La felicità non è un lusso, è un dovere. Siamo sollecitati alla felicità dalla società attuale, che stimola il nostro desiderio verso qualcosa di nuovo e di bello. La felicità è frutto della gioia interiore. Non sai da dove viene. Te la trovi dentro: la gioia di esistere, di vivere; la gioia di comunicare e di non essere soli; la gioia dell’amore e della pace; la gioia del dovere compiuto e del servizio; la gioia esigente del sacrificio e del successo.
Nella vita si incontrano persone che hanno scelto la felicità e vivono contente anche in situazioni critiche, persino di fronte alla malattia. Scegliere la felicità in queste circostanze non vuol dire che la persona non provi sentimenti umani, come la delusione, l’angoscia, la sofferenza, ma nel suo intimo sa che ciò che conta nella vita è l’amore, e quindi accetta la situazione quando non è possibile cambiarla. L’essere umano è l’unica creatura plasmata a immagine e a somiglianza di Dio. Dio che è amore ha dato all’essere umano la facoltà di moltiplicarsi, di crescere, di far fruttificare la terra e dominarla e che sappia controllarsi e rinunciare alla propria autosufficienza. La felicità è impegno radicale a eliminare le cause che la possono corrodere o sminuire. L’essere umano è felice e ricco in proporzione non alla quantità delle cose che ha, ma alla quantità delle cose di cui può fare a meno. Non significa disprezzo dei beni materiali, ma ne indica piuttosto l’uso equilibrato e corretto contro ogni forma di avidità ed egoismo. Ne risulta un’ efficace terapia personale. Ciò che non è necessario appesantisce la vita. Il distacco interiore ed esteriore permette di praticare una condivisione di tempo, di attenzione, di beni. Rende la persona sensibile alle povertà della società moderna. Il distacco è il presupposto di una società davvero solidale, capace di distribuire equamente le proprie risorse. Le povertà di oggi sono molteplici: possono riguardare gli immigrati, le vittime dell’alcol e gli altri tossicodipendenti, quanti hanno subito danni per una calamità naturale, i carcerati, i senza casa. Vi è anche una povertà nascosta: non solo la mancanza del denaro ma anche la mancanza del lavoro, della salute, la solitudine affettiva, l’insuccesso professionale, l’assenza di relazioni. È povero colui che non conta nulla, che non viene mai ascoltato, colui di cui si dispone senza chiedergliene il parere. La felicità esige la libertà psicologica e spirituale. La vera libertà ha la dimensione del cuore, la forza della ragione. Non si conquista facendo ciò che si vuole o possedendo tutto ciò che si desidera, ma facendo ciò che si deve. Essere liberi da
condizionamenti e da complessi significa vivere in creatività la propria vita. La persona libera è consapevole che non è possibile vivere d’aria, ma è aperta, padrona della propria vita e della propria ricchezza, sia essa piccola o grande. La pienezza della vita umana non può essere misurata soltanto in rapporto a ciò che accade al corpo. La vita non è semplicemente una questione di salute o di vigore fisico, o la capacità di godere: è assai più di questo. Colui che si limita a respirare, mangiare, dormire e lavorare senza coscienza di ciò che fa,
senza scopo e senza idee personali, non vive, ma semplicemente vegeta. La vita, in questo caso, non è che l’assenza della morte.
Articolo di lunedì 21 Febbraio 2022
Rubrica "Fede e Società"
di don Salvatore Rinaldi
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