L'originalità di Dio

La sofferenza nel mondo è naturalmente un grosso ostacolo per poter continuare a credere in un Padre “buono”. Eppure c’è una possibilità per riuscire a convivere con la sofferenza ed essere felici, e continuare a credere nella bontà di Dio. Ci sono così tanti santi che hanno sofferto moltissimo, eppure hanno continuato ad affidarsi a Dio. Hanno creduto che la sofferenza che mettevano nelle mani di Dio portasse frutti, e avesse un senso. La sofferenza è assurda e deve essere combattuta.

Evitiamo però di dare la colpa a Dio: se un adolescente muore a causa di un guidatore ubriaco, o se in Ucraina ogni giorno muoiono persone è l’uomo a doverne rendere conto. Ognuno ha la propria responsabilità. Un caso più arduo si verifica quando a soffrire è un innocente e non si può indicare nessun colpevole; questo crea un difficile problema di fede. Come la mettiamo allora con la sofferenza degli innocenti? È un Dio su cui fare conto? E quando noi cristiani preghiamo, ci rivolgiamo davvero al Padre? Gesù ci ha chiesto: «Voi dunque pregate così: Padre nostro…» (Mt 6,9). In genere, pregando, ci rivolgiamo dal profondo del cuore quasi esclusivamente a Cristo. Noi conosciamo il Padre soltanto attraverso quanto Cristo ci ha detto di Lui. Solo Gesù Lo conosce e può parlare di Lui: «Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel senso del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Però crediamo di sapere di cosa stiamo parlando quando chiamiamo Dio “Padre”. Ognuno ha un padre, e quando questi non è presente fisicamente, lo può essere in modo simbolico. La parola “Padre” è un modo inadeguato per descriverlo. Tuttavia Dio non è un padre come gli altri. È il Padre e basta. Non serve dire altro. Altri padri hanno un cognome, che assegna loro un posto nell’albero genealogico. Ma soltanto Dio è semplicemente Padre. Non sta in nessuna lista e non ha bisogno di un cognome. La sua paternità non deriva da chi Lo ha preceduto: non ha un albero genealogico. Non trasmette la vita, ma la dà, e basta. Dio è ancor più di questo. Nessuno è stato padre e madre  fin dal principio: lo si diventa ad un certo momento, con l’aiuto di un’altra persona, un partner. Dio è Padre da sempre; non lo diventa, no, Lui non è mai stato altro. Dio è Padre da sé: non ha bisogno di nessuno. Dio è Padre come non ce ne sono altri. E quindi anche noi siamo figli come non ce ne sono altri. A volte si dice: Dio, Tu che sei Padre e anche Madre… Dio però supera la biologia. Il fatto che noi Lo chiamiamo Padre non vuol dire che Dio sia maschio. Ma neanche femmina. La Genesi (1,26) dice «L’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio». Per illustrare in questo modo tutte le qualità di Dio sono necessari uomini e donne. Dio non ha bisogno di maschio e femmina, Lui è colui che è. Dio ha un grembo: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai!» (Is 49, 15). Nel significato della nostra lingua Dio non è né padre né madre: Dio è Dio, e la differenza di sesso fa parte del mondo della creazione, non di quello del Creatore. Ma è anche vero che quando parliamo di Dio possiamo soltanto attingere al nostro vocabolario “doppio”, maschile e femminile. Soltanto così possiamo crearci un’immagine di Lui e disporre di un linguaggio adeguato per parlare dell’essenza più profonda di Dio. Nessun padre umano è in grado di rivelare la propria paternità così com’è, e nessuna madre umana è in grado di dare la vita come fa Lui. nemmeno tutti i padri e le madri messi insieme possono mostrare chi è Lui. Lui è uno e fecondo, Padre, Figlio e Spirito Santo. I padri terreni sono l’immagine riflessa del Padre che è in cielo. Ma lo specchio è rotto, i frammenti sono sparsi dappertutto. La danneggiata figura paterna può essere riparata e curata delle sue ferite solo quando si specchia nell’icona del vero Padre, come ce l’ha fatta conoscere Gesù. Hanno ragione gli ebrei quando dicono che non ci si può fare un’immagine di Dio. Ogni raffigurazione di Dio è in un certo qual modo illusoria perché è frutto dell’immaginazione. Non si può fare il ritratto a Dio, Lui non hai mai posato. Al massimo possiamo mostrare un simbolo, come una mano tesa nell’atto di creare: quella non è un’ immagine di Dio, ma una sua proprietà, e questo è quanto hanno fatto i cristiani. Nel cristianesimo esiste anche la grazia: Dio non solo ci dice cosa dobbiamo fare, ma ci dà anche la forza di farlo. Questa è l’originalità di Dio.

 

di don Salvatore Rinaldi

Rubrica "Fede e Società"

Articolo di lunedì 18 Aprile 2022

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