Volersi bene - amare

Sappiamo tutti che bisognerebbe volersi bene. Lo abbiamo sentito dire molte volte dai nostri genitori, dagli insegnanti, da psicologi, psichiatri, maestri, tutor, personaggi televisivi. Raramente però ci è stato spiegato a cosa serve amarsi  e ancora meno come si fa a mettere in pratica questo concetto che sembra tanto bello quanto astratto. Talvolta l’idea di volersi bene viene erroneamente interpretata da molte persone come sinonimo di egoismo creando così sensi di colpa per ogni scelta fatta per se stessi  vivendola come “qualcosa” che toglie spazio ai doveri e agli impegni rivolti al prossimo. 

Alcuni accettano che volersi bene è importante, ma quando arriva il momento di mettere in pratica questo concetto, vengono frenati dalla forza delle abitudini, dai condizionamenti e dalle pressioni sociali, arrivando a percepirlo come un ulteriore impegno troppo gravoso per essere sostenuto. Volersi bene, invece, può essere il primo passo per alleggerire la nostra vita e, indirettamente, quella degli altri, perché se la nostra felicità dipende principalmente da noi, è altresì vero che se non riusciamo ad apprezzare noi stessi, difficilmente potremo rendere felici chi ci ama. È importante rendersi conto che dobbiamo prenderci la responsabilità della nostra vita: non dobbiamo subire tutti gli eventi che accadono. Anche se non possiamo controllare l’evento in sé, siamo responsabili di come reagiamo. Commiserarci  o fare finta di nulla non serve, mentre aiuta portare il pensiero (la nostra attenzione) alle emozioni che scaturiscono, vivendole e accettandole, per modificare noi stessi. Per realizzarci è necessario essere consapevoli che non avremo mai il controllo assoluto su ciò che accade; tutto è ciclico e ciò che è accaduto in passato non possiamo cancellarlo ma possiamo modificarne la percezione dentro di noi per reagire in modo diverso. Così anche quando si pensa all’amore sembra sempre che sia qualcosa di bello, giusto, in grado di generare felicità. Ed è così! L’amore è il sentimento più nobile: ci rende felici e ci permette di rendere felici gli altri. L’innamoramento è uno stato di grazia che sappiamo essere, per sua natura, mutevole; l’amore vero, invece, è quel sentimento duraturo che trova gioia nel donare e nella felicità altrui, che sia un partner, un figlio, un amico. Poi c’è l’amore più ampio, che si esprime verso i propri ideali spirituali, politici, artistici, filosofici, un amore astratto che innalza lo spirito e nutre la mente fino a diventare amore universale, quella speciale vibrazione mistica che percepisce ciò che trascende la mente concettuale. Alla base di tutto esiste l’amore per se stessi che è la condizione primaria per aprire il cuore; quando non è presente, rischia di sminuire l’autenticità di tutti gli altri amori, che finiscono per essere inventati e immaginati, mere sostituzioni, illusioni inconsapevoli che coprono una bassa autostima e un velato disprezzo per ciò che si è. Amore non è: raccontarsi false verità, pensare di avere sempre ragione, cedere ai vizi, non avere disciplina, alimentare l’Io/Mio, evitare qualsiasi cosa ci infastidisca, seguire solo il “mi va” e il “non mi va”, cedere alla pigrizia, cullarsi in una grandiosa idea di sé, crogiolarsi nella confort zone, non mettersi mai in gioco, evitare gli attriti, scappare dagli impegni… L’amore per se stessi nasce, innanzi tutto, dall’interesse a conoscersi: “nosci te ipnus” diceva Socrate. Conoscersi significa diventare competenti delle proprie dinamiche psicofisiche: il nostro corpo è fatto in un certo modo, la nostra mente è fatta in un certo modo e l’energia che li tiene uniti segue regole ben precise. Conoscendo appieno noi stessi sapremo anche distinguere ciò che “ci fa bene” da ciò che “ci fa male”, in modo svincolato da ciò che è piacevole o da ciò che è spiacevole. Occorre evitare le energie tossiche, come le cariche di aggressività che riverberano nel soggetto che vi entra in contatto spingendolo, a sua volte, a diventare aggressivo con conseguenze disastrose facilmente prevedibile. Amare se stessi consiste nel muoversi per essere felici; conoscere ciò che ci fa bene e agire di conseguenza per favorire quella condizione ottimale che si crea con un corpo sano, una mente pacificata e un’energia luminosa. Solo dopo aver compreso cosa significa amare se stessi si può desiderare che la felicità sia davvero condivisa con un’altra persona. Amore per l’altro non è accontentarlo in tutto ciò che chiede, non è tentare di controllarlo o di possederlo, non è vederlo come vorremmo che fosse. Al contrario, è fondamentale conoscerlo, desiderando che stia bene agendo di conseguenza senza cedere alla tentazione del mutuo consenso. Amare il prossimo è dunque desiderare il suo bene impegnandosi innanzi tutto a “non nuocere”. «Evitare di creare sofferenza non necessaria in se stessi e negli altri». Quando pensiamo all’amore dobbiamo evitare di confonderlo con uno stato emozionale di attrazione psichica e possessività per l’oggetto amato (che sia una persona o un bene materiale). Sentimento, emotività, affettività sono condizioni transitorie, mentre l’amore è uno stato costante, grande e totale, oltre il tempo e lo spazio. L’amore che non nasce dalla conoscenza è instabile come le nuvole trasportate dal vento. Amore è la consapevolezza che nasce quando il cuore si apre alla verità, è una stabile disposizione della mente che ha “compreso” il cuore. L’amore sorge quando si va oltre il sé individuale per entrare nel mondo dell’altro.

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