Lasciare che vadano per la loro strada

“Sindrome del nido vuoto”, uno stato psicologico caratterizzato da tristezza, sensazione di abbandono e di inutilità, quando i figli “spiccano il volo”. Ne soffrono soprattutto le donne, perché hanno un più stretto legame emotivo coi figli. Per tradizione e necessità sono loro ad occuparsi per più tempo dei figli, anche se sono grandi. Quando se ne vanno di casa, le madri perdono questo compito e in qualche caso se ne sentono sminuite, specialmente se sono casalinghe e non hanno, o non hanno avuto, un ruolo lavorativo. 

Oggi il distacco dei figli si verifica più tardi rispetto al passato, spesso quando i genitori hanno superato i 60 anni, perché molti giovani diventano economicamente indipendenti solo dopo i trent’anni. Ma in qualche casi il fatto che restino nel “nido” è dovuto a una certa resistenza dei genitori, spesso inconscia, che tendono a trattenerli con sé. Il prolungarsi della permanenza nella casa dei genitori può avere però risvolti negativi per tutti i componenti della famiglia: i figli non acquistano indipendenza e autonomia; il padre e la madre restano vincolati al ruolo di genitori e non guadagnano pienamente la loro libertà. Le madri hanno una certa difficoltà ad accettare serenamente l’idea che i figli si allontanino da loro: questo distacco è sentito come una perdita, un lutto. Alcuni genitori vengono trattenuti dal lasciare andare i figli per una serie di vincoli emotivi, vissuti in modo più o meno consapevole. Essi devono rendersi conto invece che non stanno “abbandonando” i figli, ma li stanno aiutando a farsi una vita loro. Una madre dovrebbe essere orgogliosa se i figli cominciano a dimostrare di essere indipendenti e autonomi. Significa che ha fatto bene il proprio lavoro di genitore. Non bisogna colpevolizzarli se essi dimostrano di essere felici di andarsene. E nemmeno se ci si sente in qualche modo più liberi per il fatto che se ne vadano. È normale che un po’ di timore ci sia nel vedere i figli spiccare il volo, ma non bisogna caricarli di dubbi. Evita frasi come «Ce la farai a…?» quando manifestano l’intenzione di andarsene. Il genitore deve saper distinguere tra quella che è una preoccupazione reale e ciò che invece è una proiezione delle proprie ansie. «E poi cosa farò?» È fondamentale rendersi conto che, quando il nido si svuota dei figli, in realtà si riempie di nuove opportunità per i genitori. Lasciare che i figli vadano per la propria strada non è una perdita, ma l’apertura di una fase della vita in cui è possibile dedicare a sé tutte le energie e il tempo che prima venivano investiti sui figli.  Guardare la situazione da questo punto di vista serve a sfruttare tutti gli aspetti positivi che essa offre. La madre che non ha più gli impegni legati alla presenza di un figlio, può adeguare i ritmi quotidiani alle proprie reali esigenze; può smettere di tenere conto nella propria giornata delle esigenze dei figli (studio o lavoro, palestra, sport, amici…). La madre può regolarsi in base alle proprie necessità e ai propri desideri, programmando i pasti e gli impegni come meglio crede (salvo il fatto, comunque, di accordarsi con il marito o il partner). Ora in casa la madre può dedicarsi di più a se stessa… Non ha il pensiero di accontentare i figli, ma di far contenta se stessa. Può riprendersi anche gli spazi lasciati liberi dal figlio o dai figli. La camera dei figli non è un sacrario, ha il diritto di rientrare in possesso  di quel locale. Nulla vieta di pensare un uso diverso per la loro “cameretta”: una sala lettura, una stanza per la musica o il cucito, un angolo hobby? È un’altra opportunità per dedicarsi a nuove attività e passioni emergenti. Molte coppie investono tutto sui figli e trascurano di occuparsi del loro rapporto. Così, quando i figli se ne vanno, è importante cogliere l’occasione per rinsaldare la relazione e ripensare a se stessi non più come padre e madre ma come marito e moglie, uomo e donna. Per ritrovare il piacere di stare insieme. Può succedere però che il rapporto si sia nel tempo consumato del tutto e non sia più possibile rinsaldarlo. Allora la partenza del figlio cancella le scuse che avevano tenuto in piedi la relazione formalmente («Stiamo insieme per i figli»). È l’ora di decidere cosa fare per il bene di entrambi. È importante, per la madre ma anche per i figli, che lei eviti di fare la mamma “fuori sede”, ovvero di continuare a occuparsi di loro con lavatrici, pranzi fissi, e l’affidamento di spese e di commissioni varie. Per la madre è forse un modo per sentirsi ancora utile e vicina, ma continuando a sacrificarsi. Si può far sentire la propria vicinanza e il proprio aiuto senza continuare ad accudirli. Altrimenti, essa continua a caricarsi di obblighi e ad occupare tempo per loro, trascurando se stessa. Per la madre è opportuno mettersi a coltivare altri lati di sé, che potranno emergere solo se si spoglierà del ruolo esclusivo di mamma e dei compiti che la rimandano sempre allo stesso personaggio.

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