si’ afferma a più riprese che tutto è collegato e per questo propone una «ecologia integrale» in risposta a «una sola complessa crisi socio-ambientale» (n. 42), la cui responsabilità ricade principalmente su di noi, esseri umani. Nei recenti pronunciamenti e scritti papali, come l’enciclica Laudato sì, il documento sinodale Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale e l’esortazione apostolica Querida Amazonia, troviamo anche un appello a riscoprire questo nuovo modo di relazionarci con la natura, a riformulare il nostro dialogo con la creazione. La relazione tra essere umano e la natura dev’essere pensata in un modo nuovo, basato su un modello di comunicazione e integrazione reciproca. Conoscere è necessario per partecipare, non per dominare. La natura dev’essere rispettata perché noi siamo legati a essa ed essa a noi (e questa affermazione non vale solo per i popoli originari: la società occidentale è ugualmente legata alla natura, anche se spesso si è persa nella conoscenza di questo legame). Se è vero che la natura non ha bisogno dell’essere umano per continuare il suo processo evolutivo, noi esseri umani possiamo avere un’influenza determinante su questo processo e di fatto la stiamo esercitando. È interessante renderci conto che, se tronchiamo la nostra relazione con la natura, reificandola, tagliamo anche la relazione con il nostro corpo, che è parte di essa. C’è una dinamica misteriosa e complessa che ci lega, come il papa afferma, «Perché tutte le creature sono connesse…», «Tutto è collegato…», «intimamente collegato…» (LS 42,92,137). Un’errata interpretazione del «riempite la terra e sottomettetela; dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su tutti gli animali che si muovono sulla terra» (Gen 1,28) ha contribuito a generare l’attuale crisi ecologica. Questa interpretazione errata suppone una rottura di tre relazione fondamentali che appaiono nel racconto della Genesi: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Rottura intesa come peccato e che suppone la perdita dell’armonia fra queste tre relazioni… per voler essere come dèi (LS 66; Gen 3,5). È urgente continuare a sviluppare una rilettura di ciò che la natura significa per noi, di come siamo parte di essa e delle relazioni che stabiliamo con essa. Noi esseri umani ci eravamo abituati a dominarla, esaurendo le sue risorse o distruggendola. Abbiamo messo alla prova la resilienza della natura e questa, in molti casi, non è stata in grado di rispondere adeguatamente con la sua capacità ricreativa: centinaia, forse migliaia di specie scomparse; oceani, laghi e fiumi, tutti inquinati. Il cambiamento climatico che viviamo ce lo ricorda. Fortunatamente abbiamo anche esperienze e proposte che cercano di recuperare o rafforzare la resilienza che esiste nella creazione, nella natura. La natura risponde generosamente quando le offriamo condizioni per recuperare ciò che le è stato tolto.
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